Migranti, se la morale viene da chi se ne lava le mani

di Gianandrea Galani
Venerdì 17 Novembre 2017, 08:24 - Ultimo agg. 12:59
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C'è molto di curioso e di paradossale nella nuova ondata di critiche piovuta sull'Italia e indirettamente sull'Unione europea per le condizioni in cui versano i migranti illegali soccorsi dalla Guardia costiera di Tripoli e riportati in Libia in attesa di rimpatrio. Curioso perché ancora una volta al successo parziale del governo italiano nell'arginare i flussi illegali dalla nostra ex colonia replicano critiche feroci quanto non sempre disinteressate da parte di organizzazioni internazionali ben poco limpide, Stati che dovrebbero essere nostri partner, media dallo scoop ad orologeria, ong e ambienti sociali e politici che, complice anche la compagna elettorale, vorrebbero che la Penisola tornasse a essere un porto sicuro per chiunque paghi criminali incentivandone così il giro d'affari.
Paradossale perché coloro che non lesinano critiche e accuse di disumanità sono poi i primi a lavarsene le mani, a non adoperarsi per risolvere la crisi umanitaria in Libia né ad accogliere qualche centinaio di migliaia di migranti illegali africani entro i loro confini (in Italia ne sono sbarcati oltre 650 mila del 2013).

Al principe giordano Zeid Ra'ad Al Hussein, Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, che definisce «disumano» l'accordo tra Italia e Tripoli con l'appoggio della Ue che riporta i migranti intercettati in Libia, va ricordato che proprio l'Onu e anche l'agenzia che lui stesso dirige hanno il compito di risolvere le crisi umanitarie e la risposta non può più essere quella di sbarcare in Italia tutti gli africani che intendono lasciare illegalmente il loro continente. Certo, i campi di raccolta e detenzione in Libia offrono pessime condizioni di vita ma allora cosa aspetta il principe a mobilitare l'Unhcr per realizzare campi d'accoglienza decenti? L'Onu del resto ha in atto da anni una missione in Libia, United Nations Support Mission in Libya (Unsmil), che però è basata in Tunisia per «ragioni di sicurezza».

Anche le ong che sembrano preoccuparsi tanto delle condizioni dei migranti sono pronte a tutto (anche a ostacolare le motovedette libiche che operano nel loro settore marittimo di loro competenza esclusiva) pur di portarli in Italia ma sembrano restie a intervenire sul suolo libico dove i costi sarebbero certo inferiori a quelli richiesti dalla gestione delle navi soccorso.
In Libia peraltro l'Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim) ha già rimpatriato (per lo più con i soldi donati dall'Europa) oltre 10mila migranti illegali nei paesi d'origine e lo ha fatto dall'aeroporto di Tripoli, dove a quanto pare sussistono condizioni accettabili di sicurezza anche per le agenzie umanitarie.
«Il crescente intervento della Ue e dei suoi Stati membri finora non ha fatto nulla per ridurre gli abusi sofferti dai migranti», ha detto Al Hussein dimenticando forse che Roma ha stanziato in settembre 28 milioni di euro per sostenere le attività in Libia di Unhcr e Oim. Anche la Ue ha ricordato che sta dando all'Alto commissariato un sostanzioso supporto finanziario proprio perchè vengano creati «centri di accoglienza all'altezza degli standard umanitari internazionali». Denaro da spendere subito per rimpatriare tutti i clandestini presenti in Libia, stimati in circa 120 mila, dei quali meno di un sesto presenti attualmente nei centri di raccolta e detenzione. Un'operazione non impossibile se teniamo conto che nel 2011, proprio l'Unhcr istituì un ponte aereo internazionale dalla Tunisia per riportare a casa un milione di lavoratori africani e asiatici fuggiti dalla Libia durante la guerra civile.

Il principe e la Cnn hanno scoperto solo in questi giorni che i migranti africani sono sottoposti a sevizie, schiavitù e ricatti alle famiglie per permettere loro di tornare a casa ma l'unico rimedio che riescono a suggerire è la riapertura dei porti italiani all'immigrazione illegale. Eppure l'Oim, dal Niger denunciò la pratica dei ricatti già all'inizio del 2014, la schiavitù è praticata da tempo dagli arabi in Sudan nei confronti di molte persone di etnia africana mentre nel 2011 le milizie anti-Gheddafi appoggiate dalla Nato (quindi nostre alleate in una guerra autorizzata dall'Onu che ha ridotto la Libia a quello che è oggi) praticavano violenze razziste e schiavismo sulle popolazioni del sud e sugli immigrati neri.
«L'unica alternativa per evitare nuove morti nel Mediterraneo è sostenere la Guardia costiera, permettendole di lavorare meglio» ha ricordato il ministro degli Esteri tedesco, Sigmar Gabriel. «Se non lo facessimo migliaia di persone affogherebbero nel Mediterraneo». Certo le morti in mare non si sono azzerate ma solo perché Roma e Bruxelles non hanno completato l'iniziativa per chiudere la rotta libica consegnando alla Guardia costiera di Tripoli anche i migranti illegali soccorsi dalle navi militari europee che ancor oggi vengono invece sbarcati in Italia. Incentivando così un'immigrazione illegale che andrebbe invece scoraggiata con la certezza che a nessuno che si sia rivolto ai trafficanti verrà consentito di raggiungere il suolo europeo.
 
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