Libia, il patto anti-esodo: «Soldi per ogni fermato»

Libia, il patto anti-esodo: «Soldi per ogni fermato»
di Valentino Di Giacomo
Domenica 17 Giugno 2018, 11:48
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Una parte fissa più dei bonus prefissati per ogni singolo migrante rintracciato in mare e portato nei centri di detenzione del Paese. Con questo sistema il governo di Tripoli distribuisce i fondi tra le milizie a esso collegato per cercare di arginare i flussi migratori. Più migranti le autorità locali riescono a trattenere sul proprio territorio e più soldi ci sono da spartire. Questo è anche uno dei motivi per cui la Marina libica e la guardia costiera locale vivono in maniera fortemente conflittuale la presenza delle navi delle ong a largo dei propri porti. Se i migranti vengono recuperati dalle associazioni umanitarie saranno di meno «gli aiuti» ottenuti. A guardare con interesse le intese tra le fazioni libiche c'è il nuovo governo italiano, il meccanismo è stato momentaneamente congelato nelle ultime settimane a causa del passaggio di consegne a Roma tra il precedente e l'attuale esecutivo, ma il neoministro Salvini ha già annunciato che entro la fine di questo mese volerà a Tripoli per trovare delle piattaforme comuni con il governo locale.

IL SISTEMA
A svelare l'accordo tra Libia e Italia è un'autorevole personalità di Tripoli che ha deciso di raccontare i rapporti tra i due Paesi e assicurare piena disponibilità al governo italiano anche per il futuro. «Di quanti soldi sono non parlo anche perché si tratta di cifre variabili, ma sicuramente si tratta di alcuni milioni di euro circolano spiega la fonte a Il Mattino anche l'Italia è interessata visti i tanti miliardi che spende per l'accoglienza dei migranti nel vostro Paese». Non solo, ma viene spiegato che nell'ultimo anno Oim e Unhcr sono anche riuscite ad effettuare migliaia di rimpatri volontari dei migranti sarebbero circa 30mila - verso i loro Paesi d'origine. «La strategia è giusta racconta l'autorità libica se queste persone capiscono che non possono più arrivare in Italia e in Europa a quel punto preferiscono di gran lunga essere rimpatriate invece di restare nel nostro Paese nei campi di detenzione. Dispositivi che possono essere ampliati e rafforzati». Come rinforzato sarà probabilmente l'accordo tra Tripoli e l'Italia con termini da rinegoziare. Non è un caso se nell'ultimo mese le partenze di barconi verso le nostre coste sono ricominciati a ritmi più sostenuti rispetto ai mesi scorsi. C'è il fattore del bel tempo che agevola le traversate, ma anche la volontà delle autorità tripoline di dimostrare al nuovo esecutivo italiano quanto sia necessaria la funzione di filtro operata dalle motovedette libiche. Nelle scorse settimane i guardiacoste avevano interrotto i pattugliamenti dicendo di non poter uscire in mare a causa della mancanza di gasolio e il segnale a Roma è giunto probabilmente forte e chiaro: servono mezzi e altri fondi.

LA DISTRIBUZIONE DEI SOLDI
In alcuni casi i soldi arrivano in Libia sia dalla Ue che dall'Italia dal Fondo europeo di sviluppo, oltre che da accordi bilaterali in tema di cooperazione e lotta alla povertà. Come vengono poi gestiti questi aiuti sono le autorità libiche a deciderlo: una parte degli stanziamenti restano sicuramente destinati per le attività prefissate, infatti circa una ventina di centri governativi dove sono trattenuti i migranti hanno migliorato sensibilmente i propri standard di ospitalità nell'ultimo anno e possono essere monitorati dal personale di Oim e Unhcr. In particolare sono stati risolti una parte dei problemi di sovraffollamento dei campi. Un'altra porzione dei fondi viene invece distribuita dalle autorità di Tripoli «a pioggia» tra le diverse milizie che controllano parti della Tripolitania, chi gestisce i centri per migranti, le municipalità e gli stessi guardiacoste che pattugliano le coste. Per tenere fede agli accordi è indispensabile che la ripartizione preveda che più migranti si riesce a trattenere in Libia e più saranno i guadagni per le varie parti coinvolte. Nei difficili equilibri tra le milizie e per assicurarsi la fedeltà degli uomini che operano sotto il controllo del governo tripolino, il «sistema ad incentivi» è quello che garantisce con maggior sicurezza il perseguimento degli obiettivi.

 


I PRECEDENTI
Già lo scorso agosto un'inchiesta dell'Associated Press aveva raccontato che il governo italiano aveva persino fatto accordi con due milizie libiche coinvolte nel traffico di esseri umani. Notizia puntualmente smentita dalla Farnesina. Ancor prima, proprio un'inchiesta del Mattino, nel maggio 2017, svelò gli accordi esistenti tra i guardiacoste libici e i trafficanti pubblicando i nomi dei clan libici coinvolti negli affari. Tuttavia, da oltre un anno, anche in forza dei nuovi accordi stipulati, la guardia costiera libica è completamente votata a rintracciare i migranti in mare essendo stato messo in piedi un sistema premiante per lo scopo.
Si tratta fra l'altro di una pratica già sperimentata e in qualche modo simile ai finanziamenti promessi dall'Ue alla Turchia per frenare l'esodo siriano. Da un punto di vista umanitario non è probabilmente la miglior soluzione possibile, ma gli egoismi europei sulla distribuzione dei migranti tra i vari Paesi ha obbligato l'Italia a trovare un rimedio. Ecco perché il premier Conte è volato a Parigi per trovare un'intesa con Macron e predisporre degli hotspot in Nord Africa. Complesso realizzarli in Libia a causa delle incerte condizioni di sicurezza, più agevole in Niger, ancor prima che i migranti arrivino a Tripoli. «Intanto che trovano una soluzione confessano le autorità libiche l'Italia ci aiuti a gestire questo fenomeno. Nell'ultimo anno i risultati sono arrivati: 80 per cento di migranti in meno arrivati sulle vostre coste, ma il tappo può saltare».
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