La Tirrenia, un uomo e una lunga stagione

di Francesco Izzo
Domenica 24 Marzo 2024, 23:30 - Ultimo agg. 25 Marzo, 06:00
3 Minuti di Lettura

Con la scomparsa di Franco Pecorini - l’uomo che fece grande la Tirrenia - tramonta forse definitivamente l’epoca di quei manager che per decennihanno gestito molte aziende in cuilo Stato aveva una partecipazione decisiva, e che svolgevano questa funzione pubblica con competenze, passione e determinazione.

Fattori che li rendevano, di fatto, insostituibili, a prescindere dal colore e dalla durata dei governi che si avvicendavano. Come nel caso di Pecorini, che fu nominato in Tirrenia a 43 anni, gestendo poi l’azienda per 26 anni di fila, mentre in Italia cambiavano ben 18 governi. Con la rapidità e la determinazione che hanno contraddistinto tutta la sua vita, fin dagli esordi Pecorini avviò un ambizioso e innovativo piano di rilancio dell’azienda rilanciata da subito con il rinnovo della flotta (la famosa serie Poeti e Strade), poi delle linee e del sistema di prenotazioni. Formando nel frattempo, nella sua sede a Napoli di palazzo Sirignano, una squadra di dirigenti, marittimi e impiegati amministrativi e commerciali che lo accompagneranno per trent’anni.

E, soprattutto, prima con la conversione delle navi, poi un gigantesco piano di ammodernamento della flotta, sostenendo l’attività di Fincantieri, che dal1993 avvia la costruzione dell’alta velocità navale, le sei navi traghetto della serie Bithia, il rilancio della Cantieristica Navale. Un sostegno decisivo per un’altra fondamentale azienda pubblica, che all’epoca non poteva contare sul mercato delle crociere, e a Castellammare di Stabia sviluppò quelle competenze che hanno poi contribuito alla crescita e allo sviluppo di tantissime aziende che oggi da Napoli esportano know-how e tecnologianel mondo.

È vero che proprio questa crescita determinò un aspro e duro confronto con l’armamento privato (durato a lungo) che - con molte ragioni - riteneva la concorrenza della Tirrenia “sleale” in quanto supportata dal pubblico, in diverse forme: dalle convenzioni tra Tirrenia e lo Stato ai vincoli stringenti sul numero di tratte che dovevano garantire la continuità territoriale, alle tariffe e anche alla qualità dei servizi erogati.

Ed è altrettanto vero che il carattere di Franco Pecorini non facilitava i rapporti con i suoi interlocutori: la sua schiettezza toscana lo faceva apparire burbero e spigoloso, anche a chi, come me, aveva con lui una certa familiarità (ma lo chiamavo sempre “dottore”, solo mio padre aveva l’ambito privilegio di chiamarlo Franco). Ma resta, al di là di tutto questo, il fatto indiscutibile che, sulla base di ritmi di lavoro forsennati, oggi sarebbero ritenuti insostenibili, Pecorini sapeva tutto dell’azienda che governava: quanti pezzi caricavano le navi, quanti passeggeri, quanto tempo era necessario per i lavori, come andavano gestiti i ritardi,le tariffe, insomma tutto!

E fu per queste sue enormi qualità professionali che alla Tirrenia, per decisione politica, furono incorporate tutte le compagnie regionali (Caremar, Siremar, Saremar, Laziomar), l’Adriatica e altre società che, con i loro pesi e vincoli, contribuirono ad appesantire progressivamente i conti diTirrenia. Il resto è storia nota: quando armatori del calibro di Aponte e Grimaldi decisero di investire con determinazione nel settore Ro-Ro/Pax, costruendo navi più belle e confortevoli Fast Cruise, sul mercato la sfida di Tirrenia risultò inevitabilmente perdente. Ma possiamo certamente dire che, se oggi il gruppo Aponte e il gruppo Grimaldi sono divenuti i più grandi armatori del mondo, il confronto e la sfida con il coriaceo manager pubblico Franco Pecorini hanno anche contribuito a rafforzare una filiera, quella della Cantieristica Navale, che è oggi il vanto della nostra città e della nostra regione.

© RIPRODUZIONE RISERVATA