Napoli, emergenza senzatetto:
viaggio tra il popolo degli invisibili

Napoli, emergenza senzatetto: viaggio tra il popolo degli invisibili
di Giuseppe Crimaldi
Martedì 15 Gennaio 2019, 00:00
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C’è chi si accontenta di quattro cartoni affastellati l’uno sull’altro e chi ha trovato tra i rifiuti un vecchio materasso umido e lercio. Chi per riscaldarsi appicca fuochi e chi mette a repentaglio la propria e l’altrui vita cucinandosi miseri pasti su fornelletti a gas vetusti e pericolosi. Tra cumuli rifiuti, o convivendo di notte con i ratti e scarafaggi che popolano aiuole e giardinetti mai bonificati (come al Molosiglio), un esercito di derelitti continua a sopravvivere nel degrado più totale.


Dalla Ferrovia a Gianturco, da via Marina a Chiaia e al Vomero, passando per il centro storico, la mappa della disperazione dei clochard italiani e stranieri che sopravvivono in città si fa giorno dopo giorno più densa e affollata. Questo viaggio nel tunnel della solitudine e del dolore non può non cominciare da Mergellina, da quel fazzoletto di verde che era diventato il rifugio del nordafricano assassinato sabato scorso da un connazionale per futili motivi.

Ebbene qui la vergogna è doppia. I vestiti, un materasso, i plaid sono ancora lì. «Zico» se ne tornava a dormire alle spalle di un piccolo fabbricato adiacente lo stazionamento degli autobus. Ebbene quel piccolo edificio ospita l’impianto di sollevamento delle «acque cloacali», fa capo alla Direzione centrale Ambiente, tutela e territorio del mare del Comune di Napoli. Mohammed El Hanati Sghir vi si rifugiava probabilmente quando il gelo si faceva pungente e quando iniziava a piovere. Lo testimoniano alcuni vetri rotti che oggi lasciano incustoditi non solo delicati macchinari di sollevamento delle grate a mare; ma anche quadri elettrici ad altissima tensione. Dove sono i dirigenti comunali? Come mai non un solo agente della Municipale si è mai accorto di questo scempio, segnalandolo al Comune? Le finestre rotte sono ad altezza di bambino: inutile sottolineare i pericoli che incombono su questa terra di nessuno.

Ma Mergellina non è un’eccezione. Nel cuore della «City», esattamente a metà strada tra la Questura e la caserma che ospita il Comando provinciale dei carabinieri, ogni sera si radunano decine di clochard. Italiani e stranieri. Bivaccano tra residui di cibo, bottiglie e contenitori di vino a buon mercato, stracci e cartoni. Tornano a Chiaia, sotto i portici del Chiatamone e di via Morelli sverna un’altra comunità di senzatetto. Molti di loro di notte si ubriacano e più di una volta per evitare risse e ferimenti sono dovuti intervenire i carabinieri in servizio al posto di guardia della «Ogaden», sede del Comando interregionale dell’Arma. Il degrado non risparmia neanche i portici della Galleria Umberto, di fronte al San Carlo. Al di là del tunnel della Vittoria, poi, a due passi dal Beverello ci sono i giardinetti del Molosiglio. Un altro sconcio: le aiuole al di qua e al di là di via Acton di notte si trasformano in cloache a cielo aperto e zone infestate da ratti: c’è chi va a fare i bisogni anche all’interno della bella fontana ormai senz’acqua e ridotta a immondezzaio. Nel tratto finale di via Marina c’è il Parco della Marinella, o meglio quel che di esso resta. Una baraccopoli con annessa discarica a cielo aperto popolato da emarginati extracomunitari e tossicodipendenti che campano in condizioni disastrose. Per riscaldarsi, appiccano il fuoco e solo poco tempo fa si rischiò la tragedia per un rogo che rischiò di uccidere gli occupanti di una capanna in cui dormivano in dieci.
 
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