La lezione di Baggio: arbitri e calciatori, ci vuole più coraggio

Lunedì 12 Novembre 2018, 22:25
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Coverciano, nella scuola del calcio italiano che ha appena compiuto i sessant’anni di attività, Ancelotti ha dato un’altra lezione di stile.
Ha ripetuto pubblicamente, per la quinta volta, il suo pensiero sui cori offensivi (e razzisti, per quanto riguarda il Napoli) che si ascoltano negli stadi italiani. «Basta con gli insulti. Sospendiamo le partite se ci sono quei cori». Ma chi recepirà questo invito?
A parole, i suoi colleghi sono tutti d’accordo. Il presidente della Federcalcio Gabriele Gravina, colui che vuole rappresentare il nuovo dopo la gestione Tavecchio e il commissariamento, dice: «Difficile che si possano sospendere le partite». Difficile? E perché? Ci vogliono il buonsenso e il coraggio che, a proposito di gare giocate dagli azzurri, ebbero Irrati all’Olimpico in occasione di Lazio-Napoli del 3 febbraio 2016 (gli ululati dei razzisti ultrà biancocelesti dedicati a Koulibaly) e Giacomelli a Marassi durante il penultimo Samp-Napoli del 13 maggio scorso (stavolta lo stop per razzismo territoriale, come lo definisce nel suo gergo burocratico il giudice sportivo, ovvero quello nei confronti di Napoli e dei napoletani). Irrati e Giacomelli hanno applicato il regolamento, senza alcuna forzatura: avvisi attraverso lo speaker dello stadio e, non interrompendosi quei cori, interruzione della partita, «come è accaduto per dieci minuti sabato scorso a Genova a causa della pioggia», ha ricordato Ancelotti, che non riesce a capacitarsi - e fa bene - di questa vergogna negli stadi del Paese in cui è tornato ad allenare dopo nove anni vissuti all’estero vincendo tutto e ammirando la cultura, anche calcistica, di altri popoli.
Non è difficile che si possano sospendere le partite, come sostiene il neo presidente federale. Ci vuole la lucida forza di un arbitro o di un capitano che fermi l’azione - in caso di ripetute offese alla sua squadra o a quella avversaria - e consegni il pallone al direttore di gara. È un’opera di sensibilizzazione che dovrebbe fare anche il sindacato presieduto dall’ex centrocampista Tommasi. I calciatori non mostrino la loro «delicatezza» soltanto evitando di esultare se fanno gol alla squadra nella quale hanno militato, magari solo per un anno. La sensibilità è un’altra cosa ed è merce rarissima in questo mondo. Quasi trent’anni fa, nel 1989, il simbolo della Fiorentina Roberto Baggio disse ai tifosi viola che si sarebbe fermato in campo se avessero offeso durante una partita il 14enne Ivan, tifoso del Bologna, ustionato dal lancio di una molotov: il campione era andato a trovarlo in ospedale regalandogli un momento di gioia.
Se un grande personaggio del calcio mondiale come Ancelotti tira fuori l’argomento degli insulti con tanta insistenza, a difesa del suo mondo e della squadra che allena (la più odiata negli stadi del Nord), non bisogna trascurare la portata dei suoi interventi ma anzi farne motivo per riflettere e intervenire. La nuova Federcalcio sta creando aree per migliorare la gestione dei settori: bene, ve ne sia anche una che si dedichi alle violenze. È stavolta da apprezzare l’intervento del governo sui problemi del calcio, dopo l’aggressione a un giovane arbitro nel campionato di Promozione laziale, con la convocazione del presidente dell’Aia Nicchi da parte del ministro dell’Interno Salvini e del sottosegretario Giorgetti. Il capo degli arbitri ha risposto in maniera ferma dopo l’episodio di domenica scorsa bloccando le designazioni per le partite dilettanti del prossimo turno. È una reazione forte, come dovrebbe essere quella negli stadi se degli idioti razzisti espongono vergognose scritte o urlano disgustosi slogan. Abbiamo assistito in questi anni a molti interventi delle istituzioni politiche e sportive sul tema della violenza, fisica o verbale che essa sia. «Si pensa ancora che una partita di calcio sia una battaglia, invece è un evento e la maleducazione non deve più entrarvi», è la riflessione di Ancelotti, che sul palco di Coverciano era seduto accanto a Capello, il collega arrivato a dichiarare nove anni che il calcio italiano era ostaggio degli ultrà. È arrivato il momento di ripulirlo. Facciamo in fretta.
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