La storia di Flavia: "Ecco come ho sconfitto bullismo e cyberbullismo"

La storia di Flavia: "Ecco come ho sconfitto bullismo e cyberbullismo"
Lunedì 6 Febbraio 2017, 16:38
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Il 7 febbraio 2017 si celebra la prima giornata nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo nelle scuole. La data, concomitante con il Safer Internet Day - dedicato a eventi e iniziative per il corretto uso di Internet - è un segnale importante dell’impegno delle istituzioni contro una piaga che prende sempre più piede tra i giovani. Una piaga che conosce bene Flavia, che fin dalla prima adolescenza ha avuto a che fare con bulli e cyberbulli, e che ha dovuto lottare perché le ripetute umiliazioni e le violenze smettessero di rovinarle la vita una volta per tutte.

Nel suo blog su Skuola.net, Flavia ha raccontato la sua storia e invitato tutte le vittime di bullismo e cyberbullismo di uscire dal silenzio e chiedere aiuto. Questa è la sua lettera aperta. Sono Flavia, ho 18 anni e sono al quinto anno del liceo delle scienze umane. Qualche anno fa, dalla terza elementare fino alla prima metà del primo liceo, sono stata bersaglio di bullismo e cyberbullismo: prima il mio bulletto e il suo gregge di pecoroni che lo supportava (alle volte anche inconsapevolmente) mi disturbavano con prese in giro sul mio aspetto fisico (piccolo dettaglio omesso: soffro tuttora di un'obesità grave, ma non è un valido motivo per prendermi in giro) oppure mi rompevano tutti i materiali di scuola come quaderni e penne. Al passaggio alle scuole medie la cosa non cambiò di molto perché quel ragazzino che tanto si era abituato al rito di infastidirmi era nella mia stessa classe e, con l'aiuto di alcuni ripetenti, per un anno buono mi disturbò non solo a parole ma anche con atti fisici quali percosse oppure bruschi spintoni in mezzo alla strada mentre passavano le automobili o per recuperare il mio zaino. Più volte ho rischiato di finire male. L'ho detto ai miei genitori che mi davano fastidio e che preferivo tornare da sola oppure che mi venissero a prendere loro sotto scuola. Loro non mi sopportavano anche perché io andavo bene a scuola e mi piaceva parlare con i professori; per loro ero una "lecchina" che cercava di piacere ai prof per ottenere i voti alti. Io cercavo solo una conferma da parte degli adulti: io andavo bene, non nella scuola ma come umano, nel mio essere me. L'anno successivo si passò dal bullismo al cyberbullismo. Due mie compagne di classe, in un momento in cui io ero girata di spalle alla classe per parlare con un professore, mi hanno scattato una foto che successivamente è stata postata sui social network (nuovo dato: io non avevo alcun profilo, né un computer o un telefono in mio possesso). Una mia professoressa se ne accorse e intervenne nel minor tempo possibile. Se ne parlò sia con i genitori, sia con noi ragazzi e anche questa volta la questione si risolse nel modo migliore. L'anno passò velocemente e in un batter d'occhio mi ritrovai catapultata in terza media e a Natale mi venne regalato un netbook da utilizzare per redigere la mia tesina dell'esame. Subito mi feci un indirizzo email e con il permesso dei miei creai un account su Skype per sentire i miei parenti e mi collegai anche con alcune mie compagne di classe. Proprio da questo account e proprio da una di quelle compagne venni a conoscenza, in primavera appena iniziata, che qualche spiritoso si spacciava per me su Facebook da chissà quanto tempo e che questo profilo parlava male di me e delle persone a cui tenevo di più. Con un bel lavoro di squadra recuperammo le chat e mio padre scrisse a questo fantomatico profilo di eliminarsi entro un certo tempo per non incorrere in una denuncia. Il profilo sparì e i colpevoli vennero fuori. Se ne parlò ancora a scuola, perché alla fine cambiavano i carnefici ma non la vittima... "Era una ragazzata, stavamo solo giocando", "Che ne sai che era per te? In fondo il tuo cognome non era scritto nemmeno nel modo corretto". Queste frasi vennero dette rispettivamente da un genitore e da uno dei colpevoli. Finì lì la questione, ma ovviamente la situazione per me era molto difficile. Io non ero molto estroversa, anzi non riuscivo a fare amicizie, ma perdere anche quelle che avevo mi ha fatto davvero molto male. Il settembre successivo iniziai il primo liceo nella scuola che tuttora frequento e verso la fine del mese spuntò un nuovo profilo che, pur avendomi creato altrettanti problemi dal punto di vista sociale, scomparve nel giro di un paio di giorni. Mi accorsi di questo profilo perché avevo aperto da poco e gli artefici del profilo falso rubarono le foto dal mio, foto che avevo postato da poco. Trascorsi quegli anni cercando di non far notare che stavo male, io avevo bisogno di una mano perché pensavo di essere sbagliata; piansi tantissimo e molto spesso. Ringrazio ogni giorno per la vita che vivo. Ringrazio i miei genitori e tutti quelli che mi hanno teso una mano per risollevarmi sempre. Adesso ho i miei buoni amici degli scout e della scuola di teatro e la mia famiglia, la mia realtà scolastica (e parlo ancora con i prof...). Oggi vado in giro per l'Italia con la Polizia di Stato per raccontare la mia storia di ragazza vittima che ha parlato con qualcuno per farsi aiutare. Non vi dico che sia facile perché direi una bugia, ma se mai iniziate mai arrivate.

Il mio consiglio è quello di parlare. Parlate se subite bullismo o cyberbullismo oppure parlate se assistete o siete a conoscenza di questi atti. Io oggi non ho più paura dei miei bulli e sto bene per il semplice fatto di essere unica e irripetibile proprio come ognuno di voi.”

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