Le mappe mancanti e i reportage del giovane Giancarlo Siani

di Giulio Cederna*
Lunedì 15 Febbraio 2016, 19:23 - Ultimo agg. 19 Marzo, 16:02
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I primi reportage pubblicati da Giancarlo Siani sul Mattino, nell’agosto del 1980, proponevano un viaggio tra i giovani napoletani (“i giovani e la città”); l’ultimo, apparso il 22 settembre 1985, poche ore prima che la camorra gli rubasse la vita, segnalava il fenomeno allarmante dei muschilli e la “sempre maggiore adesione di minori alle organizzazioni criminali”. Tra i due pezzi, un breve arco temporale di cinque anni, il giovane giornalista catapultato nella realtà incandescente di Torre Annunziata denunciava a più riprese il degrado delle scuole, il proliferare dell’evasione scolastica, la mancanza di strutture sportive e per il tempo libero, la carenza di spazi culturali, sorretto da un’unica convinzione: “Droga, camorra, sport, cultura: sono i filoni principali di un unico discorso: qualità della vita. In città e nel comprensorio ancora una volta si registra l’assoluta mancanza di iniziative culturali e sportive per battere sul piano sociale droga e camorra”. Parole quanto mai attuali trent’anni dopo, nel bel mezzo dell’ennesima “emergenza” annunciata, delle ennesime sparatorie, stese, regolamenti di conti, tra boss sempre più giovani, che minaccia da vicino anche i più piccoli: sono 21, ad esempio, i bambini sotto i 12 anni uccisi dalla criminalità organizzata e comune censiti dall’archivio della Fondazione Polis in Campania al 31 dicembre 2014 (5 dei quali nel solo comune di Napoli). Parole che sono alla base della sesta edizione dell’Atlante dell’infanzia a rischio di Save the Children, “Bambini senza. Origini e coordinate delle povertà minorili”. Il volume - consultabile a questo indirizzo   - esplora gli effetti diretti e indiretti dell’illegalità strisciante (mafie e corruzione) sullo stato di salute dei minori nel nostro paese, e mostra allo stesso tempo, se ancora ce ne fosse bisogno, il contributo decisivo dei fattori sociali, nonché della assenza di politiche, alla creazione di quel vero e proprio brodo di coltura del malessere giovanile e della devianza, nel quale attinge da decenni la criminalità organizzata. Scriveva Siani nel 1984: “Esaminando i dati nel dettaglio viene ancora una volta confermato il binomio emarginazione, arretratezza, evasione scolastica, delinquenza”. Proviamo a seguire le sue indicazioni mettendo in fila i nuovi dati dell’Atlante, tenendo ben presente che ogni numero, ogni poligono colorato (quasi sempre di rosso in Campania) è fatto di bambine e bambini in carne, ossa, sentimenti, aspirazioni per il futuro. In Campania, quasi un minore su quattro vive in condizioni di povertà relativa (2014), eppure qui la spesa dei comuni per i servizi sociali destinati a famiglie e minori è appena un terzo di quella nazionale (42 euro pro capite contro 113 euro della media, 2012). La quasi totalità dei bambini sotto i 3 anni (il 97,4%!) è esclusa da luoghi educativi strategici per lo sviluppo sociale e cognitivo come gli asili nidi o altri servizi integrativi, e le loro famiglie private di uno strumento fondamentale per favorire la conciliazione del lavoro femminile (fermo ai minimi termini, 27,5%!). Meno di un minore su tre pratica sport con continuità – quasi la metà della media nazionale! – e infatti la Campania detiene il record di bambini sovrappeso, quasi uno su due (il 47,8%!). In una regione in cui si continua a sparare per strada, nove classi della scuola primaria su dieci non offrono il tempo pieno, una fondamentale alternativa ai vicoli nei quartieri difficili.

Impressionano le povertà educative: più di un quindicenne su tre non raggiunge le competenze minime in matematica (il 35,8%, 10 punti in più della media nazionale), quasi sette minorenni su dieci tra i 6 e 17 anni non hanno aperto un libro nel corso dell’anno, mentre in tutta la regione non si trova una sola biblioteca specializzata per l’infanzia. E tutto ciò spiega almeno in parte perché ben centosessantamila giovani abbiano levato ufficialmente le tende dalla Campania tra il 2002 e il 2013, circa quindicimila all’anno, senza contare i tantissimi pendolari sotto i trent’anni che vivono e lavorano altrove, pur mantenendo la residenza nella regione d’origine. Purtroppo le aspettative di vita non sono rosee: nella sola provincia di Napoli, dove più di un minore su tre vive in un comune sciolto almeno una volta per mafia negli ultimi 17 anni, quasi un giovane su due è o risulta essere disoccupato. Si potrebbe continuare ancora, ma sarebbe controproducente. Si finirebbe solo per alimentare rabbia e rassegnazione. “Il guaio è che a un certo punto ti viene meno anche la speranza; ed è questa la cosa più terribile”, scriveva Siani. D’altra parte le mappe dei “senza” dei bambini, delle tante povertà minorili nella regione, erano in gran parte noti già allora, e raramente sono stati presi realmente sul serio dalle istituzioni, nazionali e locali. Ciò che manca, oggi come allora, è invece una mappa ragionata, accurata, multidimensionale, dei diversi servizi e livelli dell’intervento sociale, educativo e culturale. Uno strumento che permetta di conoscere e, se possibile, di integrare e valorizzare meglio le risorse sul campo, favorendo l’azione di rete tra realtà (pediatri, assistenti sociali, insegnanti, educatori, psicologi, attivisti, preti di strada, musicisti, eccetera) e programmi diversi, pubblici e privati, per la prima infanzia (ospedali, consultori, ambulatori, servizi educativi, spazi mamme, progetti mille giorni) o per l’adolescenza (scuola, extra-scuola, centri aggregativi, programmi scuola lavoro, movimenti giovanili, i Punti Luce aperti da Save the Children a Barra, Sanità e Chiaiano). E ancora, una mappa partecipata, una guida alternativa ai quartieri difficili, alle loro potenzialità e bellezze nascoste, ai servizi offerti dalle cooperative di giovani, realizzata con il coinvolgimento attivo dei ragazzi, notoriamente competenti in questi campi. Le tecnologie e le possibilità non mancano: web-map, applicazioni, story-map. Gli esempi nemmeno (si può vedere ad esempio www.torinobebi.it). In altre parole, anche la cartografia potrebbe dare oggi una mano a costruire quelle narr-azioni alternative dei territori di cui, proprio tenendo ben presenti i problemi, si sente un gran bisogno, anche per intercettare i più giovani. “Quartieri Spagnoli, il collegamento è subito fatto con la delinquenza, con la malavita, con il contrabbando delle sigarette, di droga, con la prostituzione femminile e maschile, tutte realtà effettivamente presenti… - scriveva ancora un giovanissimo Siani - Ma la volontà di cambiare, di mostrare anche l’altra faccia dei Quartieri si fa largo tra i residenti… si sentono proposte per la creazione di asili nido, consultori socio-sanitari, e poi ristrutturazione dei bassi, riassetto del territorio per la creazione di mercatini rionali, recupero del patrimonio artistico. Un quartiere, quindi, ricco di risorse da conoscere e da rivalutare per mostrare anche l’altra faccia”. Era il 7 settembre 1980.  
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Curatore dell’Atlante dell’Infanzia a rischio di Save the Children*
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