Quel debito da contenere per dare forza alla crescita

di Enrico Del Colle
Mercoledì 20 Marzo 2024, 23:13
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Per operare in modo fruttuoso ci si affida, spesso, a teorie economiche di sostegno, perché esse, se ben “adattate” al fenomeno concreto, ne riescono a spiegare l’andamento ed i potenziali effetti che si generano. Ad esempio, c’è una grande attesa per le decisioni della Bce circa la possibilità di ridurre i tassi di interesse nei prossimi mesi. Se fosse confermata, si tratterebbe della “matematica” conseguenza del rallentamento del processo inflazionistico in atto e convergente verso il target (più 2%) della Banca centrale.

Soffermandoci su questo tema, in Italia constatiamo che i dati definitivi sull’inflazione di febbraio (rispetto a gennaio) “certificano” l’ormai consolidata diminuzione, con una precisazione da fare e che induce ad un prudente ottimismo: registriamo, infatti, come il pressoché stabile andamento dell’indice generale dei prezzi al consumo (soltanto più 0,1%, fonte Istat) sia dettato dalla sintesi tra il calo dello 0,2% dei prezzi dei beni (che “pesano” quasi il 60% della spesa complessiva) e l’aumento dei prezzi dei sevizi (più 0,4%); ciò vuol dire che si contraggono i costi delle voci di spesa più impattanti e questa è, per i cittadini, una buona notizia.

Forti di questa “congiuntura inflazionistica” favorevole, appare importante poter comprendere quali debbano essere gli scenari comportamentali del governo - e se essi possono ispirarsi a concetti economici di base - per rafforzare la crescita ed essere più competitivi, alla luce delle già buone performance dei principali aggregati economici e finanziari che i mercati internazionali stanno valutando in modo positivo: la tendenza decrescente dei tassi di interesse sui prestiti che sembra rinforzarsi, il debito pubblico che mostra segni di un’incoraggiante decelerazione - in sintonia con il nuovo patto di stabilità - e l’occupazione che ha raggiunto, per la prima volta, una quota prossima al 62% delle persone in età, cosiddetta, lavorativa. Queste sono dinamiche evolutive che, se “conservate” nel tempo, possono garantire al Paese un periodo di “vivacità” economica in grado di realizzare, ad esempio, l’agognato programma di riduzione delle tasse, soprattutto per il ceto medio, già avviato dal Mef.

Tuttavia, per fare tutto ciò occorre garantirsi delle risorse, senza però indebitarsi, né tantomeno aumentare il prelievo fiscale (ricordiamo che la pressione fiscale assorbe il 45% del Pil). Quindi, per crescere e con i conti realisticamente in ordine, manca all’appello soltanto un piano di revisione (e riduzione) della spesa pubblica la quale, in continua crescita, assorbe ormai quasi il 55% della ricchezza prodotta.

Diciamo subito che l’incremento della spesa pubblica non è un problema soltanto italiano (la spesa pro-capite è pari a poco meno di 17mila Euro, in linea con la media Ue, fonte Eurostat) e le ragioni di questo fenomeno sono diverse da Paese a Paese. In aggiunta a ciò, non stupisce come non sia facile individuare una “legge” economica alla quale far riferimento per contrastare con efficacia la crescita della spesa pubblica. Possiamo, però, segnalare alcuni risultati, espressione di fatti concreti di particolare significatività, idonei ad indirizzarci verso una conclusione favorevole: nei primi 9 mesi del 2023 le uscite correnti delle Amministrazioni pubbliche sono state pari a circa 680 miliardi, con un incremento di oltre il 4% su base tendenziale, ma non compensato dalle entrate correnti che, nello stesso periodo, pur crescendo di quasi il 4%, si sono “fermate” a poco più di 650 miliardi.

All’interno delle voci di spesa quella maggiore, che sfiora il 50% del totale, viene destinata alle prestazioni sociali in denaro. Si tratta di prestazioni erogate a famiglie nell’ambito dei sistemi di sicurezza e assistenza sociale e nel sottolineare che i benefici di una data spesa sono noti ai beneficiari - mentre i costi sono spesso ignoti a quanti li sopportano - forse, con più cura nella distribuzione di questi sostegni, può individuarsi il modo di reperire risorse per attuare equi e proficui provvedimenti. Insomma, esaminare ed interpretare in maniera oggettiva la realtà aiuta a trovare le giuste soluzioni. Diceva Vilfredo Pareto all’inizio del secolo scorso che “Non c’è e non può esservi altro giudizio sulla verità di una teoria se non il suo accordo più o meno perfetto con i fenomeni concreti”! Non possiamo non essere d’accordo con l’insigne economista.

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