Caporalato, la legge nel mirino

Caporalato, la legge nel mirino
di Valentino Di Giacomo
Martedì 3 Luglio 2018, 09:01 - Ultimo agg. 09:02
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Gestione dei migranti e sfruttamento del lavoronero. C’è un tema comune che potrebbe coinvolgere i due leader di Movimento 5 Stelle e Lega, eppure è un argomento non contenuto nel contratto di governo sottoscritto dai due partiti. Si tratta del caporalato, una materia su cui potrebbero intervenire sia Luigi Di Maio, come ministro del Lavoro, ma anche Matteo Salvini come ministro dell’Interno. Una legge esiste già, è quella approvata dal precedente esecutivo e votata in Parlamento nel 2016 anche con i voti favorevoli dei 5 Stelle, ma con l’astensione dei parlamentari della Lega. Negli ultimi mesi sono stati a centinaia gli arresti di chi sfrutta soprattutto gli extracomunitari per impiegarli nei terreni agricoli, tenendoli in condizioni di sfruttamento e sottopagandoli.  
IL DIBATTITO
Esponenti della Lega hanno più volte chiesto di modificare la norma approvata quasi due anni fa. «Quando fu fatta la legge ricordo che i colleghi erano contenti, si abbracciavano, – ha spiegato il neoministro leghista dell’Agricoltura, Gianmarco Centinaio – adesso dobbiamo chiederci se a distanza di un anno questa norma funzioni. Per me non funziona, noi siamo pronti a valutare la questione con gli agricoltori onesti per capire quale sia la natura dei problemi e, quando lo capiremo, saremo pronti a cambiarla». Sulla stessa linea anche il vicepremier Salvini che nei giorni scorsi ha dichiarato che «la legge sul caporalato più che semplificare, complica». 
Di segno opposto, invece, la posizione dei parlamentari pentastellati. Già ai tempi dell’approvazione della legge sul caporalato, i deputati del Movimento 5 Stelle presenti nelle commissioni Giustizia e Lavoro chiedevano interventi più incisivi per punire gli sfruttatori. «Serve rafforzare le ispezioni sui luoghi di lavoro, garantire informazione e supporto ai lavoratori, introdurre un marchio etico per incentivare le aziende ad aderire alla rete agricola di qualità, l’incrocio domanda e offerta di lavoro tramite i centri per l’impiego pubblici e l’interdizione dai fondi Ue per gli imprenditori agricoli condannati per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Il caporalato è un fenomeno strutturale della filiera produttiva di fronte al quale la politica non può più chiudere gli occhi e che va combattuto con tutti gli strumenti possibili».
GLI IRREGOLARI
I ministeri dell’Interno, Lavoro e Agricoltura hanno solo avviato indagini parziali. Secondo l’organizzazione non profit Oxfam, in Italia ci sono almeno 430mila lavoratori irregolari in agricoltura, 100mila di questi vittime di sfruttamento con orari di lavoro per oltre 12 ore al giorno, esposizione a pesticidi e composti chimici tossici, con paghe che si aggirano tra i 15 e i 20 euro al giorno rispetto agli almeno 47 previsti dalla legge. Una piaga diffusa in quasi ogni regione dello Stivale. Sul tema, nei giorni scorsi, è intervenuto con una proposta originale anche il ministro dell’Economia, Giovanni Tria. «Dove si crea lavoro c’è per gli italiani e per i migranti – ha spiegato il titolare di via XX settembre - ma lo sfruttamento e il non rispetto delle norme devono essere contrastati anche perché creano concorrenza sleale. Penso che un elemento di repressione pura deve essere contemplato perché i fenomeni di sfruttamento nelle campagne del Sud sono un fenomeno prodotto alla luce del sole, non nelle cantine. Basterebbe un drone per controllare e reprimere questi abusi». Così alla luce del sole che «Il Mattino» ha documentato più volte come persino nei centri di accoglienza i richiedenti asilo ospitati riescano a lavorare sia nei cantieri edili che nei terreni agricoli, talvolta persino avendo a disposizione dei motorini senza targa per raggiungere i luoghi di lavoro. Questo avviene nonostante l’Italia già spenda 35 euro al giorno per ogni migrante garantendo vitto e alloggio a coloro che fanno richiesta d’asilo.
La polemica. Dopo le proposte leghiste di abolire o modificare la legge sul caporalato, diverse associazioni e sindacati hanno scritto una lettera a tutti i parlamentari per implementare la norma, anziché mandarla al macero. «Riteniamo – scrivono i promotori – che la legge vada considerata un caposaldo della nostra architettura normativa. Chiediamo un impegno affinché non venga indebolita in alcun modo, bensì implementata con altre norme che garantiscano piena trasparenza in ogni passaggio e mettano i consumatori in condizioni di giocare un ruolo attivo nello scoraggiare le aziende che non rientrano nella legalità». Ora la palla passa a Di Maio e Salvini.
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