Vaccini e scuola, il primo diritto
spetta alla salute

di ​Aldo Masullo
Sabato 13 Maggio 2017, 08:14 - Ultimo agg. 08:15
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Tra due gentili signore ministre della Repubblica è dunque scoppiata la guerra, cortese, cortesissima, anzi diplomatica, ma guerra. Le guerre scoppiano quando due contendenti sono ambedue convinti di avere ragione, anzi di difendere una ragione superiore, sacrosanta. Sono lì, sulla grande scena pubblica nella guerra pro o conto le vaccinazioni, e sono l’una e l’altra combattive, le due signore.

Come due paladini antichi, armate non di sciabole o altri micidiali ferri, bensì ognuna di una ragione superiore da difendere. Insomma qui il maledetto conflitto è tra due poteri, le cui ragioni sono non più o meno fumosi motivi ideologici e perciò fideistici, bensì diritti ambedue parimenti sanciti in fondamentali articoli della nostra Costituzione liberale e democratica. Come le stesse autorevolissime duellanti dichiarano, l’una si batte per il diritto alla salute, articolo 32; l’altra per il diritto all’istruzione, art. 34: articoli assai vicini sulla pagina della suprema legge, ma oggi trascinati l’un contro l’altro in campo. La cosa poi si complica dal momento che, per esempio, il diritto tutelato dall’art. 32, la salute, a livello di cittadini, e dunque di elettori, viene sostenuto con pari giustezza da ambo le parti: chi è contro le vaccinazioni obbligatorie, lo è perché in sostanza teme che esse possano costituire una minaccia per i propri figli, così come chi è per le vaccinazioni non tanto si rassegna ad obbedire ad una norma legalmente sancita quanto è persuaso che la profilassi vaccinale garantisca i propri figli dal pericolo di contrarre alcune gravissime malattie.

Non basta: un’altra complicazione subito si aggiunge, non meno grave. Per l’art. 117, non molto felicemente innovato dalla riforma del 2001, la tutela della salute è competenza «concorrente» dello Stato e di ogni Regione, dello Stato per i principi fondamentali, di ogni Regione per la regolamentazione concreta, che finisce perciò per risultare diversa da Regione a Regione: così, in materia di obblighi vaccinali, il democratico principio dei principi risulta intaccato. Non basta ancora: nella contesa tra diritto alla salute e diritto all’istruzione viene trascinato, sia pure apparentemente meno coinvolto, il diritto garantito dall’art. 33 della Costituzione: «l’arte e la scienza sono libere».

La guerra sull’obbligatorietà delle vaccinazioni si è scatenata soprattutto per il fatto che l’opinione pubblica è stata attraversata dalle non disinteressate propagande di alcuni sedicenti inventori di cure miracolose e dal discredito della ricerca scientifica propriamente detta, accusata tra l’altro di essere al servizio dei grossi interessi dell’industria multinazionale del farmaco. Nella grande confusione di queste lotte di vario potere socio-economico, la libertà della scienza nonostante la proclamata tutela istituzionale risulta di fatto variamente offesa, così come viene calpestato il diritto del cittadino di sapere quai sono i risultati autentici della scienza ed essere così in grado, sia pure negl’inevitabili limiti del profano, di scegliere non frastornato da fanatismi ed inganni.

Per cercare di orientarsi nel labirinto e sciogliere il groviglio, io credo che non bisogna impancarsi a fare come ho fatto io fin qui, tanto per rompere il ghiaccio nel dialogo con il mio eventuale lettore, cioè occorre cominciare con il non ridurre tutto ad un conflitto di competenze, che non può non esserci tra capi di due ministeri in una materia che coinvolge responsabilità e poteri di ambedue. È necessario piuttosto invertire l’ordine del discorso, vale a dire cominciare non dalla coda ma dalla testa, dal sorgere del problema e non dagli effetti collaterali che il suo porsi comporta. 

Al fondo, o in testa, c’è la dilatazione che nella seconda metà del Novecento, ma ancor più nel nostro ancor quasi nuovo secolo, è avvenuta del diritto di autodeterminazione non tanto di una collettività organizzata, Stato, etnia, regione, etc., quanto dell’individuo, e dell’individuo non in quanto membro di uno Stato, di un’etnia, di una regione, etc., ma in quando puramente e semplicemente individuo. Perfino la determinazione di «cittadino» va stretta ora, in un mondo in cui, nel tendenziale illimitato allargarsi dello spazio dell’uomo, ormai per necessità o per scelta viandante infaticabile così come negl’immani sconvolgimenti di massa, in cui la salvezza, quando c’è, sta nell’essersi spogliati d’ogni contrassegno di originaria appartenenza, ci sono soltanto sempre più numerose moltitudini senza nome e individui che cercano la loro dignità esclusivamente nel loro essere uomini.

Va nascendo una nuova civiltà, che io non saprei chiamare se non «umanitaria». Ciò comporta che ogni individuo, proprio nel rivendicare come unico titolo valido quello di essere uomo, non possa che aspirare, in un modo o nell’altro, nel piccolo come nel grande, a lavorare per la convivenza, di cui unica alternativa è la riattualizzata distruzione atomica dell’umanità. Si vedano le tentazioni di Trump che, nella sua carica istituzionale, ha in permanenza il dito sul pulsante fatale. Questa trasformazione in corso, e di cui molti non hanno ancora preso chiara coscienza, comporta che, se una

volta, io potevo magari esimermi dalla responsabilità, tanto a preservare l’ordine c’era chi ci pensava, il mio re, il mio papa, il mio governo. Ora di mio non c’è nessuno, che pensi per me, e a me che gli appartengo. Nella questione delle vaccinazioni è inutile che ministri, scienziati, giuristi, segretari di partiti cittadini, si arrovellino, per cercare come sbrogliare la matassa, naturalmente ognuno mirando a sostenere per vera l’interpretazione a più favorevole al suo interesse.

Basta cominciare a ricomporre la connessioni che gli egoismi hanno sconnessi. È certo che i due diritti, nel caso contrapposti, vanno ambedue tutelati. Ma al di là delle sottigliezze polemiche, basta porre alcune semplici domande. Chi, se non gli scienziati autorevoli, che hanno cioè dato prova della loro bravura e della loro onestà intellettuale, può garantire per la sicurezza e l’efficacia dell’intervento vaccinale ? Chi pertanto in buona fede può negare che la sicurezza e l’efficacia preventiva delle vaccinazioni hanno oggi raggiunto un livello altissimo? Chi può negare che l’efficacia delle vaccinazioni è condizionata dalla sua applicazione generalizzata, perché, se si formano degli strappi nelle maglie della rete profilattica, l’aumentata probabilità di accensione di focolai infettivi minaccia poi di farli dilagare? Chi potrebbe dunque rifiutarsi di capire che nel rifiuto delle vaccinazioni è il diritto di tutti i conviventi di una società ad essere minacciato, compresi coloro stessi che sono contrari? Infine, chi può negare il costituzionale di rendere uguale su tutto il territorio nazionale il diritto del cittadino alla salute? 

Sgombrato il campo, almeno io credo, dell’intricata questione generale, resta da pronunciarsi sul duello interministeriale tra diritto alla salute e diritto all’istruzione. Mi sembra che, se si accettano le riposte implicite nelle su esposte domande retoriche, ragioni serio di conflitto tra questi due diritti non ve ne siano. Il diritto all’istruzione esige che siano rispettate le condizioni, per cui il fruirne non comporti il rischio di violare il diritto primario alla salute. Altrimenti, per alleviare con un sorriso l’assai seria discussione, ci si dovrebbe ridurre a richiamare la vecchia sentenza della saggezza popolare: «È meglio un asino vivo che un dottore morto». Ma allora cadrebbero non solo quelli sopra ricordati, ma tutti gli articoli della nostra Costituzione.
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