Raid ai Baretti, aggressori incastrati dal Dna

Raid ai Baretti, aggressori incastrati dal Dna
di Giuseppe Crimaldi
Mercoledì 18 Aprile 2018, 23:19
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Inchiodati dalle telecamere di videosorveglianza e dal Dna. A poco più di tre mesi dalla notte di sangue che seminò il terrore nei vicoli del divertimento notturno di Chiaia, si stringe il cerchio intorno ai due presunti aggressori. Sono due 21enni già noti alle forze dell’ordine, finiti in carcere con l’accusa di tentato omicidio. Aggredirono - nella notte tra il 6 e il 7 gennaio scorso - a coltellate altri due ragazzi, di 18 e 19 anni. Nei confronti di un terzo giovane 26enne il giudice per le indagini preliminari ha disposto invece l’obbligo di firma al commissariato.

L’indagine. A identificare gli aggressori sono stati gli agenti della sezione di polizia giudiziaria del commissariato San Ferdinando, coordinati dall’ispettore Vincenzo Arrichiello e dall’allora dirigente Maurizio Fiorillo (nominato questore solo pochi giorni fa). Un’indagine da manuale: che ha saputo conciliare i metodi di investigazione tradizionali con le nuove tecnologie a disposizione degli inquirenti. Un ruolo determinante è stato pure svolto dagli esperti della Polizia scientifica guidati dalla dottoressa Imma Esposito.

Il raid. La follia dei tre delinquenti si scatenò nel cuore di un sabato sera. Poco dopo la mezzanotte due amici e una ragazza si trovavano in via Carducci, a pochi passi dal liceo Umberto - zona tradizionalmente sempre affollatissima nelle serate del fine settimana - a chiacchierare seduti su una panchina. C’era anche la giovane fidanzatina di uno di loro, che venne infastidita da uno straniero (presumibilmente dell’Est europeo e visibilmente ubriaco). Alla immediata reazione dei due amici - uno dei quali sferrò un pugno al molestatore - si sarebbe scatenata una rissa.

Ed ecco comparire il «branco», del quale avrebbero fatto parte anche i tre indagati: Emmanuel Dattilo e Vincenzo Spera, i 21enni finiti in carcere, e Francesco Palladino, 26enne (a quest’ultimo viene contestato il reato di favoreggiamento personale). Dagli insulti ai fatti, e poi le coltellate. Almeno otto, ma forse anche dieci-dodici giovani che si trasformarono in vendicatori e «sceriffi»; i quali scatenarono una furiosa reazione, quasi a voler dimostrare di essere i padroni del territorio. 

«Eravamo su una panchina a chiacchierare tra di noi a fine serata - raccontò il 19enne che venne ferito con oltre dieci fendenti in varie parti del corpo - Il mio amico cercò di difendere la mia ragazza dalle avances di quell’ubriaco: subito dopo ci allontanammo, e a quel punto venimmo circondati e colpiti». Coltellate al torace e agli arti, illesa fortunatamente la ragazza.

I riscontri. Le indagini scattarono immediatamente. Acquisiti i filmati della videosorveglianza (che si confermano uno strumento investigativo indispensabile), i poliziotti hanno proseguito alla ricerca di verifiche importanti. E qui entra in gioco la Scientifica. Individuati i profili e acquisito l’identikit dei presunti aggressori, gli esperti hanno lavorato sul materiale biologico - due magliette, un giubbotto e due pantaloni - trovati in occasione delle perquisizioni eseguite presso le abitazioni degli indagati. Da quegli abiti è stato estrapolato il profilo genetico. La quadratura del cerchio: perché questo ha consentito di rafforzare ulteriormente il quadro indiziario a carico dei due principali indagati per la presenza di sangue di una delle vittime su un giubbotto sequestrato a casa di uno degli indagati. «Il grave fatto delittuoso - sottolinea la Questura diretta da Antonio De Iesu - è certamente riconducibile al fenomeno della violenza giovanile di gruppo che trova il suo dissennato sfogo soprattutto durante i giorni che coincidono con il fine settimana».

Gli arrestati. Piccoli criminali, già noti alle forze dell’ordine. Quarantadue anni in due, 21 anni a testa. Giovani sbandati. I due arrestati - Emmanuel Dattilo e Vincenzo Spera - secondo fonti investigative si sarebbero resi protagonisti di alcuni «colpi» commessi a metà tra le truffe e le rapine in danno degli anziani. Entrambi sarebbero anche stati segnalati in almeno un paio di occasioni come consumatori di sostanze stupefacenti. 
Padroni del territorio. Ma l’aspetto che forse fa più riflettere, alla luce dell’esito delle indagini coordinate dal sostituto procuratore Salvatore Prisco (in forza alla sezione Reati predatori della Procura guidata da Giovanni Melillo), è un altro. Ed è rappresentato dalla cosiddetta «causale» del tentato omicidio dei due giovani a ridosso della zona dei baretti di Chiaia: una gratuita reazione alla difesa della giovane importunata dallo straniero ubriaco che i due feriti tentarono di porre in essere. Dalle indagini è emerso infatti che gli aggressori non conoscevano nemmeno quell’uomo ubriaco (poi svanito nel nulla). Il che dimostra come i violenti volessero quasi marcare il territorio, assurgendo a «controllori» di una zona densamente popolato da comitive di giovani.
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