L'Aquila abbraccia Amatrice:
«Noi come loro, lo stesso trauma»

Una famiglia aquilana davanti alla tv
Una famiglia aquilana davanti alla tv
di Stefano Dascoli e Giovanni Sgardi
Mercoledì 31 Agosto 2016, 15:44 - Ultimo agg. 23:01
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L'AQUILA - Noi come loro, il dolore di Amatrice è il nostro dolore. Tutti davanti alla Tv ieri, all'Aquila. Ipnotizzati, rapiti da uno strazio ben conosciuto. Ieri come allora, 7 anni fa. Quel Cristo appeso, quell'altare di macerie sono lo specchio del ricordo per gli aquilani. Sì, per quanto lacerante, è impossibile resistere al richiamo di questo nuovo funerale di Stato. Ma ci vuole forza d'animo, ci vuole fegato.

L'EMOZIONE - Una signora che non regge all'emozione: si alza dal divano e, in lacrime, cerca un po' di tregua. Scorre il film sul piccolo schermo: per gli aquilani è identico a quello del 2009. Qui oggi, nei moduli provvisori di Bazzano, gli stessi che presto conosceranno gli sfollati di Amatrice, la comunità, fatta soprattutto di anziani, tace e prega. «Per noi è un secondo funerale dice Eusanio Piccinini, 87 anni . Sono emozionato, tornano alla mente le immagini della disgrazia, la sofferenza di quei giorni».

Poche porte più in là c'è la signora Rachele Raparelli, 72 anni, che porta ancora addosso le ferite del terremoto dopo due operazioni alla testa. Anche lei parla singhiozzando: «Stiamo piangendo dal primo giorno. Ci ha ricordato il dolore enorme che abbiamo provato. Sembra di essere tornati indietro, alle scosse, alla paura». Hanno tutti la porta aperta sul giardino curato dagli stessi residenti: un social del dolore. Al piano di sopra c'è Lidia Rancitelli: «Ho dovuto cambiare canale, non ce la facevo più a guardare. E' esattamente come ciò che abbiamo passato noi. Sono vivissime quelle sensazioni, soprattutto per chi come me è uscita dalle macerie. Sembra di ricominciare ancora da zero. Solo noi, forse, possiamo capire davvero che significa».
Qualche chilometro più su, a piazza d'Armi, la zona che ospitò la più grande tendopoli, c'è la chiesa di San Bernardino costruita dopo il sisma. Alle 18 in punto, in contemporanea con Amatrice, padre Quirino sale sull'altare e recita una breve messa, radunando gli ospiti dalla mensa dei poveri. «Ricordo il funerale delle nostre vittime dice pensavo di aver rimosso ogni tipo di paura, nonostante sia uscito illeso in maniera rocambolesca. Quando ho sentito la scossa si è riaperto tutto. Ho fatto la stessa invocazione per i ragazzi di Amatrice, oggi come allora».

L'INTIMITÀ - L'Aquila sceglie l'intimità del dolore. La gente assiste al funerale nelle case, non altrove. Città vuota, locali vuoti a partire dalle 18. «Sempre lo stesso dramma, immutato dicono Linda De Simone e Arturo Di Pompeo, entrambi pensionati - è un trauma che ti rimane dentro per tutta la vita». Antonietta Centofanti ha perso il nipote Davide alla Casa dello Studente. Anche lei è davanti alla tv: «Ancora una volta il terremoto è stato clemente nella sua crudeltà: si è mosso di notte, alle 9 del mattino avremmo pianto 300 bambini della scuola crollata. La condanna deve essere totale. Già, i funerali di Stato... Io, ora come allora, avrei chiuso le porte per vivere da sola il mio dolore».
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