I dieci anni della Fondazione Polis
e la promozione dei beni confiscati

I dieci anni della Fondazione Polis e la promozione dei beni confiscati
di ​Vittorio Martone *
Lunedì 19 Novembre 2018, 06:00
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Quando dieci anni fa veniva istituita la Fondazione Pol.i.s., la Regione Campania si è dotata di un ente strumentale capace di cristallizzare una metodologia di intervento già avviata sin dagli anni Novanta e ispirata alle “politiche integrate di sicurezza e legalità”. Un approccio che mirava e mira ancora al conseguimento di una ordinata e civile convivenza nelle città e nel territorio, esercitato attraverso le competenze proprie dei Comuni, delle Province e delle Regioni, con l'aiuto e la partecipazione dei cittadini, del privato sociale e della società civile organizzata. In Campania, come in altre Regioni del Sud (e del Centronord), queste politiche devono misurarsi con il contrasto ai fenomeni criminali di stampo mafioso e con tutte le azioni da porre in essere per arginarli. Tra esse la Fondazione ha agito, da un lato, con il sostegno alle vittime innocenti di criminalità e ai loro familiari; dall’altro, promuovendo il riuso dei beni confiscati alla camorra.

Concentriamoci su questo secondo fronte, che ha visto la Fondazione Pol.i.s. impegnata nella valorizzazione della filiera del riuso, sviluppando azioni di sistema per rendere più efficace il riutilizzo dei beni confiscati alla criminalità organizzata. In particolare, Pol.i.s. promuove azioni di sostegno e accompagnamento allo sviluppo di qualificate modalità di gestione dei beni confiscati, anche attraverso attività d’impresa realizzata da soggetti del privato sociale. Facendo un bilancio dei primi dieci anni su questo fronte, è possibile individuare tre macro-assi di attività: la conoscenza (dati, mappatura, progetti di ricerca, formazione e sensibilizzazione); il supporto alla governance del sistema di amministrazione, direzionato verso i soggetti pubblici (regione Campania, Comuni singoli e associati, altri EE.LL.); il sostegno e l’accompagnamento alla valorizzazione del patrimonio confiscato rivolto ai soggetti del privato sociale (gli “enti gestori”, ma anche i “gestori potenziali”, per favorire il coinvolgimento di nuove realtà sociali nella filiera del riuso). Riassumiamone di seguito le esperienze principali.

Rispetto al primo macro-asse, la conoscenza del fenomeno – e la diffusione della conoscenza mediante sensibilizzazione e (in)formazione – sono stati vettori centrali dell’azione della Fondazione. Tra le attività poste in essere a tale scopo in questi 10 anni vanno annoverate l’estrazione ed elaborazione dei dati resi disponibili dall’Agenzia Nazionale e dalle altre fonti istituzionali, riorganizzati e analizzati sulla base delle esigenze conoscitive degli Enti Locali e/o dei soggetti gestori del privato sociale. Lo scopo è approfondire la conoscenza analitica dei patrimoni confiscati e approntare un quadro sempre completo delle esigenze del territorio in materia di ristrutturazione dei beni confiscati alla camorra. A questa attività si è affiancato il monitoraggio diretto dell’andamento della gestione di circa 120 esperienze di riutilizzo, 70 delle quali georeferenziate sul sito internet della Fondazione, con riferimento ai progetti interessati da finanziamenti pubblici (in primis quelli della Regione Campania) o di grande interesse storico e simbolico (raccolti nel rapporto Da Belle Idee a Buoni Progetti della Fondazione Pol.i.s., del 2013). Per avere contezza dello scenario trattato, la ricerca su I beni confiscati come opportunità di sviluppo, promossa dalla Fondazione unitamente a Libera Campania, tratteggia il quadro del riutilizzo in Campania con dati significativi: 78 pratiche di riutilizzo censite su tutto il territorio che in media occupano 5 persone, su cui operano mediamente 15 volontari e con 16.541 beneficiari complessivi. Sono state svolte poi ricerche in materia di misure legislative italiane ed europee, per offrire un quadro di riferimento normativo il più completo possibile.

Ai fini della conoscenza scientifica, la Fondazione ha operato anche siglando Protocolli con Università ed Enti di Ricerca, di cui l’ultimo con il Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università di Napoli – Federico II, in particolare con il LIRMAC (Laboratorio Interdisciplinare di Ricerca sulle Mafie e la Corruzione). Esso prevede progetti di ricerca su temi di comune interesse per la Fondazione e il Dipartimento federiciano. In questo quadro sono stati attivati tirocini formativi per laureandi e laureande e borse di ricerca sui temi delle vittime e dei beni confiscati. Sulla stessa linea vanno annoverati i Protocolli di Intesa Radio della legalità, quello tra Fondazione Polis e Manager Italia per il sostegno alle aziende confiscate alla criminalità organizzata e il Protocollo MIUR - Regione Campania per la valorizzazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata. Come premesso, la conoscenza della filiera della confisca è la base anche per le attività di sensibilizzazione e di (in)formazione. Sul punto, la Fondazione ha svolto costantemente incontri e tavoli di lavoro e di approfondimento con esperti di confisca e con soggetti che gestiscono i beni, nonché percorsi di formazione rivolti al mondo dell’associazionismo e del terzo settore. Tra questi, la Scuola Estiva su “Luoghi di legalità. Modelli e pratiche di innovazione sostenibile”, promossa con Libera Campania, Università di Napoli Federico II e Università di Salerno, con il patrocinio della Regione Campania.

Veniamo al secondo macro-asse, relativo al supporto alla governance del sistema di amministrazione e rivolto prevalentemente agli Enti Locali. Per contribuire al miglioramento della progettazione per il riutilizzo sociale dei beni confiscati, la Fondazione ha svolto un lavoro quotidiano di messa in rete degli Enti Locali, così da condividere le esperienze di gestione e di riutilizzo, supportando gli Enti destinatari dei beni confiscati nella individuazione delle migliori procedure per l’assegnazione ai soggetti individuati dalla Legge 109/96. Si è trattato dunque di un lavoro di raccordo tra le istituzioni chiamate a cooperare nelle suddette “politiche integrate di sicurezza e legalità”, in cui la Fondazione ha offerto assistenza tecnica per rendere maggiormente efficiente la governance della filiera in almeno tre direzioni: il supporto conoscitivo alla Regione Campania, per informare e orientare gli interventi di policy regionali in merito al riutilizzo ai fini sociali, anche in chiave di sviluppo locale; il supporto logistico alle amministrazioni comunali in merito alla mappatura dei beni presenti sul loro territorio e alle procedure di assegnazione; la promozione del raccordo con gli organismi istituzionali interessati alla confisca, in particolare con l’Agenzia Nazionale sui beni sequestrati e confiscati e la Commissione Parlamentare Antimafia, nonché la Commissione speciale anticamorra e per il riuso dei beni confiscati del Consiglio Regionale della Campania. Proprio con la succitata Commissione Consiliare regionale, la Fondazione ha partecipato attivamente alla costruzione della recente riforma della Legge Regionale sui beni confiscati, che disciplina le misure di intervento a sostegno del riuso dei beni confiscati (LR 12 febbraio 2018, n. 3). Ai sensi dell’art. 6 della nuova legge, la Fondazione Pol.i.s. sarà componente del costituendo Osservatorio regionale sull'utilizzo dei beni confiscati, potendo in tal senso rendere ancor più efficace la sua attività di promozione, consultazione e supporto delle attività di programmazione, monitoraggio e controllo nelle azioni di valorizzazione dell'utilizzo dei beni confiscati.

Veniamo così al terzo e ultimo macro-asse, concernente il sostegno e l’accompagnamento alla valorizzazione del patrimonio confiscato rivolto ai soggetti del privato sociale e della società civile in generale. In tal caso la mission della Fondazione è supportare le realtà istituzionali e sociali intenzionate al riutilizzo, diffondendo dati e informazioni sui beni e sulle procedure da seguire e promuovendo, laddove necessario, l’interazione tra le parti interessate (Comuni singoli e consorziati, privato sociale, ma anche Agenzia Nazionale Beni Confiscati, Regione ecc.). Su questo fronte, in questi primi dieci anni, la Fondazione ha monitorato nel complesso circa 120 esperienze, talune di successo, altre difficoltose. Dalle pratiche positive e dalle criticità sono emerse indicazioni assai utili per progettare nuove esperienze ed evitare di ripetere gli errori del passato. La georeferenziazione è in costante aggiornamento per avere contezza della “geografia del riutilizzo” in Campania e favorire la governance del sistema, ma anche per permettere l’animazione e la costruzione di una potenziale comunità di gestori. Al tal fine la Fondazione sta procedendo con una rilevazione dei fabbisogni dei gestori dei beni, i cui risultati saranno pubblicati entro fine anno.

Per contribuire al miglioramento della progettazione e del riutilizzo sociale dei beni, la Fondazione ha poi svolto diverse attività di accompagnamento dei soggetti sociali, che vanno dalla conoscenza delle procedure per l’assegnazione alla individuazione di forme di collaborazione tra i soggetti assegnatari; dalla diffusione di pratiche positive alla messa in rete dei soggetti gestori per la condivisione delle esperienze; dalla individuazione dei piani di promozione dei prodotti della confisca su scala regionale e nazionale al sostegno delle iniziative della Bottega dei sapori e dei saperi della legalità e delle imprese sociali che realizzano il noto Pacco alla camorra.

In questa esperienza decennale la Fondazione ha inteso favorire un approccio secondo cui il patrimonio confiscato alla camorra vada inteso non solo come strumento di repressione della criminalità organizzata, ma anche come opportunità di sviluppo locale. Il riutilizzo dei beni confiscati è considerato potenziale volano per uno sviluppo territoriale sostenibile e inclusivo, fucina di nuove possibilità di economia sociale e solidale, nonché veicolo di partecipazione civile e di costruzione simbolica di nuove identità territoriali. Rendere più efficiente il riutilizzo del patrimonio sottratto ai mafiosi funge da deterrente alla diffusione di comportamenti illegali, rendendo più efficace il contrasto, ma anche più estesa la disseminazione di buone pratiche di valorizzazione economica.

Tirando le somme, pur con le criticità che si ravvisano in tutto il Paese rispetto al riutilizzo del patrimonio confiscato, si può affermare che su questi macro-assi la Fondazione abbia fatto registrare risultati sufficientemente positivi, facendo della Campania un’esperienza comparativamente all’avanguardia, come ben testimoniato dal documentario “Di bene in meglio di male in peggio”, prodotto dalla stessa Fondazione. L’auspicio per i prossimi anni è proseguire attivamente in questi intenti.

* Responsabile Area Beni Confiscati Fondazione Polis
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