Le illusioni dell'Europa sul debito

di ​Giorgio La Malfa
Giovedì 18 Gennaio 2018, 22:33
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Prima le dichiarazioni del commissario Europeo Moscovici di martedi. Poi, ieri, il vicepresidente della commissione Valdis Dombrovskis e il report dell’agenzia Fitch. Bruxelles e il mondo della finanza hanno espresso preoccupazioni sulle prospettive delle prossime elezioni italiane e sui pericoli di una vittoria delle forze che vengono chiamate populiste o antieuropeiste. Difficile credere che queste prese di posizione siano state fatte nell’illusione di potere spostare dei voti a danno di queste forze. 

Né penso che si intenda dare un sostegno alle poche e stanche voci che ancora proclamano la necessità per l’Italia un’adesione più piena al disegno di ulteriore integrazione economica e politica. La stupidità non si può mai escludere del tutto, ma Moscovici, per rimanere al monito più autorevole, non è un funzionario o un tecnocrate europeo, viene da una lunga esperienza politica e quindi non può non sapere che interferenze di questo genere sono nella più favorevole delle ipotesi irrilevanti ai fini degli esiti elettorali, e più probabilmente controproducenti. Se non fosse chiaro da sempre, l’effetto delle dichiarazioni di Obama sul referendum inglese della Brexit dovrebbero avere chiuso definitivamente il capitolo. 

Dunque, l’obiettivo di Moscovici & c. non può essere quello di influire sul voto italiano. Ma allora da cosa nascono quelle dichiarazioni? Nascono in realtà dal desiderio di frenare la corsa alle promesse dei cosiddetti partiti europeisti che in queste settimane, alla ricerca dei voti perduti, potrebbero essere tentati di fare come gli altri e di raccogliere essi stessi dei motivi di critica all’Europa. Ed in parte esse nascono dalla necessità di mettere le mani in avanti rispetto al futuro governo che scaturirà dalle elezioni. Nessuno – sembrano dire – si illuda di poter avere dall’Europa un trattamento più favorevole. È un modo per non essere accusati domani di un pregiudizio verso l’esito delle elezioni. Dunque, Moscovici parlava non agli elettori, bensì ai futuro governo. 

L’Europa ci ricorda che all’indomani delle elezioni il primo problema non sarà mantenere le promesse mirabolanti di queste settimane fatte agli elettori, ma affrontare il problema del debito pubblico di cui oggi nessuno parla. Moscovici sembra dire: capiamo che voi oggi non vogliate parlare di questo, ma dopo le elezioni il debito pubblico sarà il problema su cui vi chiameremo a rispondere. Tutti, nessuno escluso. 

Che da questo punto di vista Moscovici abbia qualche buona ragione, anzi molte buone ragioni è un fatto. L’Italia ha rinunciato nei cinque anni della legislatura appena conclusa ad affrontare seriamente il problema del debito Nonostante fosse chiaro che vi erano condizioni assolutamente eccezionali – quelle della politica della Bce – che non erano destinate a continuare in eterno e che quando la politica della Bce fosse tornata alla normalità, l’Italia si sarebbe trovata con un costo e soprattutto con un problema di collocamento del debito pubblico di non facile soluzione, i governi che si sono succeduti non hanno fatto nulla. 

Ora siamo al dunque. Quando si costituirà il primo governo della nuova legislatura il quantitative easing sarà verso la fine e i tassi di interesse avranno ripresa o iun cammino ascendente – speriamo lentamente -. E l’Italia si troverà ad affrontare un problema che ha evitato di affrontare in questi anni e lo farà in condizioni più difficili. 
Da questo punto di vista l’Europa ha diritto di lanciare gli avvertimenti che lancia. Ma che cosa ha in testa? Se la Commissione Europea pensa che sia possibile in Italia una politica di ulteriore restrizione finanziaria, si illude. E’ vero che in questi anni i governi italiani hanno fatto meno di quello che le istituzioni eurpee si aspettavano da noi. Ma hanno pur tuttavia fatto delle politiche di rientro dal debito e hanno pagato un prezzo alto prima con il prolungarsi della crisi e poi con una ripresa lenta che è si e no la metà di quella dell’area dell’euro. Naturalmente una mezza politica ha dato mezzi risultati, cioè siamo cresciuti poco e non è sceso il debito. Se fossimo cresciuti molto sarebbe sceso il rapporto debito PIL, cosi come sarebbe avvenuto se avessimo continuato a tagliare come fece il senatore Monti. Fermandoci a metà strada abbiamo potuto fare uscire l’Italia dalla crisi, ma il debito ha continuato a crescere. 

A Bruxelles si illudono che all’indomani del voto vi sia un governo capace di dare un nuovo giro di vite alla finanza pubblica italiana? Questo è l’errore di Moscovici e dell’Europa in generale. Come fa l’Europa a non capire che essa deve contribuire a individuare una strada che veda insieme l’obiettivo di una più forte ripresa e di una riduzione dell’incidenza del debito. Perché se non potrebbe reggere una politica basata sulla crescita del deficit sic et simpliciter, altrettanto non funzionerebbe una politica tutta centrata sulla riduzione del debito. 

In realtà sarebbe possibile combinare crescita e riduzione del debito, purchè si guardasse al bilancio pubblico non su una base annuale ma su una base pluriennale. In questo caso si potrebbe fare una politica di sostegno della ripresa ed una politica di riduzione del debito. E magari la si potrebbe rafforzare con delle misure una tantum di riduzione del debito mediante cessioni del patrimonio pubblico. L’Europa dovrebbe incoraggiare un paese come il nostro a mettere a punto questa politica, e fissare dei paletti per evitare che un governo dopo averla varata se ne possa discostare. Dovrebbe immaginare incentivi e penalità per aiutarci a seguire questa strada, rinunciando all’illusione, non detta, che alla fine la minaccia di una crisi “greca” costringerà l’Italia, chiunque la governi, a mettere la restrizione davanti a tutto. Così l’Europa ha piegato la Grecia qualche anno fa. E’ questa l’idea dei vari Moscovici rispetto all’Italia? Vorremmo saperlo e vorremmo che i partiti politici discutessero seriamente di questi problemi in vista delle elezioni. 

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