Amburgo, resta in carcere l'italiano arrestato a luglio: Amnesty protesta

Gli scontri di luglio ad Amburgo
Gli scontri di luglio ad Amburgo
Venerdì 17 Novembre 2017, 21:25 - Ultimo agg. 18 Novembre, 18:12
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Gli avevano detto che oggi sarebbe uscito, «ed era tutto contento...», racconta la madre. Invece, dovrà per ora restare in carcere Fabio Vettorel, il ragazzo italiano arrestato ad Amburgo a luglio, nei giorni delle proteste e degli scontri anti-G20. La vicenda giudiziaria del diciottenne di Feltre si è complicata nelle ultime ore, per l'ostinazione della Procura della città anseatica, che si è opposta ben due volte, nel giro di due giorni, alla decisione del giudice di accordargli la libertà provvisoria.

Un botta e risposta fra autorità giudiziarie, che ha contribuito a indignare la famiglia, la quale denuncia da tempo un accanimento sul caso del giovanissimo italiano. Non sono soli: perfino Amnesty International è intervenuta, facendo un appello per il rilascio e contestando l'abuso del ricorso al carcere preventivo. La decisione di rimettere Fabio Vettorel in libertà - è in carcere dal 7 luglio - era arrivata finalmente ieri, quando il giudice si era espresso positivamente, ponendo la condizione del pagamento di una cauzione di 10 mila euro. La procura si era però opposta al provvedimento, facendo ricorso e avanzando fra l'altro la richiesta che il tribunale attendesse la pronuncia sull'impugnazione. Proprio a luglio si era verificata la stessa dinamica. E stamattina, quando il tribunale del Land ha respinto l'istanza della pubblica accusa, la Procura non ha mollato la presa, e ha impugnato anche quest'ultima decisione (nel timore evidentemente che l'accusato fugga), davanti all'alta corte.

A questo punto il tribunale ha disposto che Fabio non potrà essere messo in libertà, prima della decisione della corte. «Ho un solo commento da fare. Fabio era stato preparato, gli hanno detto che usciva», ha spiegato la madre, Jamila Baroni, che da quattro mesi vive ad Amburgo, per poter stare più vicina a suo figlio. «Gli hanno fatto preparare le sue cose, lo hanno fatto uscire, lui era tutto contento. E poi lo hanno rimesso dentro», ha raccontato. «Ecco, questo è tutto quello che voglio dire».

Secondo l'accusa, Vettorel, che risponde di disturbo della quiete pubblica e del tentativo di causare danni medianti mezzi pericolosi, avrebbe fatto parte di un gruppo di 150-200 persone, vestite di nero e armate di oggetti pirotecnici e sassi, che avrebbe aggredito gli agenti di polizia impegnati a chiudere l'accesso al centro della città.
Accuse che la difesa e la famiglia respingono, perché del tutto inconsistenti: «In realtà nessun testimone ha riconosciuto Fabio finora, nessuno lo accusa di aver lanciato pietre, nessuno lo ha visto commettere un reato. È accusato di aver fatto parte di un gruppo, una parte del quale sarebbe responsabile dell'aggressione», aveva spiegato ieri la signora Baroni, definendo quello in corso «un processo alle intenzioni di Fabio».
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