Buche, disagi e lavori fermi
il grande flop di via Marina

Buche, disagi e lavori fermi il grande flop di via Marina
di Davide Cerbone
Venerdì 16 Marzo 2018, 23:01
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Ovunque, il colore dominante è l’arancione delle reti che punteggiano il percorso come un fil rouge della precarietà. Due anni e mezzo dopo la prima picconata, via Marina è ancora l’immagine di una città che non riesce a cambiare passo. Una proiezione che l’escavatrice parcheggiata nel bel mezzo dell’incrocio con via Gianturco illustra plasticamente, manco fosse un monumento piazzato là in ossequio ad una cronica inefficienza.
L’ultima scadenza per la consegna dei lavori, nei due chilometri e mezzo che corrono tra via Amerigo Vespucci e via Alessandro Volta e lambiscono l’area portuale, era fissata per l’autunno dello scorso anno, quella precedente a gennaio. Sempre del 2017. Promesse superate dai fatti e dal tempo che, inesorabile, segna le tappe di un fallimento di cui non si vede la fine. Perché al danno di un disagio prolungato, per abitanti e automobilisti si aggiunge la beffa di una realizzazione quanto meno approssimativa. Lo testimonia Luigi Fiume, 70 anni, ex amministrativo all’ospedale Santobono: «Quella è la mia finestra», punta il dito verso una delle palazzine che affaccia sul cantiere. «Per due anni abbiamo avuto la casa piena di polvere, ci siamo intossicati. E questo per ritrovarci cosa? Lo schifo che vedete. E hanno pure soppresso il tram, che da quando sono iniziati i lavori non passa più. A proposito: più avanti, verso San Giovanni, hanno tolto i binari, ma dopo sei mesi mica hanno messo i nuovi. In Francia - continua il pensionato - per lavori così importanti vengono impiegati centinaia di operai e coinvolte sei o sette aziende. Qui, invece, c’è mezza azienda con sette, al massimo dieci operai. E adesso sono scomparsi pure quelli. Di questo passo, per vedere la strada finita ci vorranno altri due anni».
In effetti, la corsia che solca via Marina dividendo i due sensi di marcia, tra erbacce che spuntano dai marciapiedi, vecchi pali arrugginiti e un cumulo di terra che occupa per intero la corsia per i tram, è un deserto abitato dalla desolazione. E anche le duecento palme piantate lungo il percorso se la passano piuttosto male: molte versano in condizioni problematiche, mentre una giace senza vita sull’asfalto. «Non capisco perché hanno scelto le palme, che hanno bisogno di una manutenzione particolare, se non hanno i soldi per curarle. Ma dico io: se l’azienda degli autobus sta fallendo, come possiamo sperare che il Comune possa provvedere agli alberi?», non si capacita Ciro, che ha quarant’anni e fa il tassista. Poi si rammarica: «Molte cose che erano state finite, come le fermate dei bus, si stanno ammalorando. È un peccato». Insomma, prima ancora di essere finita la “nuova” via Marina mostra i segni di un declino prematuro.
Basta fare un giro in questa via crucis che se vuoi uscire dalla città per andare ad Est non ti puoi scansare per notare che molti tombini sono scesi sotto il livello della sede stradale, che sull’asfalto già si vedono i rattoppi, senza considerare gobbe e avvallamenti. Angelo Cimmino, 66 anni, funzionario dell’Ufficio scolastico regionale, abita lì di fronte. «All’inizio si disse che in cinque mesi e mezzo avrebbero finito, sono passati più di due anni e guardate qua: siamo in alto mare. Ma poi, oltre i tempi, quello che avvilisce è il modo di lavorare: avevano perfino piantato i lampioni sulla pista ciclabile». Poco più in là, due operai con le pettorine gialle piantano arbusti in un’aiuola incorniciata dal cemento, mentre altri due sono intenti a ripulire il terreno da lattine e bottiglie di plastica. «Tanto tra due giorni stiamo punto e a capo», scommette sfiduciato il signor Cimmino.
Ma il degrado avvolge tutta via Marina, tra palazzi sgarrupati, venditori ambulanti e rifiuti d’ogni tipo abbandonati a terra, dentro e fuori il cantiere. Spingendosi un chilometro più avanti, però, la scena addirittura peggiora. Dopo lo svincolo dell’autostrada, a Vigliena, comincia un altro mondo. Te lo racconta Antonio mentre prepara un caffè al di là del bancone di un bar. «Dopo il Ponte dei francesi, appena inizia corso San Giovanni, ci sono buche enormi e rifiuti di ogni tipo, soprattutto in corrispondenza della Croce Rossa. E dire che a cinquanta metri c’è l’Asia. Ma niente, il Comune se ne frega, ci ha abbondati al nostro destino», si indigna. Un destino fatto di amarezza e delusione. Qui, infatti, il tracciato per il tram è completamente da fare. Nell’attesa che si compia la speranza, il corridoio che occupa la parte centrale della carreggiata, delimitato dalle immancabili transenne, è diventato un deposito. Oltre le grate, lo sguardo incontra solo terra e pietrisco, mentre sopra la strada dissestata stanno impilati decine di lastroni di pietra grigia. Poco più avanti, seppelliti sotto vecchie transenne, trovi invece un paio di cartelli stradali, i cavi dei sottoservizi, tubi, cartacce, contenitori di plastica e copertoni, in una stratificazione dell’incompiuto che racconta meglio di qualunque parola questa storia di ordinaria frustrazione.
Maria Grazia Villani, titolare del “Bar Vigliena”, racconta: «La mia famiglia aprì cinquant’anni fa, ma adesso rischiamo di fallire. Questi lavori ci hanno letteralmente rovinati: negli ultimi due anni e mezzo, il nostro fatturato è diminuito del 70 per cento, abbiamo perso i clienti del lato di fronte e pure quelli che una volta si fermavano qui davanti, visto che ora lo spazio è poco. Guardate: stiamo senza far niente, ci guardiamo tra di noi». Suo fratello Luigi interviene: «Da oltre un mese non si vede un operaio. All’inizio erano sei o sette, comunque pochi per un’opera del genere. Poi, poco alla volta, sono stati licenziati. Ne vedevamo sempre di meno, ogni tanto parlavamo con loro, venivano a prendere il caffè. Quando ci siamo lamentati per i tempi lunghissimi, alcuni di loro ci hanno risposto che da mesi non venivano pagati. A quel punto - dice il signor Luigi - ci siamo arresi».
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