«Babygang, il mio incubo nel metrò: servono agenti a bordo»

«Babygang, il mio incubo nel metrò: servono agenti a bordo»
di ​Mariagiovanna Capone
Venerdì 19 Gennaio 2018, 22:33
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La brutalità delle aggressioni verbali, il fastidio del continuo sbeffeggiare, il timore che quelle mani provocatoriamente minacciose diventino violenti schiaffi e pugni. La prepotenza delle baby gang ce l’ha ancora tutta negli occhi Paola De Simone, giornalista napoletana e musicologa, docente al conservatorio «Carlo Gesualdo da Venosa» di Potenza, che mercoledì sera ha vissuto attimi di terrore a bordo di un vagone della Linea 1 della metropolitana che da piazza Garibaldi si dirigeva verso Piscinola. Con lei altre venti persone in balìa di un gruppetto di ragazzini che con ostinata arroganza hanno preso di mira e tenuto in ostaggio i viaggiatori con «continue provocazioni verbali e gestuali (toccavano borse, schiaffeggiavano teste o urtavano con forza alcuni passeggeri...)». Da questo episodio angoscioso è nata la petizione su Change.org per avere un «Agente di vigilanza sui treni della metro 1 di Napoli» che ha raccolto 13mila firme in meno di ventiquattro ore.

De Simone, vuole ripercorrere i minuti del raid della baby gang?
«Saranno stati sei-sette di loro. Adolescenti sui quindici anni che non appena saliti a bordo hanno tenuto in scacco almeno venti adulti. Hanno iniziato con provocazioni verbali, parolacce, prese in giro prima su uno poi su un altro: è toccato a tutti, anche a me. Avevamo paura di reagire, timore della reazione del branco. Anzi, dirò di più: c’era un signore terrorizzato da loro fin dalla permanenza sulla banchina, probabilmente li conosceva o era stato loro bersaglio altre volte. Aveva chiesto a un altra persona se sapesse se a Piscinola ci fosse la vigilanza e quando ha capito di no, si è chiuso a riccio, visibilmente spaventato».

Cosa è successo poi?
«Lo hanno preso di mira, beffeggiandolo, dandogli schiaffoni sulla testa e poi passando ad altri, tra cui due coetanei di mio figlio incontrati per caso. Avevano con loro gli strumenti musicali e il violoncello nella custodia ha scatenato le loro invettive. Ringrazio dio che non abbiano reagito, non so altrimenti come sarebbe andata a finire. Ho pensato ad Arturo, Gaetano e ad altri brutti episodi».

A reagire è stata solo una donna, giusto?
«Esatto, che hanno aggredito e schiaffeggiato. Per fortuna siamo arrivati alla stazione di Vanvitelli e siamo scese, anche se non era la sua fermata, segnalando al personale della stazione quanto stava avvenendo».

Perché ha deciso di lanciare la petizione on line?
«È diventato un atto naturale non appena mi sono resa conto che il racconto di questo brutale episodio sui social raccoglieva migliaia di like, centinaia di commenti e condivisioni. Però non amo le parole a vuoto, con il mio post su Facebook volevo porre all’attenzione di tutti l’assenza di sicurezza e tutela dei viaggiatori della metropolitana, soprattutto nelle ore serali. In passato ho già firmato petizioni online e ne conosco il valore, quindi mi sono detta perché non farlo anche stavolta».

Si aspettava di raccogliere oltre diecimila firme in un giorno?
«Sinceramente no, e ne sono molto contenta. Significa che i cittadini perbene sono stufi, che non ne possono più di questa violenza urbana ed esigono maggiore sicurezza».

Cosa farà delle firme raccolte?
«Non appena avrò raggiunto il quorum di quindicimila firme, le consegnerò al sindaco Luigi de Magistris, al prefetto Carmela Pagano, all’amministratore unico Anm Ciro Maglione e al questore Antonio De Iesu. Il senso della petizione è chiedere con forza la presenza di un agente di vigilanza a bordo di ogni convoglio, e che ritornino anche i presidi a ogni stazione. Forse non c’è la percezione del clima di terrore in cui viaggiamo sulla metropolitana e paradossalmente quando sono affollate ci sentiamo più tutelati. La paura sorge dopo le 20, quando sui vagoni siamo in pochi».

Come quando ha vissuto l’incubo, mercoledì sera...
«Abbiamo a che fare quotidianamente con violenza e pressioni non accettabili. Se saliamo sull’R2 sappiamo che ci sono quei tre-quattro borseggiatori che ci possono ripulire, ma sulla metropolitana che si arrivasse a essere in balìa di ragazzini, cui non puoi neanche dare un ceffone materno altrimenti passi un guaio, non l’avrei proprio mai immaginato in vita mia».
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