«Cooperativa Sociale Davar,
la lezione casalese oltre i clan»

«Cooperativa Sociale Davar, la lezione casalese oltre i clan»
di Salvatore Buglione *
Lunedì 16 Aprile 2018, 10:22
5 Minuti di Lettura
Casal di Principe, via De Gasperi n.1. Chi da anni utilizza il termine “casalese” esclusivamente per indicare l'appartenenza a una delle più potenti organizzazioni criminali del Paese dovrebbe almeno una volta passare in questa strada e fermarsi presso la sede della cioccolateria sociale “Dulcis in fundo”. Esempio lampante di cosa significhi una buona pratica di riuso di un bene confiscato alla camorra. E, nel contempo, luogo in cui l'accoglienza, la solidarietà, lo stare insieme e l'essere comunità la fanno da padroni. Ne parliamo con Tina Borzacchiello, presidente della cooperativa DAVAR, artefice di questa significativa esperienza di legalità e riscatto sociale.

Come nasce la cooperativa DAVAR e quali sono le sue finalità?
«La Cooperativa Sociale Davar Onlus opera dal 2002 sul territorio casertano, con particolare attenzione all’Agro Aversano. Si occupa principalmente di assistenza ad adulti con disabilità, con patologie psichiatriche, dipendenza da droghe, alcol e ludopatia. La mission della cooperativa Davar è incentrata sulle attività di promozione della salute e del benessere dei cittadini, con particolare attenzione ai soggetti svantaggiati, favorendo la creazione di condizioni di vita ottimali per gli utenti e per i familiari, tramite la cogestione dei budget di salute / PTRI residenziali e domiciliari. I componenti della Cooperativa Davar, durante questi anni di lavoro sul territorio, in particolare i soci svantaggiati, affacciandosi al mondo del lavoro hanno più volte subito discriminazioni, in quanto disabili. I nostri soci avvertivano un forte bisogno di autonomia, sentivano la necessità di impegnare il loro tempo in attività produttive e formative. E’ nata così nei componenti di Davar la motivazione a realizzare attività e progetti a sostegno delle famiglie e delle persone affette da disabilità, patologie psichiatriche e dipendenze, provando innanzitutto ad ascoltare i loro bisogni, al fine di rispondere in maniera coerente e costante alle loro esigenze di cura, supporto, integrazione e socializzazione».

In cosa consiste l'esperienza della cioccolateria sociale? Quanto è importante l'attività all'interno di un bene confiscato alla camorra?
«Nel mese di luglio 2011 la Davar ha stipulato con la società Agrorinasce il contratto di gestione di un bene confiscato alla camorra (sito appunto in via De Gasperi n.1 a Casal di Principe, ndr), ma le lungaggini della burocrazia hanno consentito ai membri della cooperativa di iniziare la loro attività solo nel 2015. Nel bene confiscato c’è la Cioccolateria Sociale “Dulcis in Fundo”, un vero e proprio laboratorio di cioccolato artigianale, nato per promuovere l’inserimento lavorativo e la riduzione dei fenomeni di emarginazione sociale nei confronti dei disabili, pazienti con patologie psichiatriche e con dipendenze da sostanze. La Cioccolateria Dulcis in Fundo è un luogo di formazione, produzione ma anche di socializzazione e di svago. Si rispettano i tempi degli utenti, i quali lavorano in ossequio alle loro possibilità, seguendo gli insegnamenti di un maestro cioccolataio che li ha formati attraverso un corso di lavorazione del cioccolato della durata di 3 mesi. Gli utenti, seguendo il principio della cucina terapeutica, apprendono le capacità di produzione, confezionamento e vendita del cioccolato, il cui odore ne stimola l’uso dei sensi, facendoli sentire partecipi a pieno di questo progetto. Gli utenti sperimentano anche la possibilità di lavorare in equipe, di avere una routine stabile, di costruire relazioni paritarie con i colleghi, traendo molteplici vantaggi da questa esperienza, che non può definirsi esclusivamente lavorativa. A tutto questo si aggiunge l’importanza e la significatività del luogo nel quale le attività si realizzano. Lavorare in un bene confiscato alla camorra ci investe di un compito fondamentale, quale continuare a contrastare i fenomeni di illegalità, promuovere iniziative di formazione e sensibilizzazione del territorio, trasmettere alle nuove generazioni un messaggio di speranza e di rinascita e di come in una terra spesso depauperata e maltrattata dalla criminalità organizzata possa invece nascere una bella realtà».  

Casal di Principe non è solo terra di camorra e la vostra esperienza lo dimostra:  occorre ancora molto per togliere agli abitanti di Casale brutte e ingiuste etichette? 
«Non è stato facile riuscire a costruire una rete di sostegno sociale, soprattutto nel nostro territorio vessato dalla costante presenza della criminalità organizzata, caratterizzato da diffidenza e scarsa presenza di associazioni, spazi verdi, luoghi d’incontro. Tutto questo ha reso ancora più evidente il meccanismo di emarginazione ed isolamento che spesso colpisce il disabile, temuto e percepito come pericoloso dalla società. Inoltre, gli abitanti di Casal di Principe sono ancora, giustamente, sfiduciati, intimoriti e arrabbiati. Credo che sia necessario partire da noi. Innanzitutto, continuando a realizzare percorsi di legalità, possiamo dare un messaggio di positività, in contrasto con le etichette negative che negli anni ci hanno attribuito, in quanto cittadini di Casal di Principe. Non è certamente semplice cancellare anni di attività illecite compiute da alcuni “personaggi”, che indubbiamente hanno segnato il nostro territorio, ma nel nostro piccolo lavoriamo costantemente per cambiare l’immagine del nostro paese». 

Un sogno, uno solo, legato all'esperienza della cooperativa DAVAR...
«Il mio sogno è trasformare la Cioccolateria Sociale Dulcis in Fundo in una Fabbrica di Cioccolato, dove non è la disabilità ciò che ci contraddistingue, bensì la qualità dei prodotti. Desidero che i ragazzi possano ricevere compensi adeguati al loro rendimento lavorativo in modo da sentirsi realmente autonomi e soprattutto non più cittadini di serie B, per avere quella dignità negatagli da sempre. Fortunatamente la nostra attività di produzione prosegue con successo, molte associazioni, anche del nord Italia, hanno mostrato interesse per quanto stiamo portando avanti. Abbiamo distribuito anche quest’anno le nostre uova ai detenuti del carcere di Secondigliano e di Poggioreale e ci auguriamo di continuare a crescere». 

Il sogno di Tina è anche il sogno di tutti noi.

* Responsabile Comunicazione Fondazione Polis
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