Morì dopo il trapianto di cuore al San Camillo, il gip: «No a una nuova perizia»

Morì dopo il trapianto di cuore al San Camillo, il gip: «No a una nuova perizia»
Lunedì 28 Maggio 2018, 20:14 - Ultimo agg. 31 Maggio, 10:52
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Non ci sarà una nuova perizia in incidente probatorio per fare chiarezza sul caso del cuore prelevato al San Raffaele a un 48enne milanese e trapiantato a un 60enne cardiopatico, poi morto nel settembre 2016 all'ospedale San Camillo di Roma. Il gip di Milano Anna Calabi ha infatti rigettato la richiest del pm Francesco De Tommasi. Ora, è probabile che la Procura, che aveva già disposto una propria consulenza (che segnalò la «idoneità» dell'organo), chieda l'archiviazione dell'inchiesta per omicidio colposo a carico di cinque medici.

Nell'inchiesta, trasferita da Roma a Milano, risultano indagati cinque camici bianchi, due del San Raffaele e tre del San Camillo. A metà marzo erano stati depositati gli esiti di una consulenza e, dal lavoro degli esperti Cristina Basso, Ugolino Livi, Massimo Montisci e Francesco Tona, nominati dal pm, era emerso che il «rischio di esito sfavorevole» dell'intervento era da considerarsi «standard e le anomalie riscontrate nel cuore del donatore potevano al più allertare gli operatori per un monitoraggio stretto post-trapianto, ma niente avrebbero potuto fare con l'insufficienza d'organo appalesatasi immediatamente dopo il trapianto». In sostanza, la conclusione era che il cuore risultasse «idoneo a scopo di trapianto».

Dopo il deposito di alcune controdeduzioni degli esperti nominati dall'avvocato Loredana Vivolo, che assiste i familiari dell'uomo morto dopo il trapianto, il pmì aveva chiesto ai suoi consulenti approfondimenti e chiarimenti sul «tempo di ischemia», superiore alle «cinque ore», e su presunte «patologie pregresse» dell'organo.
Ne era derivata la decisione di chiedere al gip di disporre una perizia in incidente probatorio per cristallizzare le prove in vista di un eventuale processo e soprattutto per dirimere i dubbi emersi. Tuttavia, oggi il giudice ha bocciato la richiesta perché, stando agli elementi emersi finora dalle consulenze di parte, un nuovo accertamento sul cuore, secondo il gip, non richiederebbe un tempo di oltre 60 giorni. Per concedere una perizia del genere in fase di indagini, infatti, occorre in base alla legge un requisito: l'espletamento dell'accertamento dovrebbe determinare, se fosse fatto nel processo, una sospensione del dibattimento di più di 60 giorni. E per il gip non è questo il caso. A questo punto, la Procura, non potendo approfondire determinati aspetti e sulla base della propria consulenza, potrebbe chiedere l'archiviazione. Nel caso in cui la famiglia del 60enne morto si opponga, la decisione tornerà nuovamente al gip che dovrà decidere se archiviare, disporre nuove indagini o l'imputazione coatta.
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