La parabola del capoclasse e la democrazia ammalata

di Giuseppe Montesano
Venerdì 9 Novembre 2018, 22:56
4 Minuti di Lettura
La notizia è di quelle sconcertanti: nella scuola italiana fare il rappresentante d’istituto o di classe non è più fashion. Più di metà degli studenti italiani, almeno a sentire un sondaggio di «Laboratorio adolescenza», dichiarano di essere del tutto disinteressati a partecipare alle elezioni dei rappresentanti, e quelli che hanno fatto l’esperienza da rappresentanti sono delusissimi. Vuol forse dire che la democrazia è in pericolo? O che il rappresentante non cucca più come un tempo? Misteri dell’adolescenza! 

Sembra di sentire i più fighi che dicono: mi si nota di più se faccio il rappresentante d’istituto e mi prendo rimbrotti dal preside e dai miei compagni, o se dico che fare il rappresentante d’istituto è per sfigati e per patetici tipi e tipe con gli occhiali? Ma sarebbe ingeneroso pensare cose simili dei pargoli italici, e per la verità una delle lamentele degli studenti eletti che sembra ragionevole è che le loro proposte non si realizzano mai, e che loro quindi vivono una profonda frustrazione per non poter accontentare il loro popolo: d’altro canto a questa lamentela le scuole, con presidi e insegnanti, sostengono che se gli studenti chiedono di fare un viaggio di istruzione, leggi «gita», di un mese, a New York o a Tokyo, allora è ovvio che le proposte non sono proposte ma fantasticherie indotte da un uso esagerato di prodotti vegetali inalati per combustione. Invece per alcuni pensatori da tivvù e esperti forever presunti della scuola è ottima cosa che i ragazzi non si interessino più di politica, perché non sia mai che i pargoli si sporchino con elezioni e programmi e voti di scambio basati su amicizie e cordate del sabato sera birraiolo: eh, peccato solo che quei pensatori e quegli esperti siano poi gli stessi, ma proprio gli stessi, che si lamentano perché una volta diventati adulti i pargoli non vanno a votare o votano a testa di… omissis.

E l’educazione alla politica, nel senso nobile di attività partecipativa alla cosa pubblica, che fine fa in tutto ciò? I decreti delegati introdotti in tempi di democrazia rappresentativa nelle scuole sono forse stati resi obsoleti dall’uno vale uno ma uno vale più di tutti quando a quell’uno gli gira? Misteri della matematica in nome del popolo dell’uno per uno che non fa sempre uno! Ma forse le cose stanno in una maniera che non può piacere a nessuno: i ragazzi che si battevano ieri per le elezioni scolastiche, anche assurdamente ma credendo in ogni caso nella democrazia, erano lo specchio di una società in cui gli adulti avevano ancora speranze nella democrazia come cosa di tutti: i ragazzi che oggi trovano poco glamour battersi per quel poco di rappresentanza che gli è data sono i figli perfetti di una società italiana in cui milioni di persone hanno scelto di non assumersi la responsabilità e il diritto di andare a votare. Gli adulti lo hanno fatto perché non avevano nessuno che li rappresentasse pienamente? Lo hanno fatto perché ritenevano che in ogni caso sarebbero caduti dalla padella alla brace? E chi lo sa: questo è terreno per esperti forever presunti e pensatori televisivi, non per cittadini che scoprono di essere comunque sempre vessati in nome dell’ingiustizia. Diciamolo a chiare lettere: è una pretesa ipocrita quella che vuole vedere nei giovani i capri espiatori di colpe che non hanno, e leggere nelle loro delusioni e mancanze di speranza le proprie delusioni; è ipocrita in maniera esponenziale chiedere all’istituzione scuola di risolvere i problemi che la società e la politica pongono a quella stessa scuola e ai cittadini che ci lavorano e ci studiano; è ipocrita in maniera iper-esponenziale tirare fuori il ruolo educativo della scuola dopo aver fatto di tutto per trasformarla in una sorta di mostriciattolo pseudo-aggiornato che non è né carne né pesce. Gli studenti che non vogliono partecipare al rito democratico declinano le loro responsabilità e fanno male, perché imparare a confrontarsi attraverso gli strumenti della democrazia li aiuterebbe a crescere. Ma quanto facevano male gli adulti che nel 1915-18 mandarono studenti di diciotto anni a fare una guerra che fu un inutile massacro? E quanto fanno male oggi gli adulti che promettono ai ragazzi un futuro radioso e intanto gli preparano un futuro miserabile? Che la democrazia rappresentativa non sia più fashion è una notizia terribile: ma a meditare sul perché stia accadendo questo comincino gli adulti, please.
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA