Stadi blindati e droni in volo. I tifosi: noi non abbiamo paura dei terroristi

Stadi blindati e droni in volo. I tifosi: noi non abbiamo paura dei terroristi
di Pino Taormina
Domenica 20 Agosto 2017, 18:55
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INVIATO

Verona. Il calcio non ha paura. O forse sì. Ma non si ferma. Esterno di Piazzale Olimpia, quartiere Stadio, ore 18.50: è una marea di poliziotti e carabinieri quella che è schierata tra i vari settori del Bentegodi, che da lì a due ore ospiterà una delle gare che più preoccupa Verona per l'ordine pubblico, la sfida al Napoli. Una malcelata inquietudine serpeggia tra tutti, anche i tifosi. Il questore Mangini e il prefetto Mulas da venerdì sera hanno «militarizzato» l'area adiacente l'Arena: Piazza Bra presenta numerosi new jersey. Li avevano già installati qualche mese fa, lo hanno rifatto in queste ore, dopo l'attentato di Barcellona. Il calcio non ha paura. Ma i mille uomini circa schierati nei dintorni dello stadio lasciano pensare al contrario. Ci sono transenne ovunque e le solite cancellate posizionate tra un settore e l'altro, e tutto lascia credere che sia un «normale» Hellas-Napoli, ovvero la sfida tra due tifoserie nella cui vene scorre l'odio da decenni. «Noi veniamo qui con i bambini anche se le immagini della Rambla ci hanno colpito e turbato. Ma cosa facciamo? Restiamo chiusi in casa ad attendere che questo Isis venga sconfitto», dice Davide che ha con sé il figlio di 8 anni. L'attacco in Catalogna non modifica la strategia di prevenzione, né l'analisi del rischio a cui sono esposte le partite di calcio. Che era, e resta, oggettivamente alto. Da qui, quindi, la bonifica delle strade e dei piazzali adiacenti, grazie anche alla presenza di artificieri arrivati da Venezia, al lavoro dal mattino fino al fischio finale. L'organizzazione della partita prevede anche la presenza di droni e di elicotteri. «Sono tutte misure già stabilite da tempo, ma è chiaro che abbiamo rafforzato i controlli nelle ultime ore», dicono dalla questura veronese.

«Perché non ci sono i new jersey intorno allo stadio? È una scelta. I controlli iniziano molto prima, già nell'ampio perimetro dello stadio», dice un graduato della polizia municipale proprio dinnanzi all'ingresso degli spogliatoi. Lo stadio è circondato da un dedalo di stradine che piombano quasi in perpendicolare sui vari ingressi dello stadio. E sui punti di ritrovo dei tifosi di casa: i veronesi sono infatti assiepati a centinaia nei pressi dei bar degli ultrà. Così come in alcuni gazebo del Nilla Café, dove tutti indossano la casacca dell'Hellas. «Siamo qui, vengano pure a prenderci», dice Alessandro, che è di Padova ma è tifoso dell'Hellas. «Gli attentati non ci terranno lontano dalla partita».

In Italia l'allerta è massima dal novembre del 2015, dopo la strage del Bataclan e gli ordigni che esplosero all'interno dello Stade de France, a Parigi. La protezione degli stadi è da allora una delle priorità perché il giorno in cui si giocano le partite vengono considerati «obiettivi sensibili». Ieri a Verona il servizio di controllo è aumentato a dismisura. Tra le preoccupazioni principali quella dei petardi: con la tensione alle stelle, il rischio è che una eventuale esplosione potesse provocare un pericoloso fuggi fuggi. Già: perché il Comitato per la sicurezza, all
estito qui venerdì mattina, ha anche pensato a questo. Perché, tra le direttive del Viminale, tra le più severe, c'è quella emanata subito dopo i fatti di Piazza San Carlo a Torino, quando a causa della ressa scatenata dalla psicosi dell'attentato, una donna morì schiacciata.

Qui, ieri sera, c'erano circa 15mila spettatori. La Curva degli ultrà dell'Hellas era desertificata a causa dei cori razzisti contro alcuni giocatori di colore del Vicenza a maggio scorso: una manna per i custodi dell'ordine pubblico, perché ha ridotto la capienza del Bentegodi di almeno 7 mila persone. In tanti arrivano qui in bicicletta o in scooter, proprio per scongiurare ressa nelle strade. «Affrontiamo rischi multiformi, e dobbiamo pensare a varie situazioni», ha spiegato ieri il questore di Verona. Ci sono infatti obiettivi mai considerati tali prima e che i terroristi potrebbero prendere di mira. E tra questi proprio gli stadi. E anche quelli di periferia.

Eppure, l'allerta terrorismo sembra distante anni luce da questo micro-cosmo che è Verona-Napoli, forse la partita meno indicata per comprendere a che punto è la soglia della vigilanza. Perché qui al Bentegodi i controlli sono serrati, massicci, personali per evitare scontri e contatti tra le tifoserie (quella napoletana è ritornata dopo diversi anni di divieto). Questo è un ambiente dove non si respira mai una bell'atmosfera: il Napoli venne al Bentegodi proprio subito dopo gli attentati sanguinari di Parigi e all'ingresso in campo, nel minuto di silenzio e l'inno della Marsigliese ci scappò persino un «m...». Stavolta, solo applausi. Preceduti prima e seguiti dopo da beceri cori anti-Napoli.

Sfidare con coraggio la paura. Gli attacchi terroristici hanno lasciato il segno, ma quei cori-contro che si scambiano ultrà del Verona e quelli del Napoli, compreso un «scimmia» all'indirizzo dei giocatori azzurri danno il senso di un triste e immediato «ritorno alla normalità». Non proprio il massimo. Ma sempre meglio del Terrore senza confini che ormai prende di assedio tutti. Anche il calcio.