Cremlino sordo ora al bivio tra ferocia e diplomazia

di ​Cinzia Battista
Sabato 23 Marzo 2024, 23:18 - Ultimo agg. 24 Marzo, 07:00
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È stato un attacco annunciato quello di venerdì sera al Crocus City Hall di Mosca da parte dell’Isis. I russi non hanno creduto agli americani che li avevano avvertiti di un possibile attentato terroristico. In tempo di guerra succede anche questo. Come si reagisce se l’acerrimo nemico prova a tendere una mano? Il Cremlino ha pensato bene di non fidarsi perché - secondo l’establishment russo - si sarebbe trattato sicuramente di una trappola nella quale non bisognava cadere.

La guerra purtroppo è anche questo, oltre all’odio per il popolo e per le idee del nemico, porta con sé alla diffidenza degli apparati statali antagonisti e, ovunque, si intravedono imboscate, complotti da non prendere neanche in considerazione. E Mosca questa volta, però, ha fatto male i conti. Lo scorso 7 marzo gli Usa avevano avvertito la Russia del rischio di attacchi da parte dell'Isis-K, lo Stato islamico dell'Iraq e del Levante.

Questo è un gruppo terroristico di recente formazione, è il ramo afghano dell'Isis e ha come scopo la creazione di un califfato che comprenda Iran, Afghanistan e Pakistan, con l’aggiunta delle ex repubbliche sovietiche, Turkmenistan, Uzbekistan e Tagikistan (sono stati sequestrati passaporti tagiki agli attentatori del 22 marzo).

Un grande pericolo per la Russia, proveniente dalCaucaso settentrionale che fa ricordare come l’ombra del terrorismo ha ossessionato Putin sin dal 1999, da quando, appena eletto primo ministro, promise ai russi che avrebbe “perseguitato i terroristi - allora erano quelli ceceni - dappertutto”. Poi sopravvenne la minaccia jihadista a diventare un tormento per i russi dopo il loro intervento in Siria nel 2015 a supporto dell’esercito del Presidente Assad che stava combattendo una guerra proprio contro i ribelli sunniti. E solo due settimane fa, l’intelligence russa aveva fatto sapere di aver eliminato una costola dell'Isis che progettava un attentato contro una sinagoga a Mosca per vendicare l’attuale intervento israeliano a Gaza.

Dopo gli avvertimenti al Cremlino di possibili attacchi terroristici, l'ambasciata americana insieme a molte altre occidentali, compresa quella italiana, avevano esortato i propri cittadini residenti a Mosca di evitare grandi assembramenti. E in un discorso all’agenzia di sicurezza federale russa, Putin aveva definito addirittura “provocatori” le segnalazioni dell’ambasciata statunitense, affermando che «tali azioni assomigliano a un vero e proprio ricatto e all’intenzione di intimidire e destabilizzare la nostra società».

Lo Zar si prese beffa di Washington non immaginando che presto avrebbe pagato a caro prezzo questo atteggiamento sprezzante. L’attacco terroristico a Mosca avrà importanti conseguenze sia sul piano interno che internazionale. In ambito nazionale, per Putin dopo i momenti di gloria della recente grande vittoria elettorale, l’offensiva subita dall’Isis è una batosta, è un danno non solo di immagine personale, ma anche un colpo all’apparato securitario del Paese che creerà incertezza e paura nell’opinione pubblica.

Lo Zar ha permesso che il suo impero venisse colpito proprio nel cuore della capitale, proprio lui che ha sbandierato sin dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina addirittura la minaccia nucleare, non è stato capace di difendere il suo popolo. Dal punto di vista internazionale, subito dopo l’attentato, Mosca ha puntato il dito contro Kiev che ha ribadito di essere estranea all’attacco. A Kiev può tornare utile tale situazione perché è una dimostrazione soprattutto agli alleati che il nemico tanto temuto può essere facilmente piegato a causa delle gravi faglie nel suo sistema di sicurezza. Quest’epoca di incertezza e caos globale che tutti noi stiamo vivendo a causa dei conflitti ibridi e asimmetrici scatenati dalla guerra madre voluta dalla Russia il 24 febbraio 2022, che ha portato alla corsa al riarmo e al riposizionamento dei tradizionali assetti geopolitici mondiali, adesso, in minima parte, la stanno assaporando pure i russi.

La guerra, fomentando solo odio, ha azzerato il confronto fra le potenze, ma solo l’apertura a un dialogo costruttivo può portare ai negoziatitanto agognati. I leader devono imparare ad ascoltare nuovamente la voce dei loro popoli, tale voce in Russia è rappresentata in primis dal seguito di Navalny che voleva, per la sua gente, la pace a tutti i costi: solo così si potrà porre fine al male che sta avendo ragione dei nostri tempi. Putin, parlando alla nazione, ha detto che il terrorismo è un male che «non ha nazionalità» e quindi tutta la comunità internazionale deve cooperare con la Russia per combatterlo. Ma lo zar si dovrà rendere conto, presto, che la guerra è la causa di tutti i mali alla quale solo lui potrà porre fine.

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