Detenuti al 41 bis, le Asl responsabili delle cure

L'assistenza sanitaria ai detenuti, che dal 2018 è stata definitivamente trasferita al Sistema sanitario nazionale, è una delle maggiori incombenze del Dap

Detenuti al 41 bis, le Asl responsabili delle cure
Detenuti al 41 bis, le Asl responsabili delle cure
di Gigi Di Fiore
Domenica 19 Febbraio 2023, 09:00 - Ultimo agg. 17:59
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Due scelte diverse. Se, per farlo riprendere dal deperimento legato al suo sciopero della fame, Alfredo Cospito è stato ricoverato all'ospedale San Paolo di Milano, per il boss mafioso Matteo Messina Denaro, malato di cancro al colon, è stata allestita una stanza per la chemioterapia nel carcere di massima sicurezza dell'Aquila. Spiegano al Dap, il Dipartimento di amministrazione penitenziaria: «La scelta del trattamento sanitario a un detenuto al 41 bis è, come prevede la legge, legata alla situazione e condizione individuale. Per Matteo Messina Denaro è stato valutato il rischio per la sicurezza in caso di trasferimento ospedaliero». E per il capomafia stragista il ciclo di chemioterapie è ormai avviato in carcere, sotto la vigilanza del primario dell'ospedale oncologico dell'Aquila, Luciano Mutti.

L'assistenza sanitaria ai detenuti, che dal 2018 è stata definitivamente trasferita al Sistema sanitario nazionale, è una delle maggiori incombenze del Dap che deve vigilare su come vengono attuati i trattamenti medici.

La Costituzione e le leggi dal 1998 al 2018 impongono cure e prevenzioni sanitarie uguali a quelle assicurate a chi è libero. Ma, naturalmente, curarsi dietro le sbarre è diverso. E le polemiche sono ricorrenti. Il segretario generale del sindacato di polizia penitenziaria, Aldo Di Giacomo, nelle ultime ore ha segnalato la morte in carcere a Frosinone di un detenuto egiziano malato di Hiv con problemi respiratori, denunciando: «L'assistenza sanitaria nei penitenziari italiani viaggia a due velocità, tanto che c'è una camera privata d'ospedale con tecnologie avanzate per boss eccellenti al 41 bis e assenza persino del dentista per il povero cristo». Sono le intese tra le singole Regioni e i Provveditorati regionali del Dap a stabilire le regole per l'assistenza sanitaria ai detenuti. Se ne occupano le Asl del territorio su cui si trovano le carceri, che pianificano servizi di controlli medici periodici negli istituti penitenziari. Ma medici e infermieri non sono mai entusiasti di lavorare dove non è raro essere minacciati e insultati, come ha segnalato la rivista specializzata «L'infermiere». I controlli ordinari sui detenuti, che attualmente sono 51403, sono saltuari, in poco attrezzati ambulatori negli istituti penitenziari. Ma il Dap ha istituito da tempo anche dieci Sai, che sono i Servizi di assistenza intensificata. Si trovano in appena dieci istituti penitenziari sul totale dei 189 italiani, allestiti con macchinari d'urgenza e soprattutto medici fissi con orari e turni quotidiani. C'è un Sai nel carcere di Secondigliano a Napoli, uno nel carcere Opera di Milano, un altro a Roma e uno a Cagliari e l'Aquila. È proprio grazie alla presenza di un Sai che Matteo Messina Denaro ha potuto fare i cicli di chemioterapia nel carcere dell'Aquila. 

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Ci sono stati casi in cui per alcuni detenuti al 41 bis, trasferiti in ospedale per malattie gravi, sono state segnalate «incompatibilità» con la detenzione chiedendone il trasferimento a casa. Fu così per Raffaele Cutolo ed è quello che accade ora per Antonio Tomaselli, detto «penna bianca» per il colore dei capelli, affiliato alla cosca Santapaola di Catania. È ricoverato all'ospedale San Paolo di Milano come Cospito. È malato terminale, in ospedale da sette mesi. Gli avvocati denunciano condizioni gravissime di salute, chiedendo che Tomaselli possa tornare a casa. Fu sempre all'ospedale di Milano che, dopo un ricovero di due anni, nel 2016 morì il boss Bernardo Provenzano e qui fu ricoverato anche Totò Riina. Insomma, con un piantonamento rigoroso affidato a un nucleo speciale della polizia penitenziaria, anche i detenuti al 41 bis affiliati di mafia e camorra possono essere trasferiti in ospedale per essere curati da specialisti. Capitò per pochi giorni anche a Cosimo Di Lauro, capoclan della guerra di Scampia, morto a giugno scorso in circostanze da chiarire su cui c'è in corso ancora un'inchiesta giudiziaria. Nel 2022, sono stati 1187 i trasferimenti temporanei per visite ospedaliere di detenuti al 41 bis, mentre 88 sono stati i ricoveri. Numeri in incremento rispetto all'anno precedente, quando i ricoveri furono 83. Spiegano all'associazione Antigone: «È dovuto all'aumento dell'età media dei detenuti al 41 bis, che sui 728 attuali è di 58 anni. Ben 340 hanno oltre 60 anni». Età da controlli medici e rischi di patologie. Se 10 sono i Sai, otto sono invece gli ospedali italiani con una stanza o un padiglione attrezzati per ricoverare detenuti in massima sicurezza: a Genova, Milano, Viterbo, Roma, Palermo, Catania e due a Napoli dove c'è il padiglione Palermo al Cardarelli e delle stanze al Cotugno. Garantire i diritti dei detenuti, anche quelli al carcere duro, assicurando condizioni di sicurezza: Regioni, Asl e Dap riscrivono di continuo accordi. E tutti i direttori delle carceri hanno ormai contatti quotidiani con i direttori generali delle Asl. 

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