Tre soldati americani sono stati uccisi da un kamikaze dell’Isis nella città di Manbij nel nord della Siria. La notizia è motivo di imbarazzo per Trump, rimproverato dai suoi oppositori per la decisione di ritirare i soldati da quel Paese martoriato. La paura di fondo è che in Siria possa verificarsi la stessa situazione che si è verificata in Iraq, dopo che Obama aveva completato il ritiro delle truppe nel dicembre 2011. Senza il sostegno americano, il governo iracheno perdeva ampie porzioni di territorio a vantaggio delle milizie di al Baghdadi. Questo è un argomento in favore degli oppositori di Trump, che tuttavia può sfoggiare una replica vigorosa. Siria e Iraq presentano infatti almeno quattro grandi differenze. La prima è che il ritiro delle truppe americane non lascia affatto la Siria in preda alle milizie dell’Isis. A contrastare i jihadisti vi sono infatti la Russia, l’Iran, le milizie sciite di Hezbollah e lo stesso governo di Bassar al Assad, che si consolida sempre di più con il passare del tempo, a cui bisogna aggiungere i curdi e la Turchia. Ne consegue che i critici di Trump non sono preoccupati da una nuova ascesa dell’Isis, bensì dalla fuoriuscita dalla Siria: Paese in cui vorrebbero rimanere per accrescere la presenza americana in Medio Oriente.
Siria, strage Isis: colpiti soldati Usa. Ma il ritiro resta
di Alessandro Orsini
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Mercoledì 16 Gennaio 2019, 22:45
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