Gravina: «Razzismo, i club intervegnano: è giusto chiudere le curve»

Gravina: «Razzismo, i club intervegnano: è giusto chiudere le curve»
di Pino Taormina
Martedì 9 Ottobre 2018, 23:03
4 Minuti di Lettura
Avrà pure 65 anni, Gabriele Gravina, tanta esperienza e non arriva certo da Marte: ha fatto parte dell’ultimo Consiglio federale ed era ritenuto un fedelissimo di Carlo Tavecchio. Ma chi lo conosce sa bene che non ha nessuna intenzione di diventare il simbolo di chi, nel mondo del calcio, non ha voglia di cambiare niente. Al contrario. Il 22 ottobre, alla guida della Grande Coalizione, si prepara ad essere eletto alla guida della presidenza della Federcalcio. Sarà una sorta di plebiscito. 

Gravina, il nostro è uno sport malato, nello stadio si dileggiano i vivi e i morti, si tifa per il fuoco del Vesuvio. Cosa farà?
«È vero, siamo alla mercé della legge del branco, di gente che va allo stadio per insultare l’avversario. Ma le norme ci sono, mi sembra che punire le società con la responsabilità oggettiva non sia una cosa di poco conto. Ma è evidente che i club possono isolare chi si rende protagonista di cori razzisti o di discriminazione territoriale. Possono e devono farlo». 

Giusto chiudere le curve?
«Sì, anche se dispiace che paghino tutti, anche quelli per bene. Perché sono pochi i maleducati che rendono gli stadi posti così poco ospitali. Ma la norma che porta alla chiusura delle curve è giusta soprattutto quando non c’è collaborazione da parte delle società a individuare i singoli colpevoli. Perché i maleducati possono essere anche pericolosi». 

Davvero è solo maleducazione?
«Non possiamo pensare che faccia parte della cultura del nostro popolo inneggiare al Vesuvio o urlare Napoli colera, o fare i “buu” ai giocatori di colore. Credo che il nostro lavoro debba partire dai settori giovanili, da un sistema in cui i ragazzini in mezzo al campo spinti dai genitori sugli spalti, offendono il rivale. Ecco, l’etica è uno dei nostri capisaldi». 

Fischiare la sospensione della gara come ha fatto Gavillucci per i cori contro Koulibaly in Sampdoria-Napoli è giusto o sbagliato?
«Non è una esagerazione. Le norme attuali puniscono i razzisti in maniera particolarmente tollerante. C’è la responsabilità oggettiva e continueremo ad applicarla se non c’è collaborazione da parte delle società».

De Laurentiis l’ha incontrata e ha pronunciato parole nei suoi confronti che sanno di endorsement.
«Anche io sono rimasto folgorato dalla sua finta lontananza dal mondo e dai problemi della Federcalcio. Sa tutto, di ogni aspetto. E sono contento che anche a Bari la sua famiglia stia portando avanti un progetto imprenditoriale serio, moderno, assai apprezzato da tutti. Il suo spirito imprenditoriale può essere da esempio anche per la Figc».

Anche lui lamenta la mancanza di una legge per gli stadi.
«E ha ragione. Pure quando dice che non è pensabile che si possa pensare di fare solo le partite perché per rientrare di un investimento così importante bisogna immaginare bar, ristoranti, parcheggi... insomma realtà che possono rendere 365 giorni l’anno. Non solo il giorno della partita».

Lei che pensa di fare?
«Si chiama “Stadio Italia”: affiancheremo il legislatore per superare gli intoppi legati alla burocrazia, provando a individuare dei fondi speciali. Perché non penso solo al restyling dagli stadi delle grandi città, ma anche ai piccoli stadi nei paesi».

Al Sud siamo messi peggio?
«Da meridionalista non pentito, come amo definirmi, devo dire di sì. Ma è l’Italia che è indietro rispetto alle altre Nazioni».

Napoli sta puntando alle Universiadi per il rifacimento delle sue strutture sportive. Lei pensa a qualcosa di simile?
«Nei prossimi giorni presenteremo la candidatura italiana per l’Europeo del 2028: serve l’entusiasmo per un grande appuntamento internazionale. E poi l’esperienza per non ripetere gli errori commessi nel 1990 e di cui portiamo ancora addosso le conseguenze».

Perché dal 2001 una squadra del Centro-Sud non vince lo scudetto?
«Questione di organizzazione. Ci sono società del Nord meglio strutturate.
Anche se adesso mi pare che il gap si stia riducendo».

Il 22 ottobre da presidente della Figc troverà serie B e Lega Pro nel caos. Che farà?
«Non posso che attendere le sentenze della giustizia amministrativa e nel frattempo chiedermi perché siano andati così avanti...».

Si riferisce al Coni e ai commissari Figc?
«Sì, c’era un format da 22 e non capisco perché con questa fretta è stato cambiato. E sono preoccupato. Perché a novembre rischio di ritrovarmi dei provvedimenti con i campionati che hanno già visto giocare 10-15 partite. Che cosa dovremo fare?».

Questa intesa Lega Pro e Dilettanti potevano trovarla a gennaio. 
«Vero, potevamo. Ma non è stato tempo perso, nonostante otto mesi di commissariamento hanno creato tensioni. Con Sibilia c’è un rapporto sincero, una alleanza che nasce sulla spinta delle nostre passioni. Insieme avevamo la maggioranza, ma volevamo una larghissima intesa che mettesse d’accordo tutti. Ci siamo riusciti».

Nel patto firmato, non c’è Marotta al Club Italia, però.
«Infatti è una mia idea. Ma non credo realizzabile».

Mancini non è il suo ct?
«Non lo è ma lo sarà, perché è un grande tecnico che io stimo. D’altronde, non poteva essere rinviata la sua scelta».

Gravina, ma Allan può giocare nella nostra Nazionale?
«Ma in generale, se ci sono le condizioni perché prenda il passaporto italiano e la sua voglia, perché no?».
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