Il dossier dell’imprenditore pentito:
«Tangenti anche al Pascale e all’Eav»

Il dossier dell’imprenditore pentito: «Tangenti anche al Pascale e all’Eav»
di Leandro Del Gaudio
Mercoledì 5 Aprile 2017, 23:55
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Avrebbe pagato tangenti anche al Pascale. Poi avrebbe provato a chiudere «rapporti commerciali» (espressione in codice per dire tangenti) negli uffici dell’Eav, solo che qui l’affare sembra sia saltato sul più bello. 

Senza contare poi i rapporti con alcuni militari della guardia di finanza, un capitolo a parte di quello che viene chiamato il dossier Coci. Dossier firmato Pietro Coci, il grande accusatore e reo confesso di una storia di mazzette che ha coinvolto in questi giorni alcuni dirigenti della Manutencoop, che avrebbero pagato il 2 per cento di un appalto di 11 milioni per le pulizie al Santobono e che ha dedicato anche un capitolo agli affari in Consip. 
Originario di Casoria, poca istruzione e molto cervello, si racconta così Pietro Coci agli uomini della Mobile del primo dirigente Fausto Lamparelli e del suo vice Mario Grassia. Uno scaltro che, messo con le spalle al muro, inizia a collaborare con la giustizia, tanto da elencare i punti su cui può riferire elementi utili alle indagini, ovviamente sulla scorta di un corposo materiale di indagine raccolto dalla Procura di Napoli. Intercettazioni, pedinamenti, atti acquisiti. Difeso dai penalisti Pasquale Coppola e Marco Imbimbo, Coci svela l’esistenza di un accordo a base di tangenti per l’appalto delle pulizie vinto dalla sua ditta tra il 2011 e il 2012. 

Il gancio al Pascale
Ci sarebbero stati accordi con uno dei responsabili dell’iter amministrativo del Pascale, su cui è logico pensare che ci siano verifiche in corso. Stesso discorso per quanto riguarda l’Eav, l’Ente autonomo che cura i trasporti, dove gli accordi hanno riguardato un altro appalto. Affare saltato - come ha spiegato lo stesso Coci - la Procura ora fa verifiche per verificare la condotta dei presunti soci occulti interni al Pascale. E non mancano i politici, nel dossier offerto da Coci. C’è un capitolo in cui si fa esplicito riferimento al voto di scambio, ai rapporti con soggetti politici intrattenuto dall’imprenditore delle pulizie. E alle possibili talpe di un sistema in grado di aggredire appalti e controllare procedure amministrative. Inchiesta coordinata dai pm Celeste Carrano, Enrica Parascandolo e Henry John Woodcock, magistrati in forza al pool della Dda guidato dall’aggiunto Filippo Beatrice, spuntano contatti con esponenti delle forze dell’ordine. Capitolo contatti proibiti, c’è la convinzione che Coci possa aver ricevuto informazioni riservate da uomini in divisa. E non sarebbe il solo in questa storia. 

Pericolo inquinamento 
C’è anche lo stesso sospetto per quanto riguarda un altro protagonista di questa vicenda, vale a dire per Giorgio Poziello, il capo degli infermieri del Santobono finito in carcere per le tangenti che avrebbe incassato per mettere in contatto quelli della Manutencop con il presidente della commissione di gara sul servizio delle pulizie. È il capitolo appoggi interni agli uffici giudiziari, che viene sottolineato dal gip Mario Morra nell’indicare le esigenze cautelari. Scrive il gip Morra: «Il pm evidenzia un pericolo di inquinamento probatorio che appare anch’esso estremamente concreto per la particolare scaltrezza e assenza di scrupoli del Poziello, il quale: codifica con Coci un linguaggio convenzionale per fissare incontri o per attivare altre utenze riservate, alcune delle quali “non intercettabili” assicurategli da appoggi interni agli uffici giudiziari». 

Parole in codice, come quelle approntate da Poziello nelle sue prime conversazioni con Coci. Sembra un prontuario, un modo per dare inizio a un rapporto per definire l’incasso di una tangente di 200mila euro (il 2 per cento degli undici milioni dell’appalto che la Manutencoop pagherebbe negli appalti pubblici), culminata poi nel versamento di «soli» 55mila euro. Cosa si dicono Poziello e Coci? Chiede l’imprenditore: ma io posso dire prendere un caffé? 

Prendiamoci un caffé
E la risposta è fin troppo esplicativa: «Secondo te che significa? Quando uno dice prendiamoci un caffé significa che devi prendere l’altro telefono, perché con quell’altro telefono siamo coperti al 100 per cento». E agli atti si va avanti con questo tipo di schermi e di escamotage per dribblare le indagini e per evitare di svelare troppo le carte nella trama di tangenti: «Allora noi dobbiamo fare una cosa, quando ci dobbiamo vedere al Vomero, ci vediamo in piazza Trieste e Trento, quando ci dobbiamo vedere in piazza Trieste e Trento ci vediamo al Vomero». Inutile dire che gli uomini della Mobile hanno pedinato e fotografato gli spostamenti di Poziello. E che le loro precauzioni non sono servite ad evitare gli arresti. Prossimi gli interrogatori di garanzia, a partire da Poziello (difeso dal penalista Marco Auriemma), per poi andare alle figure dei dirigenti coinvolti: martedì mattina sarà interrogato dinanzi al gip Morra Guglielmo Manna (difeso dal penalista Francesco Cedrangolo), che viene ritenuto uno dei punti chiave per la definizione della trattativa che prelude alla tangente. È l’avvocato del Santobono, il vertice del sistema amministrativo che avrebbe assicurato l’appalto alla Ati formata dalla Manuntencoop e quelli della Euro Service di Coci. 

Pronti ad essere convocati dinanzi al gip Morra, anche Pasquale Arace, presidente della commissione di gara ritenuta sospetta, finito ai domiciliari; e i vertici Adisu, Umberto Accettullo, e il dipendente Pasquale Greco. 

Tra violenza e non violenza
Scenario ancora aperto, come lascia intendere lo stesso giudice che ha firmato gli arresti. È stato il gip Morra a ricordare che «ciò che emerge dalle indagini in relazione alla posizione degli indagati è la commissione di condotte corruttive, non legate a contingenze episodiche o alla presentazione di occasioni particolarmente favorevoli, ma derivanti dalla convinzione di poter impunemente trarre illeciti arricchimenti dall’abuso delle funzioni pubbliche a loro assegnate». 

E non è tutto. È lo stesso giudice che indica l’esistenza di una sorta di camera di compensazione, come indicato due giorni fa dallo stesso procuratore aggiunto Filippo Beatrice. Ed è in questa ottica, che Poziello viene indicato come l’uomo di mezzo, o meglio, come «l’ago della bilancia tra malavita e buonavita». È il capitolo infiltrazioni criminali, quello delle presunte pressioni esercitata da Poziello, forte dei suoi contatti con un esponente del clan Polverino. Anche in questo caso sono le intercettazioni a parlare, come quando Poziello parla della «strategia della cattiveria», della «necessità di essere cattivi». 
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