Sant'Agata sui due golfi, il Premio Di Giacomo a Monica Sarnelli e Pietro Gargano

Evento
Evento
di Antonino Siniscalchi
Giovedì 6 Settembre 2018, 17:15
2 Minuti di Lettura
MASSA LUBRENSE - Consegnati ieri sera, nella piazza di Sant'Agata sui due golfi, i riconoscimenti del Premio Salvatore Di Giacomo 2018, assegnato, quest'anno, alla cantante Monica Sarnelli e al giornalista Pietro Gargano. Menzione speciale per l'attore Marco Palmieri. Nel corso della serata, condotta dal giornalista Peppe Iannicelli, è stato ricordato il soggiorno santagatese, con gli interventi dei premiati e la declanazione di versi di Salvatore Di Giacomo, recitati da Giulio Iaccarino. Il Premio, un bassorilievo in ceramica raffigurante «Don Salvatore» (come era affettuosamente conosciuto) sulla piazza di Sant’Agata, realizzato dal maestro Raffaele Mellino, è stato consegnato dal sindaco di Massa Lubrense, Lorenzo Balducelli, con il presidente della Commissione, Antonino Cuomo, Donato Iaccarino, fondatore e coordinatore del Premio e da Franco Simioli. L’evento, giunto alla diciottesima edizione, promosso dalla Pro Loco Due golfi, vuole ricordare Salvatore Di Giacomo, santagatese d’adozione negli anni Trenta del Secolo scorso, frequentando la località collinare del comune di Massa Lubrense per lunghi anni. A Monica Sarnelli il riconoscimento attribuito come «appassionata interprete della musica d’autore partenopea, viva espressione dei “colori” e dello spirito napoletano che animarono Salvatore Di Giacomo». A Pietro Gargano, già caporedattore ed inviato speciale del Mattino, la motivazione recita: «Scrittore fervido ed ardente. Autore di biografie, storia, costume e cultura napoletana. Degno esponente della tradizione giornalistica partenopea espressa da Salvatore Di Giacomo».

Salvatore Di Giacomo iniziò a trascorrere le sue vacanze estive a Sant’Agata sui due golfi nel 1909 dopo una visita “culinaria” alla pensione-ristorante Iaccarino, fondata e gestita da Don Alfonso Iaccarino, nonno dell’attuale patron del Don Alfonso 1890. «Don Salvatore», come era amichevolmente appellato dalla popolazione locale, fu folgorato dalla cucina di «Don Alfonso» e dall’aria fine di Sant’Agata. Difatti già dalla fine di giugno vi si trasferiva per fuggire, come diceva lui, dall’afa opprimente di Napoli, intrattenendosi sul posto fin dopo ferragosto.

Lasciò Sant’Agata, per non farvi più ritorno, nell’estate del 1930, colpito da un malore. Fece scalpore, per quei tempi, l’arrivo in paese di un’ambulanza che lo trasferì a Napoli, dove morì il 5 aprile del 1934.
© RIPRODUZIONE RISERVATA