Bombe e roghi: i clan alzano il tiro

Bombe e roghi: i clan alzano il tiro
di Giuseppe Crimaldi
Sabato 16 Giugno 2018, 22:53
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Dalle stese alle bombe. Il raid messo a segno venerdì sera in via Toledo, dove un ordigno ha distrutto il bar «Le Shabby Cafe», provocando anche danni alla facciata del settecentesco palazzo Doria D’Angri, è solo l’ultimo segnale che descrive un pericoloso cambio di passo della camorra. Se fino a ieri minacce, messaggi intimidatori e agguati venivano affidati al piombo delle pistole, oggi questo episodio fa sospettare un mutamento nelle nuove strategie dei più forti clan cittadini.
I TIMORI
Inutile nascondersi dietro a un dito: questa esaclation di violenza affidata al lancio di bottiglie molotov, bombe carta, ordigni rudimentali pieni zeppi di chiodi e polvere pirica non può che preoccupare gli investigatori. Qualcuno ha deciso di alzare l’asticella del pericolo. Ed è ormai chiaro - come dimostrano alcuni precedenti - che c’è chi ha deciso di trasformare anche il centro della città in qualcosa che ricorda da vicino una città di guerra. Napoli come Beirut o Kabul? Non siamo certo ancora a questo, ma la scelta di alcuni boss di affidare agli «artificieri» della camorra la pianificazione delle operazioni militari è chiara. Lo dimostra proprio il raid al bar di via Toledo: chi ha fatto brillare l’ordigno all’ingresso della caffetteria ha agito con modalità che richiamano metodi paramilitari o da guerriglia.
DOPPIO BINARIO
Così, come in un ipnotico gioco di specchi che deformano la realtà, la chiave di lettura dell’agguato di venerdì sera può essere letto e interpretato sotto più luci. Due, fondamentalmente, le piste seguite in queste ore dagli inquirenti (l’indagine è condotta dalla Squadra mobile della Questura sotto il coordinamento dei magistrati della Direzione distrettuale antimafia partenopea). Il primo scenario riporta al racket. Al sistema che - insieme con lo spaccio di droga - riesce ancora a fornire fiumi di denaro alle casse della camorra. Ai Quartieri spagnoli c’è chi sussurra che qualcosa, sia cambiato dopo la scarcerazione e il ritorno in libertà di Ciro Mariano, storico boss dei Picuozzi. Eppure l’ex ras dei Quartieri ostenta nel mostrarsi come un cittadino modello che si tiene lontano da cattive compagnie. Pur rimanendo monitorato attentamente, su di lui non comparirebbe un’ombra. Ma la pista del racket imposto da uno dei tanti, troppi gruppi attivi oggi ai Quartieri resta un elemento su cui lavorare. Il secondo scenario richiama invece alle delicate alchimie che sovrintendono le nuove alleanze delle camorre di città. Tanti gruppi criminali in pochissimo spazio portano, presto o tardi, a frizioni o - peggio ancora - a vere e proprie guerre. Ed ecco spuntare l’ipotesi alternativa.
IL «MODELLO SCAMPIA»
Negli anni 2004-2005 Scampia e Secondigliano rappresentavano il più poderoso modello criminale basato sulla vendita della droga. Per il controllo delle piazze di spaccio si sfarinò il clan Di Lauro, con la famosa scissione che portò a un feroce bagno di sangue. Furono allora gli «scissionisti» del gruppo Amato-Pagano-Marino a sperimentare la «soluzione incendiaria». Si dava fuoco a negozi, depositi, box e soprattutto alle abitazioni in cui vivevano i parenti del nemico. Le bombe avevano il compito di «sfrattare» nemici e loro familiari. 
Oggi quel modello potrebbe essere stato mutuato da altri clan in guerra. E qui veniamo al cuore del secondo scenario: che riporta alla faida in atto tra i Mazzarella di San Giovanni a Teduccio e di piazza Mercato contro i rivali del gruppo Rinaldi del Rione Villa (zona orientale). Uno scontro la cui vera posta in gioco è il controllo delle «Case Nuove», che restano sotto il controllo della famiglia Caldarelli (alleata dei Rinaldi). I titolari del bar dato alle fiamme l’altra sera sarebbero considerati, proprio dai Mazzarella, vicini (anche se non criminalmente) ai Rinaldi. E questo potrebbe aver indotto a compiere un’eclatante azione dimostrativa con tanto di bomba carta.
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