Le bombe che risvegliano coscienze addormentate

di Paolo Mainiero
Mercoledì 16 Gennaio 2019, 22:45
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Dopo otto bombe ad Afragola, ci voleva la nona, a Napoli, per prendere coscienza che la camorra non è andata in vacanza né è stata battuta. L’esplosione che l’altra notte ha ferito la pizzeria Sorbillo nel centro storico ha fatto il giro del mondo, sia perché Napoli fa sempre notizia, nel bene o nel male, sia perché è stato toccato un simbolo della città e i simboli esercitano sempre un fascino che travalica i confini. E poi c’è di mezzo la pizza, che vanta numerosi tentativi di imitazione (e sopporta momenti di denigrazione) ma resta l’indelebile marchio di fabbrica di Napoli, al di là della oleografia che incauti critici provano a dipingere. 

Non è un caso, quindi, che la bomba esplosa in pieno centro storico abbia provocato la reazione della politica, assistendo anche in questo caso al rituale delle parole di circostanza. Certo, la solidarietà fa sempre piacere ed è importante che di fronte ad attacchi tanto violenti non ci si senta soli.

Tuttavia, sarebbe anche il caso di interrogarsi sul perché, da Afragola a Napoli, la camorra sia tornata a piazzare bombe e bisognerebbe domandarsi se, tra città e provincia, non si sia davanti a un calo di tensione politica e sociale rispetto alla lotta alla criminalità organizzata.

La pizzeria Sorbillo è sicuramente un simbolo e lo è ancor di più perché si trova a sua volta in un luogo di assoluto valore artistico e architettonico, quel centro storico che dal 1995 è patrimonio dell’Unesco e che negli ultimi decenni, grazie al coraggio di tanti imprenditori, è diventato il cuore turistico della città. Il suo recupero, finanziato con i fondi europei nell’ambito di un Grande progetto, è in fase avanzata ma molto ancora manca.

Lo scorso novembre l’Unione Europea ha stanziato per Napoli 868 milioni, 71 dei quali dovranno contribuire alla rinascita culturale e sociale di un’area nella quella vivono circa 85.000 napoletani. Una città nella città. Nel quadro di un vasto piano di sviluppo urbano, i fondi saranno utilizzati per migliorare gli spazi pubblici, i marciapiedi, le strade e le vie ciclabili e pedonali e dotare l’intero perimetro di copertura wifi e sistemi di video-sorveglianza. Il progetto ha anche l’obiettivo di tutelare e promuovere le piccole aziende specializzate nell’artigianato e di consentire a nuove imprese di stabilirsi nel territorio rispettando gli orientamenti dell’Unesco. È un progetto ambizioso e di lunga gittata destinato a integrarsi con quanto è sorto negli ultimi anni per la spontanea iniziativa dei tanti che ci hanno creduto e hanno investito nell’accoglienza (bed and breakfast e case vacanze), nel food, nei servizi. Centinaia di giovani hanno trovato sotto casa quel lavoro che tanti loro coetanei sono costretti a ricercare fuori. 

Tutto questo fermento può essere fermato da una bomba? Tutta questa voglia di emergere può essere lasciata al proprio destino? La politica, a Napoli come a Roma, è tenuta a dare risposte per mantenere accesa la fiamma della rinascita. Mettersi a giocare a rimpiattino tra chi parla di caso isolato e chi sostiene che la città è nelle mani della camorra non ha senso ed è fuorviante. La realtà è che le bombe ci sono e fanno male. Fa piacere che il ministro dell’Interno Salvini e il presidente della commissione Antimafia Morra si precipitino a Napoli. La mobilitazione dello Stato deve esserci, ma sia concreta, accompagnata da fatti e non parole. Così come è necessario che la città difenda il suo patrimonio, che è storico e culturale certo, ma è anche economico e sociale. Intorno ai Decumani girano oltre venticinque secoli di storia e ruota un giro di affari che ha ridato slancio a un quartiere e che per questo può far gola alla camorra. Proteggere, tutelare, aiutare chi ha scommesso e investito non è roba che riguarda pochi. Quando Gino Sorbillo dice che l’attentato alla sua pizzeria è un attacco a tutta Napoli, dice una verità sacrosanta e soprattutto richiama ognuno alle proprie responsabilità. Ecco, è il momento di esserci, tutti, in prima linea, a difesa dei nostri simboli e del nostro futuro. 


 
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