Juve-Napoli, l’inaudita bellezza della rovesciata e della speranza

di Giuseppe Montesano
Giovedì 19 Aprile 2018, 22:26
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Quando si è sollevato in volo e ha lasciato che la palla si infilasse elegante nella rete dei bianconeri non era solo, il calciatore che si chiama Simeon Tochukwu Nwankwo e che tutti chiamano Simy: non era solo Simy, perché con lui c’era la dea della bellezza che comanda i colpi di tacco e le rovesciate acrobatiche, perché con lui sognava l’Afrodite del calcio. Da dove sarebbe sbucato se no quel gesto che fa piegare, almeno su un ginocchio, la Vecchia Madama che tutto vuole e tutto compra? Non c’era storia nella partita tra il Crotone che lotta per non andare in serie B e la portaerei Juventus che lotta per vincere anche la coppa del sistema solare e lo scudetto dei buchi neri: non ci sarebbe stata storia se non fosse stato per l’apparire della bellezza. Che bizzarra divinità è il caso!

La squadra che più di tutte pratica il culto della bellezza, il Napoli, è stata incoraggiata a credere ancora in se stessa da un colpo ispirato alla bellezza: come se misteriosi incroci presiedessero ai destini del gioco. Negli ultimi anni non c’è niente in Italia di così meschino e povero quanto i trucchetti dei commentatori che dicono che sì, il Napoli è bello, ma che poi ci vuole cattiveria, che la vera squadra è la Juve che gioca male, che giocare male è benefico, che giocare bene fa male, che la bellezza è inutile e la bruttezza è divina. Eppure non ci sarebbe il calcio, se non esistessero gli artisti della sfera di cuoio, e non ci sarebbero nemmeno tanti commentatori, fintamente comprensivi e evidentemente ghignanti come piccoli Machiavelli da bar quando il brutto calcio della Juventus vince e il bel calcio del Napoli perde. Ma chi mai si sarebbe innamorato del calcio da bambino senza i Pelè, i Maradona e i Messi?

Per i bambini i grandi artisti che accarezzano il pallone come un’amante non sono nemici anche se stanno in un’altra squadra, i bambini li onorano lo stesso perché non sono ancora stati infettati dal culto della bruttezza, e così fanno anche gli adulti quando non si lasciano accecare dai pregiudizi. Se tutta la grande baracca del pallone esiste è solo perché il gioco del calcio arriva in alcuni momenti a somigliare a un’arte, a un concerto per violino e orchestra in cui il gesto virtuosistico tocca la poesia e ci fa sprofondare nella beata festa della bellezza superflua e indispensabile. Sì, il Napoli del Maestro Sarri è bello, anche ora che è stanco, anche ora che a tratti sembra sfiduciato, è bello e lo è in modo intelligente, e forse nessuno ha davvero realizzato che questa bellezza intelligente in fondo è anche utile, perché bisognerebbe ricordarsi che giocare bene è la sola risorsa di chi non ha portaerei e poteri alle spalle: e questo è un Napoli che le partite le vince, che ha spaventato e spaventa squadre mostruosamente utilitaristiche, e che con le energie contate che ha non solo fa il massimo ma a volte fa di più. La bellezza non è qualcosa di cui vergognarsi, ma è un potere che può sconvolgere e capovolgere le verità scontate, anche nel calcio: come ha fatto a Crotone il nigeriano Simeon Tochukwu Nwankwo, detto Simy. La bellezza ha salvato per qualche giorno il Napoli: lo porterà anche là dove dovrebbe stare se la supremazia del gioco fosse il metro con cui si vince un campionato? E chi può dirlo! Ora a noi tocca solo andare a Torino senza vergognarci di quello che siamo, senza vendere l’anima a qualche stolta strategia della bruttezza, ci tocca andare a giocare con Afrodite la bellissima nei piedi e con Atena l’intelligentissima in testa: gli dèi, anche quelli che guardano le partite, aiutano solo chi crede in loro…
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