Ryanair, la dura vita dei piloti low cost: partita Iva e ferie non pagate

Ryanair, la dura vita dei piloti low cost: partita Iva e ferie non pagate
di Francesco Pacifico
Martedì 19 Settembre 2017, 09:35 - Ultimo agg. 20 Settembre, 08:43
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Racconta Alessandro, pilota ormai quarantenne che in curriculum ha al suo attivo migliaia di ore di volo tra aereotaxy, charter, lowcost, vettori di bandiera e che adesso scarrozza nei cieli ricchi sceicchi e finanzieri nel Golfo Persico: «Una volta lo schema Ryanair era l'eccezione, un caso sporadico. Adesso lo applicano tale e quale tutte le lowcost e alcune compagnie tradizionali». Ed è un modello fatto di compensi pari alla metà di quelli garantiti dalle linee di bandiera e un terzo rispetto alle aziende del Fareast, l'ultimo eldorado della categoria, contratti capestro e rapporti di lavoro regolati attraverso agenzie di somministrazione o partite Iva, formazione a proprio carico e ferie non pagate.

Proprio il sistema delle ferie non pagate potrebbe mandare in tilt Ryanair, costringendo la lowcost a cancellare entro la fine dell'anno voli che lasceranno a terra 400mila passeggeri, al costo di rimborsi pari a 20 milioni di euro. Spiega Matteo, passato nell'ultimo anno per menodi 2mila euro in più al mese dalla compagnia irlandese a Norwegian, la lowcost lanciatasi nel lungo raggio: «Almeno il 70 per cento dei piloti di O'Leary non è un dipendente dell'azienda, ma un privato che, paragonabile alle nostre partite Iva o ai titolari di un'impresa individuale, offre alla compagnia la sua opera di pilotaggio.

Bene, in quest'ottica, il vettore per rispettare i tetti di ore ti ferma per un mese: sono quelle che da noi chiamiamo ferie non pagate e che si smaltiscono nei periodi morti come ottobre, novembre o febbraio. Quest'anno la situazione è andata in tilt, vuoi perché Ryanair ha aumentato l'attività, vuoi perché sono sempre di più i comandanti che scappano in cerca di lavori meglio pagati e meno onerosi. Perché, nel pieno rispetto della legge, Ryanair ti spreme come un limone».

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