Mattarella era stato citato per riferire sull'avvicendamento alla guida del ministero dell'Interno tra Vincenzo Scotti e Mancino, nel luglio 1992. Il Capo dello Stato allora era vice segretario della Democrazia Cristiana. Per la difesa di Mancino - e questo aspetto avrebbe dovuto confermare Mattarella - la sostituzione di Scotti fu determinata da motivi politici. Diversa l'ipotesi dell'accusa che vuole Mancino al Viminale perché ritenuto più accomodante di Scotti nei confronti dei clan mafiosi. I legali di Mancino hanno rinunciato alla testimonianza per «economia processuale» e perché, avendo già deposto altri politici sul punto, la prova era diventata «superflua».
Nel processo, che è cominciato nel maggio 2013, oltre a Mancino sono imputati Marcello Dell'Utri e l'ex capo del Ros Antonio Subranni che, secondo l'accusa su pressione di Calogero Mannino avrebbe indotto Mario Mori e Giuseppe De Donno, anch'essi imputati, suoi uomini al Raggruppamento speciale a contattare Vito Ciancimino per avviare il dialogo, prima con Riina, poi con Bernardo Provenzano.
E ancora i mafiosi Totò Riina, Antonino Cinà e Leoluca Bagarella, il pentito Giovanni Brusca, Massimo Ciancimino. Quest'ultimo è accusato di concorso in associazione mafiosa e calunnia all'ex capo della polizia Gianni De Gennaro. Per gli altri le accuse sono di violenza o minaccia a corpo politico dello Stato. L'ex ministro Calogero Mannino ha scelto il rito abbreviato e nel novembre 2015 è stato assolto per non aver commesso il fatto.