Consip, Woodcock sgomitò
per tenersi l'indagine

Consip, Woodcock sgomitò per tenersi l'indagine
di Leandro Del Gaudio
Giovedì 21 Settembre 2017, 10:19 - Ultimo agg. 19:14
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È durato mesi il braccio di ferro interno alla Procura di Napoli, tra il procuratore aggiunto Alfonso D'Avino e il pm Henry John Woodcock. Mesi cruciali, quelli legati alla gestazione dell'indagine Consip, nel corso dei quali vengono prodotte richieste da parte del pm anticamorra e pareri da parte del capo del pool mani pulite, ma anche riunioni e soluzioni proposte dall'allora procuratore Giovanni Colangelo. È uno scontro a colpi di note e istanze, che va avanti per almeno sei mesi (dicembre 2015 e luglio del 2016), ricostruito dinanzi al Csm dal procuratore generale Luigi Riello, forte delle annotazioni di servizio girate ai piani alti della Torre A dal vicario Nunzio Fragliasso. In sintesi, D'Avino sarebbe stato «tratto in errore» a cedere alla richiesta di assegnazione della collega Carrano, dopo un precedente e rigoroso diniego: se a dicembre del 2015 negò l'assegnazione del pm Carrano (all'epoca in forza ai reati contro la pubblica amministrazione), a luglio del 2016 cambiò radicalmente idea. Come mai? Chiedono a Riello i consiglieri del Csm? Tutto dipende dal modo in cui venne formulata la domanda da parte del gruppo di lavoro attivo sulla Consip.

I tre pentiti
Sembra la storia del cavallo di Troia, il retroscena svelato dal pg Riello e dal vicario Fragliasso. A dicembre, la richiesta di coassegnazione della Carrano incassa il no netto di D'Avino. Che ricorda, nero su bianco, l'esigenza di procedere allo stralcio dei reati di pubblica amministrazione da quelli aggravati dal fine camorristico. Se dalle indagini sul racket al Cardarelli di Napoli - è il ragionamento di D'Avino - sono emersi reati di pubblica amministrazione, questi vanno stralciati alla seconda sezione, che si occupa dei colletti bianchi, appunto. Non è un capriccio - insiste D'Avino - ma le regole organizzative interne alla Procura di Napoli. Cosa accade allora? A gennaio del 2016, il procuratore Colangelo coordina una riunione nella quale - spiega il pg Riello - si decide di procedere con lo stralcio del fascicolo, secondo le regole interne indicate nel parere espresso da D'Avino. Uno stralcio di cui però non si ha notizia. Passano i mesi e a D'Avino arriva una nuova richiesta da parte del gruppo di lavoro sulla Consip che fa capo a Woodock: si chiede la coassegnazione del fascicolo al pm Carrano, con una motivazione diversa. Spiega il pg Riello ai consiglieri della prima commissione: «Solamente che questa volta, come evidenzia il dottor D'Avino, la motivazione non è quella della precedente richiesta, cioè non è quella di una intersecazione di competenze, ma è motivata dalla esigenza di sviluppare la collaborazione di tre componenti del clan Lo Russo. Come a dire: Noi abbiamo molto da lavorare, perché nel quadro delle indagini che riguardano fatti di criminalità organizzata, si è sviluppata, si sta sviluppando la collaborazione di tre elementi di camorra del clan Lo Russo ed in questa ottica chiedevano la coassegnazione della dottoressa Carrano. È così che l'aggiunto D'Avino, che non notò il riferimento al numero di protocollo del fascicolo Consip, diede il via libera all'assegnazione della Carrano, legittimando - a sua insaputa - una inchiesta nata dalla Dda e proseguita sui reati di pubblica amministrazione. Ed è il pg Riello a citare le parole di D'Avino: «C'era questo numero, però, poiché non veniva fatto riferimento alla precedente riunione, alla decisione dello stralcio e soprattutto non veniva fatto alcun riferimento ad una intersecazione tra le vicende di camorra e quelle di pubblica amministrazione, ho ritenuto che la ragione fosse quella esplicitata, cioè quella di avere un rinforzo per le indagini di camorra e ho espresso parere favorevole».

Papà Renzi, nessun accordo
Ma c'è anche un secondo momento critico raccontato dal procuratore vicario alla prima commissione. Riguarda la posizione di Tiziano Renzi, un caso a sé nella partita che si consuma tra Napoli e Roma e, apprendiamo oggi, all'interno della stessa Procura di Napoli. Renzi sr non viene iscritto nel registro degli indagati, come viene notato da Fragliasso, pur avendo la stessa posizione di Carlo Russo, che invece si ritrova indagato dai pm della Procura partenopea. Per lui non c'è l'accusa di traffico di influenze, che invece scatta a Roma, non appena gli atti da Napoli - a dicembre del 2016 - passano sulla scrivania di Pignatone. Una scelta che consente ai pm partenopei di intercettare Renzi senior, sulla scorta dell'ipotesi di associazione a delinquere che viene mossa ad altri indagati. Il padre dell'ex premier - ormai è storia nota - viene intercettato dal cinque dicembre in poi (i pm accendono le microspie dopo il referendum costituzionale); ma anche, in un secondo momento, «con urgenza» alla fine dello scorso febbraio, quando ormai le carte sul giglio magico erano approdate a Roma. C'era sintonia tra Napoli e Roma? Per Fragliasso non è la parola giusta, stando alla sua audizione: «I colleghi mi dicono che questa intercettazione è stata concordata, addirittura disposta da loro ma di intesa con la Procura di Roma. Ovviamente - aggiunge Fragliasso, chiesi chiarimenti a Pignatone, che riferisce di essere stato informato preventivamente dal collega Woodcock ma di essersi limitato a prendere atto della comunicazione». E ancora, in riferimento al procuratore Pignatone e all'aggiunto Ielo: «Entrambi hanno escluso di aver concordato, di aver raggiunto un'intesa sul punto». Un probabile retroscena della decisione della Procura di Roma di non utilizzare l'intercettazione tra Tiziano e Matteo Renzi del due marzo scorso (quella in cui il figlio sgrida il padre), per l'interrogatorio romano di Renzi senior.

Woodcock e l'archiviazione
Retroscena di una vicenda che si è sviluppata su un doppio binario: quello disciplinare, che dovrà valutare eventuali colpe attribuite al pm anglonapoletano, ma anche quello penale dove Woodcock è indagato per violazione di atti coperti e per falso. Difeso dal penalista Bruno Larosa, Woodcock si è difeso lo scorso luglio dinanzi ai pm romani, ed è facile immaginare che nei prossimi giorni la Procura romana firmerà una richiesta di archiviazione in suo favore.