Consip, spunta un nuovo falso
del capitano del Noe Scafarto

Consip, spunta un nuovo falso del capitano del Noe Scafarto
di Leandro Del Gaudio
Giovedì 22 Giugno 2017, 08:54 - Ultimo agg. 23 Giugno, 08:49
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Ci sono nuove accuse che investono il capitano del Noe Gian Paolo Scafarto. Nuovi elementi da chiarire e da esplorare, al punto tale da spingere la Procura di Roma a convocare di nuovo l'ufficiale del Noe che in questi anni ha condotto l'inchiesta sulla Consip e - due anni fa - quella della Cpl Concordia. È la terza volta che il militare viene convocato in Procura, in uno scenario investigativo che sembra essersi arricchito di nuovi particolari. Stando a quanto trapelato dal ristretto riserbo istruttorio, anche dietro questa nuova convocazione ci sarebbe il sospetto di anomalie: in sintesi, la Procura di Roma avrebbe riscontrato delle discrasie o incongruenze tra la trascrizione di una intercettazione ambientale legata al caso Consip e il contenuto di un messaggio «whatsapp» del capitano.

Il messaggio smentirebbe quanto trascritto e riversato agli atti dall'ufficiale, nell'informativa trasmessa a Roma quando la Procura di Napoli ha perso la titolarità a indagare sulla Consip. Una nuova tegola a carico dell'ufficiale che in questi giorni - difeso dal penalista Giovanni Annunziata - deve difendersi dall'accusa di falso. Ma non è l'unica notizia degna di nota, in una giornata in cui l'attenzione è stata a lungo concentrata sul Csm e sulla decisione dell'organo di presidenza di dare mandato «ampio» alla prima commissione di aprire una pratica sulla gestione delle indagini Consip e Cpl Concordia da parte dei pm napoletani. Ieri, dibattito in seno al plenum, che ha fatto evidenziare una evidente spaccatura tra i membri di Palazzo dei Marescialli. È stato il consigliere di Area Antonello Ardituro, a prendere la parola e a stigmatizzare «la grave fuga di notizie proveniente dal Csm sulla pratica della prima commissione segretata dal comitato». Poi, è toccato al consigliere di Area Piergiorgio Morosini chiedere l'apertura di una pratica a tutela dei pm napoletani titolari delle indagini Consip, di fronte a quella che viene definita una «campagna di stampa aggressiva».

A questo punto, la prima commissione dovrà occuparsi di due pratiche che riguardano la stessa materia: da un lato, dal 2015, c'è una pratica sulla gestione dell'inchiesta Cpl concordia, sulla scorta di un intervento del laico di Forza Italia Zanettin, che aveva posto pesanti dubbi sulla pertinenza dell'intercettazione del 2014 tra il generale della Finanza Michele Adinolfi e l'ex premier Matteo Renzi: un caso che oggi è tornato in auge, anche sulla scorta del mandato «ampio» del comitato di presidenza alla prima commissione ad indagare su Napoli, anche in relazione a quanto emerso dalla gestione dell'inchiesta Consip. Dall'altro lato invece la prima commissione è chiamata ad aprire una pratica a tutela proprio di quei magistrati - parliamo in particolare di Woodcock e Carrano - che sono finiti al centro del dibattito per la gestione delle intercettazioni su Cpl e Consip. Vicenda su cui oggi è lo stesso Morosini a fare una precisazione: la campagna contro i pm napoletani va avanti «da ormai due mesi - dice - numerose cronache riferiscono da giorni di alta tensione in Procura e di gravi irregolarità da parte di magistrati dell'ufficio partenopeo, di conflitti di competenza con altre Procure, enfatizzando l'avvio di istruttorie preliminari da parte della Procura generale presso la Corte di Cassazione e della prima Commissione del Csm». Verifiche - aggiunge - che «faranno il loro corso, ma intanto numerosi quotidiani parlano esplicitamente di richieste di personaggi politici di intervento del Csm e dell'imminenza di provvedimenti di trasferimento nei confronti del pubblico ministero Henry John Woodcock».

E proprio sulla questione dell'intercettazione tra Adinolfi e Renzi, va ricordato (come per altro già sottolineato ieri dal Mattino) che si tratta di un capitolo di indagine che i pm Carrano e Woodcock avevano omissato durante la loro gestione dell'inchiesta e che è stato reso pubblico, nonostante la puntuale richiesta di omissis da parte dei pm anticasalesi (diventati poi titolari unici del fascicolo), al punto tale da provocare un'inchiesta a carico di quattro militari del Noe, la cui posizione è stata poi archiviata.


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