«Corri contro la violenza,
una speranza c’è...»

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di Maria Luisa Iavarone
Lunedì 21 Maggio 2018, 08:00
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Ho trascorso le ultime settimane visitando territori, andando nelle scuole, nelle associazioni, nelle sedi comunali e nei dibattiti civili, cercando di non tralasciare nessuna comunità, provando a non far sentire nessuno solo. In questo mio peregrinare mi sono imbattuta in una esperienza invalicabile: sono stata invitata da Ornella Favero nel Carcere di Padova. Mi ha accolta una platea di oltre 500 detenuti, alcuni in regime di 41/bis “fine pena mai”, storie di detenzione al limite, senza limite. Volti e sguardi reclusi in ristretti orizzonti di senso in cui, anche il loro percorso di redenzione, appare un vicolo cieco. Eppure, ho parlato a lungo con loro, con Antonio, in particolare, che oggi ha 29 anni, condannato all’ergastolo quando ne aveva 22. Mi ha spiegato che quando ha cominciato il progetto del giornale in carcere vi ha preso parte senza crederci, solo per approfittare di un paio d’ore a settimana fuori cella. Mi ha spiegato che per lui non aveva senso cambiare tanto, non sarebbe uscito mai di lì, e quindi nessuno si sarebbe mai accorto del suo cambiamento. Poi, dopo molti mesi, Antonio ha cominciato a cambiare. Oggi è testimone nelle scuole. Racconta ai giovani che redimersi, toccare i propri errori e affondare nella propria anima è dirimente, serve per liberarsi dai propri demoni e questo aiuta, anche per continuare a vivere in quattro mura. Pochi anni di rabbia, violenza, ebbrezza in cambio di un’intera vita, la propria, e di quella delle sue vittime. Eppure, negli occhi di Antonio, ho letto la SPERANZA di un ragazzo intelligente che sta riprendendo gli studi e che il prossimo anno sogna di iscriversi all’Università.

Ancora in questi ultimi giorni ho scoperto in rete una produzione di un docu-film ispirato alla “paranza dei bambini”, che narra la storia vera di ES17, Emanuele, un giovane baby-boss, ancora minorenne, che inizia la scalata nel mondo della camorra. Un destino segnato come si dice. Molte storie in una sola. Un ragazzo intelligente che sbaglia ed ha l’opportunità di cambiare in una comunità per minori; istituzioni affaticate, perse in un mare di singole storie criminali fino a perderne il senso; una storia d’amore che nulla può fare contro il delirio di questo killer bambino. Un racconto che dura circa tre anni, per una vita stroncata a 19 da un colpo di pistola. Gli occhi vuoti e fermi come un lago di un cadavere portato a spalla che si vede nelle telecamere di sorveglianza del pronto soccorso. Una breve trama, consegnataci dal telefonino della giovane compagna di Emanuele, che tiene vivo il ricordo del proprio amore, attraverso la testimonianza del dolore, della solitudine disperata e del faticoso cammino di SPERANZA che lei e i suoi due figli dovranno fare verso un destino diverso.

Vi consegno, infine, un’ultima riflessione. Lo scorso 9 maggio sul lungomare a Napoli si è tenuto il concerto di Liberato. Un appuntamento estremamente atteso dai giovanissimi. Arturo avrebbe voluto essere tra quelli che ci sono andati. Ma le faticose attese e le grandi folle gli danno ansia e vi ha rinunciato. Io non sapevo nemmeno chi fosse Liberato, mi sono incuriosita e ho cercato di capire. A di là di tutti gli articoli di stampa e dei social che parlano del misterioso cantautore, ho trovato assolutamente sorprendente che 10.000 ragazzi si riunissero sul lungomare di Napoli, pacificamente, non a notte fonda, per ascoltare un rapper che al posto del trito cliché della violenza metropolitana senza uscita, raccontasse storie d’amore. Banali magari, ingenue, forse, ma assolutamente virali ed efficaci, visto l’effetto. Parole d’amore e dunque di SPERANZA.

Proprio su quel lungomare il 27 maggio si terrà un pezzo del percorso di “Corri contro la violenza” (http://billetto.it/e/corri-contro-la-violenza-biglietti-288984) la minimaratona promossa dall’Associazione ARTUR insieme al Comune di Napoli, alla Regione, al CONI e all’Università Parthenope con la presenza delle scuole, dei centri di promozione sportiva, degli sportivi professionisti ed amatoriali e di tutti i cittadini di ogni età che avranno voglia di sottolineare con la loro partecipazione l’impegno contro la violenza. Soprattutto il tentativo di introdurre in città un “metodo” che, dal basso, metta assieme istituzioni e cittadini e promuova concretamente cambiamento negli atteggiamenti e nel modo di affrontare i problemi.

L’idea è che si debba adottare un approccio di sviluppo educativo locale attraverso il finanziamento di campi estivi per minori a rischio che consentano a dei ragazzi, che hanno già incontrato il percorso penale, di vivere una esperienza all’interno di beni confiscati alle mafie e gestiti da “Libera”. Il progetto ha trovato il sostegno della Fondazione Polis e di oltre 50 associazioni in città che hanno dichiarato la loro adesione oltre a numerosi testimonial del mondo dello sport, dello spettacolo e della cultura come Massimiliano Rosolino, Davide Tizzano, Patrizio Oliva, Gianni Maddaloni, Monica Sarnelli, Diego de Silva, Maurizio Di Giovanni, Marco Zurzolo, Peppe Iodice, Edoardo Bennato, Amaryus Pérez, Paola Saluzzi, Michele Placido, Mario Forlenza, Veronica Maya, Pino Maddaloni, Myrta Merlino, Tiberio Timperi, Patrizia Pellegrino, Amadeus, Ernesto Mahieux. L’esperienza che i minori, indicati dai servizi sociali del Comune di Napoli, faranno nei campi di Libera, consisterà in percorsi di coscientizzazione a contatto con testimoni privilegiati, vittime, operatori ed educatori che si dedicano a dare nuova vita ai beni confiscati alle mafie e nuovo senso alle storie dei ragazzi che ricadono nell’area penale.

Questo è l’approccio che a nostro avviso deve guidare la battaglia contro la violenza.

Allora tutti assieme il 27 maggio ci dobbiamo ritrovare in piazza, per sostenere l’impegno di un piccolo sforzo fisico e di un più grande impegno civile.

Quel giorno correrà anche Arturo. Un ragazzo che torna a correre, seppur ancora tra molte difficoltà fisiche, testimonia il ritorno alla vita e che una speranza c’è. Bisogna fare di tutto per riprendersi questa città, per vivere in sicurezza, per tornare a sperare un futuro di legalità e di sviluppo, per tutti.
 
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