Agendo 2018 «In viaggio» al Mann: il racconto di Mauro Giancaspro

Agendo 2018 «In viaggio» al Mann: il racconto di Mauro Giancaspro
Martedì 7 Novembre 2017, 16:15
6 Minuti di Lettura

Viaggi materiali e immateriali, nuovi approdi temporanei o permanenti, incontri in viaggio, ri-partenze della vita: sono i protagonisti di agendo 2018 «In viaggio» l’agenda libro di Gesco Edizioni che percorre l’anno con tredici testi inediti e colorati acquerelli dell’artista spagnolo Pedro Cano, tutti donati per una finalità sociale. Per il 2018 il ricavato delle vendite andrà al gruppo appartamento L’altra metà del cielo per ragazze vittime di violenza, gestito dalla cooperativa sociale Etica.
 

 

I racconti di questa tredicesima edizione sono firmati da Sara Bilotti, Vladimiro Bottone, Vincenzo Esposito, Dino Falconio, Marco Perillo, Aldo Putignano, Michele Serio, Serena Venditto, Massimiliano Virgilio e per la prima volta da Rosalia Catapano e Angelo Petrella e dalla giovanissima scrittrice di origini nigeriane Sabrynex. Introduce i racconti Mauro Giancaspro con un dotto elogio dell’agendo.

Questa edizione ha il sostegno di Gesac, Società di gestione dell’Aeroporto di Napoli e la collaborazione della Fundación Pedro Cano e del Mann (Museo Archeologico Nazionale di Napoli). Il volume sarà presentato mercoledì 8 novembre 2017 alle ore 17 presso il Mann. Interverranno tutti gli scrittori, insieme con il presidente di Gesco Sergio D’Angelo, il direttore del museo Paolo Giulierini e l’amministratore delegato di Gesac Armando Brunini. Il progetto è a cura di Teresa Attademo e Ida Palisi, ha una nuova veste grafica curata da Studio Eikon, elastico di chiusura e copertina in cartoncino colorato. È disponibile in cinque colori: nero, lilla, bordeaux, blu intenso e beige.


Introduzione

Elogio dell’Agendo

di Mauro Giancaspro



Agenda o Agendo? Agenda è una parola che sa di latino, anzi è latina. Il vecchio latino sembra lingua più dimenticata che morta. Viene allontanato o ridotto all’osso dalla maggior parte delle scuole e un po’ arginato perfino in certi corsi di laurea in conservazione dei beni culturali. È abbandonato da tutti, anche se alla fine ce lo ritroviamo sempre davanti e lo usiamo speditamente e disinvoltamente senza rendercene quasi conto.

Qualche esempio. Alibi è una parola latina, un avverbio che significa altrove e che resta tale e quale anche in inglese, in francese, in tedesco. Quando nel 1927 a Göteborg nacque una delle più diffuse automobili europee, utilizzò il marchio Volvo, già registrato nel SKF, produttrice di cuscinetti a sfera. Volvo è prima persona del presente del verbo volvo, volvis: giro. Ed è latino, neutro plurale l’abusatissima parola media, che i più pronunciano infantilmente midia, all’inglese.

Ma sono termini latini anche addenda (cose da aggiungere) mutanda (cose da cambiare) legenda (cose la leggere). Chi ha studiato il latino ricorderà che si tratta di gerundivi che servono a costruire la cosiddetta forma della perifrastica passiva, che indica un obbligo cui ottemperare. Un esempio per tutti. È noto, a chi ricordi un po’ di storia romana, che Catone terminava sempre in Senato le sue perorazioni bellicose e interventiste con il celebre monito “Carthago delenda est”: Cartagine deve essere distrutta.

Agenda sono le cose che devono essere fatte. Ma Gesco innova, pur mantenendosi aderente alla tradizione latina, chiamandola Agendo, che sempre latino è. Si tratta di un gerundio, che in latino non si coniuga come un verbo, ma si declina come un sostantivo. Agendo, in particolare, è caso ablativo e si potrebbe tradurre: con l’agire, col fare, per mezzo del fare, per mezzo dell’agire, destinato al fare. È perciò un’innovazione linguistica, che non comporta, come un ingenuo malpensante o chi ignora il latino potrebbe pensare, un atteggiamento anacronisticamente maschilista, mettendo al maschile un termine che il dizionario d’ italiano segna come sostantivo femminile, spiegando: «Libro o taccuino d’appunti con calendario, dove si annota giorno per giorno le cose da fare». Agendo, caso mai, è termine che sugge un forte senso di maggiore dinamismo e d’immediatezza nelle cose da fare.

E quello che più è bello rilevare è che Agendo si richiama dichiaratamente ed espressamente all’uso degli almanacchi, che si producevano numerosi in tempi nei quali anche l’annotazione di un appunto era un rito, celebrato con la continua tentazione di essere distratto da una lettura piacevole che niente aveva a che fare con i nostri appuntamenti, gli orari, i conti di casa, le note di spesa, le seccature, i pro memoria, quando la fretta non era ancora l’ossessione imperativa di oggi.

Agendo è un libro. Da leggere e da scrivere. Un libro di formato in sedicesimo, come i tascabili, fatto di carta e d’immagini, che ha ancora l’odore della stampa e offre il piacere tattile e olfattivo che mancano alla praticità fredda e algida di quelli elettronici e non corre il rischio di perdere il campo o di scaricarsi. E così comodo per le sue dimensioni che, parafrasando la vecchia pubblicità di un famoso digestivo, potete portarlo anche in tram: senza il rischio, si può aggiungere, che ve lo scippino come può accadere allo smartphone o al tablet.

Si usa e si consulta come taccuino del quotidiano o, che male ci sarebbe, per scriverci il proprio diario segreto. Ai tempi della scuola di noi ultrasessantenni alcune compagne avevano l’abitudine di scrivere sulle pagine del diario insieme all’assegno dei compiti a casa, con le loro segrete confidenze, i pareri sugli spasimanti, le malignità sulle rivali, che noi, agguerriti corteggiatori di classe, cercavamo di sbirciare.

E poi, finito l’anno in corso, Agendo si conserva proprio come un libro.

Ma vi ricordate la corsa all’agenda in omaggio nella quale, fino a una ventina d’anni fa, ci scatenava tra Natale e Capodanno? Alcune erano considerate davvero uno status symbol… La piccola Agenda della famiglia, l’Agenda dell’Apicultore, l’Agenda della massaia italiana, l’Agenda del Play Boy, l’Agenda del ciclismo, e tantissime altre, dalle più esili e spartane alle più paffute, prodotte da Comuni e poi da Regioni Italiane, alcune delle quali sopravvissute in splendida forma fin quasi ai giorni nostri.

Insomma l’uso dell’agenda era un piacere. Personalmente, bibliomane come sono, ho conservato agende, lunari, almanacchi appartenuti a mio padre dai nomi spesso affascinanti e tutta la collezione dello stupendo Almanacco del Bibliofilo, pubblicato dall’Aldus Club, dove agenda e calendario veri e propri avevano un spazio limitatissimo.

Nel corso di una recente escursione nello scantinato, ho riscoperto trent’anni di agende, trent’anni di lavoro in biblioteca. Alcune belle ed eleganti, altre più spartane, altre così pesanti che davvero mi domando come ho fatto a portarmele dietro nella borsa, la maggior parte sformate da un uso non di rado tumultuoso.

Ritrovo ricordi di difficoltà, di patemi d’animo, di problemi, di soddisfazioni, di delusioni. Ma anche tantissimi nomi di persone delle quali il ricordo si è affievolito o cancellato del tutto. Potrei ricavare da quegli appunti la storia della mia vita lavorativa, se interessasse mai a qualcuno...

Perciò lunga vita all’agenda e ad Agendo e al piacere di usarla e poi e di conservarla! Se avrete pazienza, vedrete poi che divertimento a sfogliarla (o sfogliarlo?) tra qualche anno.

E poi - vivaddio! - l’agenda ti aiuta a ricordare come si fa a scrivere a mano, con la penna o se preferite con la matita, evitando il brillantissimo pennarello, sconsigliabile perché il suo inchiostro passa da pagina a pagina.   


 

© RIPRODUZIONE RISERVATA