«Aspettando il tempo che passa»
la sfida del palcoscenico della legalità

«Aspettando il tempo che passa» la sfida del palcoscenico della legalità
di Ludovica Siani
Lunedì 27 Giugno 2016, 11:01
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La devianza minorile, espressa attraverso i più svariati canali della violenza, è un tema centrale e di stretta attualità. È quindi necessario intervenire, con piani in ambito preventivo ed educativo, per cercare di sottrarre i minori da un pericoloso circolo vizioso che non lascia speranza.

I laboratori del progetto “Il palcoscenico della legalità”, ideato e coordinato da Giulia Minoli, hanno avuto l’obiettivo di insegnare ai giovani dell’Istituto Penale per i Minorenni di Airola (Bn) un mestiere, attraverso cinque aree di specializzazione professionale legate al mondo dello spettacolo.

All’inizio erano in pochi a partecipare. La disillusione dei ragazzi, il timore di un progetto discontinuo, si scontrava però con la determinazione dei formatori conviti che insegnare loro un mestiere significasse renderli protagonisti di una crescita e di un riscatto. Un incontro a settimana, un percorso tutto in salita. Si è partiti dai linguaggi di scena: dalla scrittura all’interpretazione, dalla scelta della scenografia all’uso della luce come forma di linguaggio visivo, fino all’impiego dei suoni e delle musiche di scena.

I laboratori sono durati circa nove mesi e da questi incontri è nato “Aspettando il tempo che passa”. Attraverso le varie fasi della messa in scena e dell’allestimento dello spettacolo i detenuti hanno imparato a lavorare in gruppo, consapevoli di partecipare a un progetto comune. La costruzione drammaturgica, condensata nel laboratorio guidato da Emanuela Giordano, è stato il risultato di un “flusso di coscienza”. Dal lavoro di squadra, attraverso l’elaborazione delle competenze acquisite, la creatività del mestiere, la curiosità del gruppo si è giunti alla costruzione di uno degli elementi fondamenti della scena: un’altalena. Dal laboratorio musicale, condotto da Lucariello, è nato il rap “Aspettann ‘o tiemp che passa”.

La prima rappresentazione è avvenuta nel Teatro del ‘700 all’interno dell’IPM, che grazie al progetto, con il sostegno della Fondazione con il Sud e della SIAE, è stato dotato di un’attrezzatura tecnica in grado di garantire una vera programmazione all’interno del carcere.

“Aspettando il tempo che passa” è poi andato in scena al Teatro Nuovo, in apertura del Napoli Teatro Festival. All’allestimento dello spettacolo hanno partecipato due giovani, da poco usciti dal carcere di Airola. Ma solo per uno di loro possiamo raccontare un lieto fine: Daniele, lavorerà per un mese per il Festival e poi continuerà il suo percorso formativo sotto l’attenta e premurosa guida dei giovani attori del Nest- Napoli est Teatro.

Capire come intervenire, cercando di costruire nuove opportunità, implica una ricerca costante e che evita lo sforzo di fornire soluzioni già pronte. Il lieto fine di questa fase del progetto indica una direzione, non certo la fine del percorso. Evidenzia però che, intercettare le attitudini dei giovani che si trovano in conflitto con la legge e indirizzarle in attività professionalizzanti, può servire a diminuire la possibilità di recidive e può sottrarli alla devianza. La tempestività e la continuità dell’intervento contribuiscono a determinare l’esito finale. È necessario essere credibili e presentare alternative concrete per contrastare un sistema che alimenta, in tanti modi diversi, la povertà culturale e affettiva e la creazione di falsi miti. L’esperienza dimostra che bisogna andare avanti. Da settembre i laboratori de “Il palcoscenico della legalità” continueranno in Campania, con una nuova collaborazione tra il Nest e i laboratori di scenografia a Vigliena del Teatro di San Carlo. È un primo passo, ma la vera sfida è costruire una sinergia tra vari i progetti realizzati negli IPM con l’obiettivo di renderli permanenti. A volte per cambiare una vita basta un incontro. Il Teatro, con i suoi mestieri, può essere quell’incontro.
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