Omicidio Giulia Cecchettin, il Gip: «Filippo può uccidere ancora»

Nell’ordinanza il gip di Venezia traccia il profilo del 22enne. Giulia gli ha anche pagato l’ultima cena. «È incapace di controllarsi»

Omicidio Giulia Cecchettin, il Gip: «Filippo può uccidere ancora»
Omicidio Giulia Cecchettin, il Gip: «Filippo può uccidere ancora»
di Gabriele Pipia
Mercoledì 22 Novembre 2023, 01:03 - Ultimo agg. 11:00
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Filippo Turetta ha dimostrato «una totale incapacità di autocontrollo». L’aggressione «di inaudita ferocia» nei confronti dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin lo rende una persona «di estrema pericolosità e desta allarme in una società dove i femminicidi sono all’ordine del giorno». Il ventiduenne padovano di Torreglia è ritenuto un soggetto «totalmente imprevedibile poiché, dopo aver condotto una vita all’insegna di un’apparente normalità, ha improvvisamente posto in essere questo gesto folle e sconsiderato». Il profilo dell’assassino è tratteggiato dalla gip del Tribunale di Venezia, Benedetta Vitolo, nell’ordinanza di custodia cautelare firmata lunedì per il sequestro e l’omicidio volontario aggravato della ventiduenne. Un’ordinanza che ricostruisce nel dettaglio i fatti di quel maledetto sabato 11 novembre, facendo luce sugli ultimi agonizzanti minuti di vita della studentessa: la giovane è morta dissanguata dopo essere stata massacrata con botte e coltellate. Ventidue minuti di lotta, tra le 23.18 e le 23.40, non le sono bastati a difendersi.

 


LA RICOSTRUZIONE
L’ordinanza parte dalle 13.30 di domenica 12 novembre, quando il padre di Giulia, Gino Cecchettin, residente a Vigonovo, si rivolge ai carabinieri per denunciare la scomparsa della figlia, studentessa pronta a laurearsi in Ingegneria biomedica. Alle 18 del giorno prima la ragazza era uscita per andare con l’ex fidanzato al centro commerciale Nave de Vero di Marghera. Non l’ha vista rientrare a casa, ha provato a chiamarla trovando il telefono staccato e ha contattato la famiglia Turetta. Nessuno sa nulla. Le ricerche scattano subito e i carabinieri vengono informati che Turetta «in passato aveva manifestato intenti suicidari dopo l’interruzione della relazione sentimentale con Giulia». Il primo elemento concreto arriva da un vicino di casa, Marco Musumeci, di Vigonovo: racconta di aver assistito alle 23.15 del sabato a un litigio: una ragazza urlava «così mi fai male», un individuo calciava violentemente una sagoma a terra. Erano gli ultimi minuti di vita di Giulia. 


L’ordinanza riporta poi un lungo elenco di dettagli sulla serata, come il messaggio inviato alle 20.22 da Turetta alla madre per dirle che avrebbe mangiato fuori e poi l’ultima cena al McDonald’s, con i 17,80 euro pagati con la carta di credito di Giulia.

Una cena offerta all’assassino: una beffa che si aggiunge all’atrocità. Nel documento sono riportate poi 21 registrazioni dei passaggi dell’auto di Turetta, una Fiat Grande Punto, prima a Vigonovo e Fossò - i due luoghi delle aggressioni - e poi, durante la fuga, attraverso il Trevigiano e il Bellunese. 


Sono le telecamere di sicurezza degli stabilimenti Dior e Speedlogistik della zona industriale di Fossò, però, a spazzare via ogni dubbio sulla dinamica. Alle 23.30 Giulia viene filmata mentre fugge, inseguita da Filippo, più veloce, che la raggiunge e la scaraventa a terra. Lei non si muove. Lui torna a bordo per avvicinare l’auto al corpo della ragazza, la carica e riparte. Sul luogo dell’aggressione i carabinieri troveranno chiazze di sangue e frammenti di nastro adesivo che potrebbe essere stato usato per immobilizzare la vittima e per tapparle la bocca. 


LE FERITE E LA DINAMICA
L’epilogo è il cadavere di Giulia trovato in un canalone vicino al lago di Barcis, provincia di Pordenone, a due ore di auto dai luoghi delle aggressioni. L’ordinanza cita nel dettaglio ventisei lesioni accertate dal medico legale, basandosi solo sull’esame esterno del corpo: il viso, il collo, le orecchie, le mani, le braccia, i glutei, le gambe, le ginocchia, le caviglie. Nell’ordinanza si parla anche di «shock emorragico». 


Con tutti questi elementi in mano il gip arriva a ricostruire la dinamica. Alle 23.18 Filippo porta Giulia in auto al parcheggio dell’asilo di via Aldo Moro, a Vigonovo, e lì la aggredisce con un coltello. Gli inquirenti ritengono che poi l’abbia costretta a salire a bordo dell’auto, che ha raggiunto la zona industriale di Fossò. Qui la ragazza sarebbe riuscita a scendere, tentando invano la fuga: Turetta l’ha raggiunta facendola cadere. Dopo l’omicidio, il giovane, «ben consapevole della gravità delle sue azioni», si è dato alla fuga, sottolinea il gip. Turetta non voleva solo fare paura, o fare male alla Cecchettin: «La volontà omicidiaria è resa palese dalle modalità dell’aggressione, avvenuta a più riprese, dapprima aggredendo la Cecchettin nel parcheggio e successivamente nella zona industriale di Fossò, scaraventando a terra la vittima con tale violenza che, a seguito della spinta, questa non ha dato più segni di vita ed è stata caricata di peso a bordo dell’auto».


Dagli accertamenti del medico legale, inoltre, emergono al cuoio capelluto, al volto, al collo, alle braccia e alle gambe, lesioni riconducibili all’azione di una o più armi bianche, presumibilmente coltelli, riconducibili ad almeno due aggressioni distinte: una frontale e una posteriore. Nell’ordinanza si parla di «dinamica omicidiaria volontaria perpetrata mediante plurimi colpi di arma bianca con tentativo di difesa da parte della vittima e successivo occultamento di cadavere».


Il primo capo d’imputazione è omicidio volontario con l’aggravante di aver commesso il fatto nei confronti di una persona alla quale Turetta era legato da relazione affettiva. Il secondo, il sequestro di persona, è così motivato: «È ragionevole ritenere, allo stato, che Giulia Cecchettin sia stata privata della libertà di movimento e trattenuta in auto da Turetta (allo stato non è possibile stabilire se con violenza o con minaccia) nel lasso di tempo intercorso tra la prima e la seconda aggressione».

Il motivo? «Nel corso della prima aggressione la Cecchettin, secondo quanto dichiarato dal teste Musumeci, gridava aiuto ed è pertanto assolutamente inverosimile che essa sia salita spontaneamente sull’auto». I filmati mostrano lei che fugge dalla violenza di lui prima di essere raggiunta, scaraventata a terra e nuovamente aggredita. Ecco perché, secondo la gip, la ragazza sarebbe stata trattenuta contro la sua volontà a bordo della Grande Punto «per un lasso di tempo apprezzabile».


I RISCHI
Nelle sue conclusioni la giudice sottolinea come Turetta abbia abbandonato il cadavere «in un luogo impervio, per evitare che venisse ritrovato, rendendo così più difficoltoso l’accertamento della dinamica del fatto». Le esigenze cautelari sono dettate, ovviamente, oltre che dalla pericolosità, dal fatto che Turetta sia fuggito per giorni a arrestato in Germania solo domenica, dopo una settimana e, quindi, «se non sottoposto alla massima misura, potrebbe tentare nuovamente di sottrarsi alla giustizia». Per la gip sussiste anche il pericolo che il ventiduenne reiteri condotte violente nei confronti di altre donne. Il motivo è messo nero su bianco in queste otto pagine di ordinanza. Otto pagine di dettagli, otto pagine di orrore. 
 

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