«Troppe le denunce archiviate
ora intervenga il Quirinale»

«Troppe le denunce archiviate ora intervenga il Quirinale»
di Francesco Pacifico
Venerdì 23 Giugno 2017, 08:55 - Ultimo agg. 10:57
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 Lo scorso 31 maggio i casi di femminicidio registrati dall’inizio dell’anno erano saliti 22. «Ma verso la fine di giugno c’è stata un’impennata sorprendente, ora siamo a trenta», denuncia Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, presidente del Telefono Rosa. Sì, «un’impennata sorprendente» per gli esperti della materia che stride contro una tendenza che vede in progressivo calo il fenomeno. Lo scorso anno sono state 110 – ma sulle cifre non tutti sono d’accordo – le donne che hanno perso la vita per mano di un uomo, con il quale hanno avuto un rapporto affettivo o dal quale sono state più semplicemente vittime di stalking. Più in generale, negli ultimi dieci anni, i casi sono stati 1.740, dei quali il 71,9 per cento (1.251) maturati in famiglia. Tanto che l’agenzia Agi, commentando uno studio dell’Eures, titolò con un pizzico di cinismo ma in maniera emblematica “A letto con il nemico”.

L’Italia poi si è data nel 2013 una legge all’avanguardia, quella sulla violenza contro le donne erroneamente definita contro il femminicidio, che ha rafforzato le pene in fattispecie non adeguatamente definite (come la violenza domestica) e allungato i tempi di scarcerazione per gli aggressori, ha esteso le tutele anche alle coppie che non vivono sullo stesso tetto, ha creato strumenti preventivi e luoghi protetti per le vittime. Della 119 Mara Carfagna, passata alla storia da ministro delle Pari Opportunità per aver fatto approvare anche la prima legge contro lo stalking, è stata relatrice. E oggi dice: «Le normative ci sono, ma devono essere soggette a continua manutenzione. Invece dal 2013 aspettiamo ancora il piano nazionale contro la violenza sulle donne».

Per la cronaca il sottosegretario Maria Elena Boschi sarà in Conferenza Stato–Regioni per avere l’ultimo via libera, perché alcuni territori come il Piemonte garantiscono il patrocinio anche alle fasce più povere e altri come il Lazio no. «Intanto, in questi anni, si sono lesinate risorse e si sono chiusi centri antiviolenza, mentre altri hanno dovuto muoversi in ambito di volontariato. Questo è un fenomeno che va combattuto 365 giorni all’anno. Noi nel 2011 demmo col nostro piano 18 milioni, anche per formare personale qualificato nelle forze dell’ordine, che sono un tassello importantissimo nella repressione del fenomeno. Nel 2014 il governo Renzi invece provò anche a cancellare anche la carcerazione preventiva per lo stalking». Se da qui alla fine dell’anno, e al netto del picco di giugno, si mantenessero gli attuali livelli si potrebbero anche arrivare a un dimezzamento.

Ma i numeri non bastano per raccontare un fenomeno, dove si mescolano assieme perversioni, paura di difendersi e desiderio liberatorio di denunciare, inefficienze da parte del sistema che dovrebbe proteggerci. Tutti pezzi che compongono la storia di Ester Pasqualoni, l’oncologa di 53enne uccisa mercoledì nel parcheggio dell’ospedale di Sant’Omero (Teramo) dal suo stalker, Enrico Di Luca di 69 anni, trovato suicida ieri dalle forze dell’ordine. Nel 2014 la donna aveva presentato contro l’uomo, che conosceva dal 2005, un esposto alla Polizia. Da un anno la tempestava di messaggi, la aspettava sotto casa e la seguiva. Come ha fatto 48 ore fa. Ma alle denunce non sono seguite da parte della magistratura le misure restrittive, che avrebbero potuto salvare la vita alla dottoressa Pasqualoni.

Da questo caso di cronaca, forse sui generis, la presidente di Telefono Rosa Carnieri Moscatelli trae invece una lezione generale: «C’è un problema sotto gli occhi di tutti: perché tante denunce vengono archiviate? Perché sono state scritte male? E allora dobbiamo aiutare le donne a essere già precise. Oppure alcuni magistrati mancano della giusta sensibilità per capire che cosa sta avvenendo e per intervenire? Una situazione che mi ha spinto a inviare un telegramma al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, al Guardasigilli Andrea Orlando e alla sottosegretaria con delega alle Pari Opportunità, Maria Elena Boschi, per aprire un tavolo». Parallelamente la numero uno del maggiore servizio in difesa delle donne – «Dall’inizio dell’anno abbiamo già avuto 1.200 telefonate» – riconosce «a polizia e carabinieri una fortissima preparazione nell’aiutare le vittime: si mostrano sempre molto lesti nell’intervenire».

Maria Gabriella Carnieri Moscatelli esterna quello che altri operatori del settore sostengono con un certo imbarazzo: le forze dell’ordine sono molto tempestive e non lesinano provvedimenti cautelari e restrittivi, i magistrati, più garantisti, invece si muovono con una cautela. Non entra direttamente nel merito della questione Franco Gabrielli, che però ricorda che «oggi ci sono strumenti come l’ammonimento, l’allontanamento, che prima non c’erano, anche se in questo caso non sono stati sufficienti». Concorda in parte con la denuncia della presidente di Telefono Rosa, la matrimonialista Annamaria Bernardini de Pace: «Può succedere perché prima delle leggi devono funzionare le persone. Ma come ci sono giudici, uomini o donne, con pregiudizi che non rispondono alle richieste d’aiuto, esistono poliziotti maschilisti, carnefici bravi a mentire e donne succube dei loro uomini. Non sapete quante vengano da me, che pure mi faccio pagare profumatamente, e accettano accordi al ribasso».

Smentisce l’assunto un importante magistrato della procura di Roma, dove è stato costituito a Roma un apposito pool, come dispone il Csm, per occuparsi di queste tematiche. «Aspettiamo prima di dare giudizi sul caso Pasqualoni. Ogni denuncia viene guardata ed esamina ad horas. Se ci sono situazioni di disagio e scabrose si interviene immediatamente con misure restrittive, anche perché siamo in diretto contatto con le forze dell’ordine, che a loro volta hanno creato appositi pool. Qui tutti siamo consci della delicatezza di un fenomeno come la violenza di genere, che al di là dei numeri in calo si consolida perché non tutti vogliono accusare i loro aguzzini. Di più, sappiamo bene che è diverso raccogliere una denuncia per furto e una per violenza, siamo preparati nel farlo. Ma la verità, è questo nessuno l’accetta, che la materia è delicatissima. Ci troviamo di fronte di tutto, anche ad accuse false, alle quali devono seguire riscontri. Che in alcuni casi sono faticosi a trovare».

Tra gli avvocati milanesi gira una stima: soltanto il 40 per cento delle denunce si traduce in sentenze di colpevolezza.

Davide Staccanella, penalista esperto in abusi familiari, sostiene che «in questi casi la magistratura ha un approccio più favorevole alle vittime. Ma l’errore è credere che il diritto penale, da solo, possa sconfiggere il male che c’è nella società. Aumentare la pena non fa da deterrente». Gli fa eco Annamaria Bernardini de Pace: «L’unico baluardo sono le madri, che devono insegnare ai figli maschi a rispettare le donne e alle figlie femmine a essere libere».

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