Stadio, il Comune di Napoli rilancia:
«De Laurentiis ci deve 6 milioni»

Stadio, il Comune di Napoli rilancia: «De Laurentiis ci deve 6 milioni»
di Luigi Roano
Giovedì 10 Gennaio 2019, 07:00
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Il Comune ha chiesto alla Siae la cifra degli incassi al botteghino del San Paolo della Ssc Napoli delle ultime tre stagioni agonistiche. Si tratta del periodo nel quale la società di patron Aurelio De Laurentiis ha utilizzato l'impianto di Fuorigrotta «a tariffa» e dunque fuori convenzione, vale a dire pagando di partita in partita l'utilizzo dello stadio. Un segnale non certo di pace quello che arriva da Palazzo San Giacomo che si ritiene danneggiato - questo fanno sapere fonti qualificate di Piazza Municipio - in quanto la Società non avrebbe pagato mai la tariffa. Dal quartier generale del Napoli trapela irritazione in quanto il presidente e i suoi tecnici stanno ancora limando la bozza della convenzione perché c'è l'intenzione di chiudere questo patto e un'azione di forza romperebbe definitivamente la possibilità di un accordo. La Società ricorda pure che Palazzo San Giacomo deve al Calcio Napoli ancora i soldi dei tornelli e di altri lavori effettuati alla vetusta struttura di Fuorigrotta. Dunque il faccia a faccia di ieri in Comune tra il capo di gabinetto Attilio Auricchio e il manager della Società Alessandro Formisano, un colloquio durato oltre un'ora, non è stato solo il momento per fare il punto sui lavori di ristrutturazione dei quali è oggetto il San Paolo. Si sarà certamente parlato anche di questa vicenda oltre che dell'imminente assegnazione della gara per sostituire i sediolini dello stadio.
 
La sostanza di una vicenda che ha molto stancato - soprattutto i tifosi - è che appena a novembre le parti avevano dichiarato «reciproca soddisfazione per la ripresa della trattativa». Il brindisi e la stretta di mano prima della partita con i francesi del Psg sembravano effettivamente il suggello definitivo alla querelle. Dicembre doveva essere il tempo delle firme su una convenzione che sarebbe durata 10 anni. Invece non solo non ci sono state le firme, ma le parti sembrano di nuovo molto distanti. Cosa farà il Comune quando avrà acquisito i dati dalla Siae? È probabile ci sarà prima una lettera formale alla Società dove si presenterà il conto, in caso non arrivasse il pagamento, non è escluso che Palazzo San Giacomo possa adire le vie legali attraverso una ingiunzione di pagamento. Uno scenario triste, cupo, che non giova a nessuna delle parti. Quanti soldi ballano? Tre stagioni agonistiche al botteghino per la Ssc Napoli valgono tra i 50 e i 60 milioni. La tariffa da pagare di partita in partita stabilita dal Comune è del 10 per cento degli incassi. Nella sostanza il Municipio retto dal sindaco Luigi de Magistris chiede tra i 5 e i 6 milioni a patron De Laurentiis. Cifra che è tre volte superiore a quella stabilita nella convenzione scaduta tre anni fa. Palazzo San Giacomo - giova ricordarlo - è un ente in predissesto e ha perennemente i fari della Corte dei Conti puntati addosso. Il San Paolo è un impianto pubblico che deve generare reddito altrimenti si configura per gli amministratori «il danno erariale al Comune».

In casa De Laurentiis la mossa del Comune non piace affatto. Quello che trapela è che effettivamente sulla convenzione gli avvocati della Società stanno lavorando. Tuttavia - giusto per andare al sodo - i due punti fondamentali sui quali non si trova l'accordo sono questi. Il fitto della nuova convenzione supererebbe di gran lunga il milione di euro all'anno e De Laurentiis ha ricordato di recente che «il Parco dei Principi di Parigi» costa di meno e lì si gioca solo a calcio, e la durata della convenzione, ma soprattutto cosa può fare la Società dentro gli spazi sterminati della struttura sostanzialmente inutilizzati. Altro tema - però contingente, che provoca tensione - sono proprio i lavori che si stanno facendo al San Paolo in vista delle Universiadi di luglio. In primis l'installazione dei sediolini. Che sono necessari, ma che verranno installati durante la stagione agonistica. La Società non è contrarissima a questa ipotesi ma per vendere i mini-abbonamenti serve un piano dei lavori concreto perché altrimenti le tessere non si possono assegnare a chi ha intenzione di acquistare.
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