Ostia, il clan Spada reclutava
pugili per incassare il pizzo

Ostia, il clan Spada reclutava pugili per incassare il pizzo
di Michela Allegri e Mirko Polisano
Martedì 20 Febbraio 2018, 08:28 - Ultimo agg. 17:20
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Ex campioni di boxe, il braccio violento degli Spada. Il clan di Ostia “arruolava” i pugili cresciuti nelle palestre per minacciare i negozianti del mare di Roma. Erano loro a “convincere” i proprietari di bar e ristoranti a farsi dare i soldi del «pizzo». È quanto sta emergendo dalle indagini che si stanno concentrando sull’organizzazione criminale. Le forze dell’ordine sono al lavoro per smantellare l’intera rete, posizionata in modo capillare sul territorio. Per chi si ribellava erano botte. 

LA MANOVALANZA
Si tratta di professionisti del ring utilizzati dal clan come manovalanza per estorsioni, violenze ma anche per operazioni di facciata. Come quella in cui con la loro società di security arrivano a contendersi la protezione di un’attività balneare con un’organizzazione campana. I “body guard” sono proprio loro: i boxer. Ex atleti che avevano creduto nel pugilato per dare una sterzata ad una vita che gli aveva riservato carcere, rapine, risse, pugnalate. Per poi ricadere nel baratro della criminalità. Erano loro a presentarsi ai negozianti di Ostia a riscuotere a fine mese per conto del clan.

Minacce e violenza sono la regola degli Spada per ottenere quello che vogliono. A casa loro, in quel quadrante attorno alla ‘vietta’ e piazza Gasparri, tutti pagano il pizzo: il bar, il meccanico, il fruttivendolo, il veterinario. Anche le attività gestite da stranieri. Il braccio armato non fa sconti. I «pugilatori», come vengono chiamati a Ostia Nuova, sono «una macchina da guerra». Nessuno denuncia ma il modus dell’estorsione è quasi sempre lo stesso. Arrivano a piedi, spesso in due e chiedono di parlare con il titolare che già sa cosa vogliono. Non si fanno annunciare, basta battere i pugni sul bancone. E quando il gestore dell’attività chiede tempo, la risposta non cambia: «ripassiamo tra due giorni». Altrimenti sono taniche di benzina, come quelle lasciate fuori dal bar di via Alessandro Piola Caselli, lo scorso aprile. Oppure ti cospargono il locale di gasolio come è accaduto a uno dei ristoranti “vip” del lungomare. Gli inquirenti stanno acquisendo proprio dai commercianti taglieggiati dettagli e particolari per risalire alla batteria di pugili al servizio del clan.

Reclutarli per gli Spada non è mai stato difficile con le palestre che in modo più o meno regolare hanno sempre gestito. Per i tanti che si «salvano» dall’emarginazione, ci sono pugili che non riescono a uscire da percorsi di violenza e povertà. «Vuoi guadagnare?», è l’offerta dei boss a cui è difficile rinunciare. Così si forma la squadra di picchiatori a cui ora le forze dell’ordine stanno dando la caccia. E l’indagine si allarga sempre di più. 

IL CENSIMENTO
Ora, l’inchiesta della Dda romana per fare luce sulla determina con cui la settimana scorsa il Comune di Roma ha dato il via libera per l’occupazione di un appartamento a Giuseppe Spada, parente di Romoletto e Roberto che, per gli inquirenti, sono i reggenti della cosca più potente di Ostia, punta anche a chiarire quanto le inadempienze dell’amministrazione abbiano contribuito a fare proliferare il racket degli alloggi di edilizia residenziale pubblica. Per questo motivo, i Carabinieri di Ostia, diretti dal colonnello Pasqualino Toscani, verificheranno anche l’operato dei pubblici ufficiali incaricati proprio di vigilare sullo scorrimento delle graduatorie e che, per anni, non sarebbero state controllate e aggiornate. Dall’ultimo censimento sugli alloggi occupati effettuato dagli inquirenti nell’ambito delle inchieste sulle cosche di Ostia emergeva che almeno il 40 per cento degli alloggi popolari era occupato in modo abusivo.
 

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