Lo scontro nel governo è durissimo e ieri è cominciato di prima mattina con la richiesta di Dario Franceschini, ministro e capodelegazione del Pd, di un vertice di maggioranza che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha cercato sino all’ultimo di evitare. Complice un’agenda sin troppo fitta, il premier ha tentato sino all’ultimo di evitare di rimettersi intorno ad un tavolo per discutere nuove misure anti contagio a distanza di tre giorni dall’ultimo dpcm.
Il problema è che i contagi salgono in via esponenziale - ieri più di diecimila seppur con ben 150 mila tamponi - mentre i presidenti di regione si muovono in ordine sparso.
Per cui ai licei potrebbe essere permesso l’ingresso anche pomeridiano, mentre elementari e medie farebbero lezioni scaglionate dalle 8 alle 11. Anche se tutti i dem si sono infuriati per l’ordinanza di De Luca, e la difesa di Zingaretti è apparsa più di rito che di sostanza, per garantire il funzionamento delle scuole occorre intervenire non solo sul trasporto pubblico, ma anche su altri settori che alimentano la circolazione delle persone e la diffusione del contagio senza arrivare al coprifuoco, ipotesi che ieri palazzo Chigi smentiva fosse all’esame dell’esecutivo. Aumentare la percentuale di smart working nella pubblica amministrazione, ma anche nel privato, è uno degli obiettivi per diminuire il traffico sui mezzi pubblici. Il ministro Franceschini rappresenta con il ministro Speranza l’ala del governo più propensa a chiudere. Ma il titolare della Salute è contrario all’idea di un coprifuoco nazionale che invece potrebbe essere adottato nelle regioni - Lombardia in testa - dove i numeri sono più drammatici.
Ma anche il governatore lombardo Attilio Fontana, sembra optare per una strada diversa da quella che in Italia è stata adottata l’ultima volta nel luglio del ‘43, preferendo la chiusura di bar e ristoranti alle 21. Una decisione che Fontana attende di formalizzare perché potrebbe riguardare tutto il territorio nazionale e che potrebbe portare alla chiusura, magari alle 22, non solo di bar, ristoranti e di tutti gli esercizi pubblici. In questo modo non verrebbe cancellata la libertà di movimento, ma si ridurrebbero di molto le occasioni per assembramenti. Il giro di vite, sollecitato dal Comitato tecnico scientifico, potrebbe riguardare anche palestre, parrucchieri, centri estetici, cinema e teatri, ma solo nelle regioni che superano un certo numero di contagi. Misure che le amministrazioni regionali possono già prendere in autonomia e che oggi verranno discusse nella riunione stato-regioni nella quale si farà il punto anche sulle terapie intensive. Il governo, ripete il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia, continua a offrire alle Regioni tutto il supporto possibile, ma prima di toccare scuola e lavoro bisogna dare risposte attivando tutte le terapie intensive. «Dove sono finiti i ventilatori polmonari? - si chiede Boccia - L’unica cosa che Conte continua ad escludere è un nuovo lockdown generale, ma se i contagi dovessero continuare a crescere, come accaduto sinora, il ricorso ai 36 miliardi del Mes sarà difficile da evitare. Così come la verifica chiesta dal Pd.