Del Grande: «Non chiamatemi eroe
La Turchia liberi tutti i giornalisti»

Del Grande: «Non chiamatemi eroe La Turchia liberi tutti i giornalisti»
Martedì 25 Aprile 2017, 14:25 - Ultimo agg. 18:23
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«Non chiedetemi perché sono stato rilasciato, non ho idea neanche di questo». A sole 24 ore dal ritorno in Italia il giornalista e videomaker Gabriele del Grande ha raccontato la propria vicenda ai colleghi ospiti questa mattina nella sede della stampa estera a Roma. Con accanto la moglie e il senatore Luigi Manconi, il regista di "Io sto con la sposa" ha raccontato i giorni della sua detenzione ma sono ancora tanti i dubbi che circondano l'arresto dopo cui Del Grande è stato costretto a passare 15 giorni in due diversi centri di identificazione: «È stata una situazione di sospensione del diritto» anche perché «né io né i miei avvocati abbiamo avuto ad oggi accesso al fascicolo e quindi non so dirvi il perché del mio fermo».
 



Di certo «non ero intenzionato ad andare in Siria e non sono stato fermato al confine o nei pressi del confine». Nel corso della detenzione, avvenuta in un centro «migliore dei tanti che mi è capitato di visitare in Italia», Del Grande ha raccontato di essersi «sempre rifiutato di rispondere alle domande sul mio lavoro che arrivavano da Ankara».

Nonostante questo «ho avuto un trattamento dignitoso, fermo restando che sono stato privato della libertà e mi è stata negata ogni comunicazione con l'esterno, sempre per ordini di Ankara». Anche sulla conclusione della vicenda restano alcune domande, visto che «sono stato rimpatriato senza neanche un foglio di carta. Non so neanche se è stato emesso un divieto di ingresso bei miei confronti». Infine un pensiero ai «174 giornalisti ancora detenuti in Turchia. Io sono il numero 175 e forse sono il caso più fortunato. Ci sono colleghi ancora in carcere e sotto processo e non solo in Turchia».


«Voglio esprimere il mio ringraziamento a tutti quelli che si sono mobilitati per me, che mi hanno dato forza in quei giorni. Ero in isolamento ma sapere che fuori c'era chi, a livello istituzionale e anche in piazza spingeva per la mia liberazione mi dava forza». Così Gabriele Del Grande incontrando i giornalisti della stampa estera a Roma. 
«Faccio appello (alla Turchia, ndr) perché liberi tutti i giornalisti - ha aggiunto - Non è accettabile essere incriminati per il lavoro che si svolge». Il pubblico «deve sapere» cosa succede nel mondo.  Sempre a proposito della sua vicenda: «Siamo stati fermati a Rihanli, lungo il confine tra Turchia e Siria - ha poi raccontato - in uno dei ristoranti più buoni della città.
Si sono presentati otto agenti in borghese che ci hanno mostrato un distintivo, e poi portato in commissariato. Non avevo alcuna intenzione di andare in Siria, il mio lavoro in Turchia era di ricerca, per scrivere un libro», ha sottolineato.

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