Una denuncia frutto di «un accordo inconfessabile con il pm» che punterebbe «alla prescrizione». La difesa di uno dei carabinieri imputati al processo Cucchi, passa al contrattacco e punta il dito contro i legali di Tedesco, uno dei tre carabinieri su cui pende l'accusa di omicidio preterintenzionale, il quale ha accusato a sua volta gli altri due colleghi del pestaggio.
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Ma è proprio uno degli avvocati del vice brigadiere Francesco Tedesco a depositare in Procura una querela per minacce di morte, dopo una telefonata ricevuta nelle ultime ore. Nella chiamata, che potrebbe essere stata registrata, una voce dall'accento siciliano e non camuffata ha detto all'avvocato: «Lei sa chi mi ricorda? Rosario Livatino», facendo riferimento al giudice ucciso dalla mafia e aggiungendo in seguito: «la seguirò, non solo spiritualmente». Sulla vicenda processuale è intervenuto anche oggi il comandante generale dell'Arma, Giovanni Nistri, che in un'intervista a 'Porta a portà ha lanciato un appello per far luce sulla morte del geometra: «Chi sa parli». «L'Arma andrà fino in fondo per la parte di competenza» - ha aggiunto Nistri ribadendo «la necessità che un carabiniere ha il dovere morale, prima ancora di giuridico, di dire la verità e di dirla subito».
Dopo la svolta al processo, la battaglia, dentro e fuori dal tribunale, non è affatto conclusa. In una lettera aperta, Bruno Giosué Naso, legale del maresciallo Roberto Mandolini, si è scagliato contro «la promessa derubricazione della imputazione elevata nei confronti del cliente in quella di favoreggiamento, reato allo stato già prescritto, anche a costo di aggravare la posizione di tutti gli altri imputati».
Pronta la replica di Fracensco Petrelli, uno dei legali di Tedesco: «Il carabiniere Tedesco ha fatto una scelta difficile e coraggiosa e non vi è nulla di 'inconfessabilè nei motivi che lo hanno indotto a denunciare i fatti e le responsabilità altrui, né nei modi in cui tale contributo di verità è stato fornito all'autorità giudiziaria».