Politica, kalashnikov e 'ndrangheta:
blitz tra Lombardia e Calabria
27 arresti, sindaco ai domiciliari

Politica, kalashnikov e 'ndrangheta: blitz tra Lombardia e Calabria 27 arresti, sindaco ai domiciliari
Martedì 26 Settembre 2017, 08:33 - Ultimo agg. 27 Settembre, 10:53
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«Vogliono mettere in piedi San Luca (...) San Luca a Milano ... al nord». Così uno degli arrestati nel maxi blitz contro le infiltrazioni della 'ndrangheta in Lombardia, che ha portato agli arresti domiciliari per corruzione anche il sindaco di Seregno (Monza e Brianza), parlava delle mire espansionistiche (il riferimento è a San Luca, piccolo comune in provincia di Reggio Calabria, noto per una faida) delle cosche in relazione ad un grosso traffico di cocaina nel Comasco. È una delle intercettazioni agli atti dell'inchiesta condotta dal Comando provinciale dei carabinieri di Milano. In altre telefonate captate dagli investigatori i presunti affiliati alla 'ndrangheta parlavano anche di «mitra» e «kalashnikov». Nell'inchiesta, tra l'altro, sono coinvolti anche altri due politici locali di Seregno: un consigliere comunale è stato posto agli arresti domiciliari, mentre per un assessore, Gianfranco Ciafrone, è stata disposta l'interdizione dai pubblici uffici.

Il blitz all'alba di oggi nelle province di Milano, Monza e Brianza, Como, Pavia e Reggio Calabria, una vasta operazione di contrasto alla 'ndrangheta condotta dai Carabinieri del Comando Provinciale di Milano, in esecuzione di 3 provvedimenti applicativi di misure cautelari personali emessi nei confronti di 27 persone dal Gip del Tribunale di Milano, Marco Del Vecchio, su richiesta di Ilda Boccassini, Alessandra Dolci e Sara Ombra della locale Procura Distrettuale Antimafia, e dal Gip del Tribunale di Monza, Pierangela Renda, su richiesta di Luisa Zanetti, Salvatore Bellomo e Alessandra Rizzo della Procura della Repubblica di Monza.
 



I destinatari delle misure cautelari (21 in carcere, 3 agli arresti domiciliari e 3 misure interdittive della sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio) sono ritenuti responsabili a vario titolo di associazione di tipo mafioso, estorsione, detenzione e porto abusivo di armi, lesioni, danneggiamento (tutti aggravati dal metodo mafioso), associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, corruzione per atti contrari ai doveri d'ufficio, corruzione per un atto d'ufficio, abuso d'ufficio, rivelazione e utilizzazione di segreti d'ufficio e favoreggiamento personale. Operazione congiunta delle Procure della Repubblica di Milano e Monza e Brianza.

Il sindaco di Seregno (Monza) Edoardo Mazza, di Forza Italia, è stato arrestato dai carabinieri del Comando provinciale di Milano in esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari emessa dai Gip dei Tribunali di Monza, nell'ambito della maxi inchiesta sulle infiltrazioni della 'ndrangheta in Brianza e in Lombardia. È accusato di corruzione: avrebbe favorito gli affari con un imprenditore legato alle cosche, il quale si sarebbe a sua volta adoperato per procurargli voti. «Invito la popolazione a non aiutare gli accattoni. Basta dare soldi a chi chiede l'elemosina. Chi ha davvero bisogno è già aiutato dal Comune»: così si rivolgeva ai suoi concittadini in un appello anti questuanti lo scorso marzo il sindaco di Seregno. Mazza, avvocato 38enne, eletto nel 2015 in quota Forza Italia e sostenuto da una coalizione di centrodestra, spiegava lo scorso marzo che «gli accattoni sono una delle piaghe che affliggono la nostra città. Sono ovunque - aggiungeva - e non sappiamo più come trovare una soluzione». Sul suo profilo Facebook campeggia lo slogan «serietà, concretezza e passione» e anche un post che segnala che «ogni giovedì alle ore 12:30 in diretta streaming» il sindaco si fa trovare «a tu per tu» con i cittadini.


Arresti anche nelle province di Milano, Pavia, Como e Reggio Calabria nell'ambito dell'inchiesta su infiltrazioni della 'ndrangheta nel mondo dell'imprenditoria e della politica in Lombardia coordinata dalla Procura di Monza e dalla Procura Distrettuale Antimafia di Milano. Dopo «7 anni» di indagini sulla 'ndrangheta in Lombardia «posso dire che c'è un sistema» fatto di «omertà» e di «convenienza da parte di quelli che si rivolgono all'anti Stato per avere benefici», ha detto il procuratore aggiunto della Dda di Milano Ilda Boccassini nella conferenza stampa sul maxi blitz spiegando anche che «è facile» per le cosche «infiltrarsi nel tessuto istituzionale».

 «La 'ndrangheta è l'associazione mafiosa più pericolosa perché si insinua nel tessuto economico e ha rapporti con le istituzioni. Bisogna scoprire questi legami e tagliarli di netto»: così il presidente della Lombardia, Roberto Maroni, ex ministro dell'Interno ha commentato la maxioperazione in Lombardia che ha portato anche all'arresto del sindaco di Seregno, Edoardo Mazza. «Chi rappresenta il popolo nelle istituzioni - ha spiegato Maroni ai microfoni di Radio 24 - deve ovviamente stare lontano e rifiutare ogni rapporto con queste persone. Se poi qualcuno ci casca, è giusto che venga estromesso immediatamente dalla politica alle istituzioni».

A legare a «doppio filo» politica e 'ndrangheta, secondo l'inchiesta, sarebbe stato un imprenditore edile di Seregno il quale avrebbe intrattenuto rapporti con politici del territorio, e coltivato frequentazioni e rapporti fatti di reciproci scambi di favori con esponenti della criminalità organizzata. Il suo ruolo sarebbe stato «determinante» per l'elezione del sindaco arrestato, secondo le ricostruzioni degli inquirenti. Il suo interesse era quello di ottenere dai politici una convenzione per realizzare un supermercato nel monzese.

I  27 colpiti dalle misure cautelari sono accusati a vario titolo di associazione di tipo mafioso, estorsione, detenzione e porto abusivo di armi, lesioni, danneggiamento (tutti aggravati dal metodo mafioso), associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio, abuso d'ufficio, rivelazione e utilizzazione di segreto d'ufficio e favoreggiamento personale.

L'inchiesta dei carabinieri, partita nel 2015, e che porta la firma dei pm monzesi Salvatore Bellomo, Giulia Rizzo e del Procuratore della Repubblica di Monza Luisa Zanetti e dei pm della Dia Alessandra Dolci, Sara Ombra e Ilda Boccasini, rappresenta una costola dell'indagine «Infinito», che nel 2010, sempre coordinata dalle procure di Monza e Milano, aveva inferto un duro colpo alle locali 'ndranghetiste in Lombardia. 


 

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