Pistoia, uccide l'amica bruciandola viva: condannato a 20 anni di carcere

Pistoia, uccide l'amica bruciandola viva: condannato a 20 anni di carcere
Giovedì 16 Novembre 2017, 15:55 - Ultimo agg. 17 Novembre, 15:15
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Il giudice del Tribunale di Pistoia, Alessandro Buzzegoli, con rito abbreviato, ha condannato a 20 anni di reclusione Afzal Hussain per omicidio volontario e incendio doloso in continuità. La pena inflitta dal gup è andata oltre la richiesta del pm Giuseppe Grieco, che aveva sollecitato una condanna a 16 anni. È stata esclusa l'aggravante dei futili motivi perché il movente non è chiaro. La sera del 6 ottobre 2016 Afzal Hussain, 30 anni, richiedente asilo pakistano, bruciò viva l'amica marocchina Lamiae Chriqi, 28 anni, nella sua casa a Sammommè, una frazione di Pistoia. Il marito di Lamiae, Jamal Mouttadakkil, 48 anni, parte civile nel processo, dopo la lettura della sentenza di condanna ha inveito contro il pakistano.

Al termine di una breve indagine, durata nemmeno due giorni, nell'ottobre 2016 il pakistano venne arrestato per il reato di omicidio e di incendio per aver cagionato la morte di Lamie Chriqi dando fuoco ad una bombola di gas che lui stesso aveva messo davanti alla stanza dove poi era deceduta carbonizzata la giovane donna. Il pakistano aveva prelevato la bombola di gas dalla cucina della casa dove i due si erano intrattenuti. Dopo un litigio tra i due, Lamie Chriqi si era rifugiata in una stanza. A quel punto il pakistano prese la bombola del gas e la mise davanti alla stanza dandole fuoco. Il cittadino pakistano era alloggiato da un circa un anno presso l'albergo «Arcobaleno» di Sammommè , struttura che ospitava una ottantina di richiedenti asilo di varie nazionalità. Durante quel periodo Afzal Hussain aveva stretto un'amicizia con la coppia di marocchini che abitava in un piccolo appartamento situato di fronte alla struttura. Al fine di crearsi un alibi, era stato proprio l'arrestato ad intervenire tra i primi soccorritori e a dare la notizia dell'incendio, che egli stesso aveva appiccato, al marito della vittima.

Per il pm Giuseppe Grieco, il pakistano ha ucciso per motivi abietti e lo ha fatto in un modo che ha causato atroci sofferenze alla vittima.
Secondo l'accusa, l'unica colpa della giovane marocchina sarebbe stata quella di non aver ceduto alle lusinghe amorose dell'uomo che lei e il marito consideravano un amico. Huassin, nella ricostruzione fatta dall'accusa, aveva scatenato la sua furia, quando, dopo essere stato respinto, aveva aggredito la giovane donna, prima picchiandola ripetutamente al volto, poi accoltellandola a una mano, amputandole un dito. Lamiae si era difesa graffiandolo, ed era riuscita a divincolarsi e a rifugiarsi in bagno. A quel punto Hussain aveva preso la bombola del gas che si trovava in cucina, l'aveva piazzata davanti alla porta del bagno, aveva aperto il rubinetto e aveva appiccato il fuoco con l'accendino prima di scappare in strada Dopo un'iniziale confessione poi ritrattata davanti al gip, e rinnovata in un successivo interrogatorio davanti al pm, Hussain aveva sostenuto di aver perso la testa non per motivi passionali, ma perché Lamiae non gli voleva rendere il passaporto che, a suo dire, gli aveva «confiscato» per via di un debito.
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