Militare di leva morì in ospedale: dopo 20 anni si riapre il caso

Militare di leva morì in ospedale: dopo 20 anni si riapre il caso
di Nazareno DINOI
Lunedì 22 Maggio 2017, 05:30 - Ultimo agg. 23 Maggio, 17:17
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Si riaccendono i riflettori sul misterioso decesso del ventiduenne di Fragagnano, Lorenzo Miccoli, militare di leva morto il 22 marzo del 1995 nel reparto di ematologia dell’ospedale San Salvatore di Pesaro dove era stato ricoverato per una banale mononucleosi contratta in caserma. La Procura della Repubblica del tribunale della città marchigiana, che ha già trattato il caso archiviandolo, ha riaperto un fascicolo per ora contro ignoti affidandolo ad un nuovo pubblico ministero. A convincere la magistratura inquirente a rivedere e carte, è stata una recente interrogazione al ministro della Salute presentata dalla senatrice del gruppo misto Adele Gambaro, sensibile all’ennesimo appello del padre del giovane, Francesco Miccoli, che da ventidue anni si batte per avere giustizia e per dare delle risposte ad un dubbio che lo divora. Con la sua famiglia è convinto che ad uccidere Lorenzo sia stato un mix di farmaci tossici, parte di una folle sperimentazione ma anche di una assurda lotta tra medici. Quel reparto diretto allora dal professore Guido Lucarelli, padre del noto giornalista e scrittore di gialli, Carlo, era stato teatro di numerosi e inspiegabili decessi per epatite fulminante (41 solo nel 1995), ed infezioni da flebo infette sia nel periodo precedente alla morte di Lorenzo Miccoli sia nell’arco temporale successivo, con alcune condanne per risarcimento degli ultimi 9 decessi ottenuti con sentenze passate definitive. La morte del militare di Fragagnano, anche quella inserita tra le sospettate, era stata invece classificata come causa di una «leucemia linfoide acuta».
Una successiva perizia medico legale disposta dal tribunale civile di Pesaro, aveva poi stabilito che Lorenzo era morto per «un grave danno epatico tossico da farmaci». Non sufficiente, per i giudici marchigiani, per includere il nome del militare fragagnanese tra gli omicidi riconosciuti e da risarcire.
 
A cedere alle insistenze della famiglia Miccoli che non si dà pace, è stata la senatrice del gruppo misto Gambaro prima firmataria dell’interrogazione al ministro della Salute che ancora non ha avuto risposta.
Nell’esporre il caso del giovane militare di leva, la senatrice parla delle tante ombre di quel reparto di ematologia. «Si sarebbe parlato di tutto – scrive -, dalle sperimentazioni e ricerca al di fuori dei protocolli sanitari per l’impianto di cellule staminali ai malati talassemici alle ipotesi di sabotaggio». L’interrogazione al ministro rimette poi in luce l’episodio più inquietante di tutta quella brutta storia. Quella «di un testimone chiave per le indagini giudiziarie, il portantino della struttura sanitaria, Claudio Guiducci, morto suicida nel 1998 poco prima della sua deposizione al processo».
Sempre nell’atto parlamentare, che farà sicuramente parte del nuovo fascicolo aperto presso la Procura marchigiana, si ricorda come lo stesso Lorenzo Miccoli, il giorno prima della sua morte, «aveva confidato ai genitori che gli era stata iniettata una “strana” sostanza medica, forse preavvertendo il triste epilogo della sua vita». La richiesta della famiglia Miccoli, fatta propria dalla senatrice, punta alla riesumazione della salma, cosa, questa, rifiutata dal tribunale sulla base di pareri di esperti che hanno sostenuto la generica «inutilità di nuovi esami autoptici».
Da qui la richiesta al ministro. «Si chiede di sapere – si legge - se il ministro in indirizzo voglia chiarire, alla luce dei progressi della scienza medica, se la riesumazione della salma di Lorenzo Miccoli ed i successivi esami chimico-tossicologici siano utili al fine di acquisire nuovi e determinanti elementi in ordine alla causa del decesso avvenuta a Pesaro il 3 marzo 1995 ed in particolare in ordine all’origine dell’insufficienza epatica acuta che portò alla morte del ragazzo».
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