La nuova era di Carletto:
vincere da non favorito

di Francesco De Luca
Mercoledì 11 Luglio 2018, 22:50
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Mr Champions non aspetta i top player. Li ha già nella sua nuova casa, quella del Napoli. Ancelotti, tre volte vincitore del massimo titolo europeo, parte all’assalto della Juve con la squadra che Sarri ha plasmato in tre anni di lavoro, quasi completata con quattro acquisti. Ne manca uno: l’esterno destro. Cavani è «chiacchiera da bar» per De Laurentiis mentre il nuovo allenatore assicura di non aver mai telefonato ad alcuni dei suoi ex giocatori, top player di Chelsea, Psg, Real e Bayern. Ed elenca i suoi campioni azzurri, da quelli che hanno una storia internazionale al giovane Luperto, difensore centrale di 191 centimetri che ha vinto il campionato di B ad Empoli. Fa quasi effetto sentirne parlare da Ancelotti, che ha giocato in una delle migliori squadre della storia - il Milan di Sacchi - e ha allenato i club più forti. Ma è questa nuova “versione” di Carlo che piace e dà garanzie per il futuro.
Ancelotti è affamato di successi come i suoi uomini. È qui per vincere, lo aveva scritto sul suo sito e lo ha ribadito ieri a Dimaro, seduto accanto a De Laurentiis. Non si sono ascoltate promesse: Carlo ha stretto un sincero patto con Napoli, una città che lo aveva conquistato quando veniva da avversario al San Paolo. «In primavera vorremmo essere ancora impegnati su tre fronti e non giochiamo per arrivare al secondo posto». È piaciuta la sua concretezza. È allievo di Sacchi, ma anche di Liedholm e guarda all’essenza delle cose, senza far troppa filosofia, senza esasperazioni tattiche o mentali. E così il portiere bravo non è quello che gioca con i piedi, ma «quello che ha due mani per parare» (peccato che Meret si sia fermato per una frattura all’avambraccio). E i moduli non sono un rigido schema entro il quale far muovere gli 11 giocatori. Onore alla Juve per il colpo CR7, però c’è una indiretta constatazione in base a quanto si è visto ai Mondiali: «Non è un giocatore che fa la differenza ma un gruppo». E quello del Napoli è solido e brillante, perché altrimenti in cinque anni - il percorso è partito con Benitez, quando sbarcarono Reina, Albiol, Callejon, Higuain e Mertens - non vi sarebbero stati eccellenti piazzamenti e due trofei.
Sono questi risultati e questo gioco che hanno convinto Ancelotti ad accettare una proposta completamente differente da quelle sottoscritte fino a due anni fa, quando siglò il contratto con il Bayern Monaco prendendo il posto di Guardiola. Stavolta sostituisce il Pep italiano, Sarri, e lo fa con l’umiltà del grande uomo di calcio, rendendo onore a quanto il collega ha saputo costruire nel triennio napoletano. Fin dalle prime battute del ritiro a Dimaro si è visto un approccio diverso al lavoro: passaggi lunghi, maggiore verticalizzazione, più velocità. Non c’è soltanto Ancelotti davanti a una grande sfida - quella di non partire come favorito per lo scudetto e la Champions - ma ci sono anche i giocatori reduci dall’esperienza con Sarri. Sono apparsi così bravi grazie a quell’allenatore e a quel modulo oppure possono ripetersi, o migliorarsi, con un tecnico dalle profonde conoscenze e dalla grande personalità come Ancelotti? Chi li ha apprezzati in questi anni è convinto che possano ripetersi, o migliorarsi, uscendo dalla rigidità del 4-3-3.
Carlo è pronto ad alternare i moduli, proprio come farà con i giocatori. Non è casuale che abbia prospettato due ipotesi per la sostituzione di Jorginho: l’arretramento di Hamsik e l’impiego di Diawara, uno dei giovani trascurati da Sarri. La complessiva valorizzazione della rosa, inutilmente sollecitata da De Laurentiis negli ultimi due anni, è fondamentale per Ancelotti, che non esprime il minimo dubbio sull’organico, per dare forza a chi si affaccia in una grande piazza dopo aver vissuto in provincia (Inglese e Meret, soprattutto lui dopo l’infortunio che esclude il portiere dalla preparazione precampionato) o chi vuole vincere la sua scommessa dopo anni durissimi (Milik): è realmente convinto dei mezzi della squadra e vuole che la sfida sia accompagnata dalla passione di giocatori e tifosi. Le promesse, destinate a spegnersi, non funzionano e proprio perché ha vissuto in piazze caldissime Ancelotti sa quanto conti assumere un impegno coerente e convinto.
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