De Luca, gli attacchi violenti e la violenza delle parole

di ​Massimo Adinolfi
Domenica 20 Maggio 2018, 08:30
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Le parole che ha usato De Luca all'indirizzo di de Magistris sono gravi e sbagliate. È vero che si trattava di un colloquio privato, ed è vero che De Luca non sapeva di essere registrato, ma anche in un colloquio privato non è certo auspicabile che il presidente della Regione inviti gli interlocutori a sputare in faccia al sindaco di Napoli. Non è una giustificazione sufficiente neppure aggiungere, come ha fatto ieri il vicepresidente della Regione, Fulvio Bonavitacola, che «non è la prima volta che il Presidente della Regione si esprime con linguaggio popolare quando parla con il popolo, e con lo stile di Kant quando parla con i filosofi». 

De Luca fa benissimo ad usare un linguaggio popolare, e qualche volta non sarebbe male che anche i filosofi lo usassero: nel più antico programma dell'idealismo tedesco, tre buoni amici i filosofi Schelling e Hegel, il poeta Hölderlin si auguravano anche loro che le idee della ragione si facessero mitologiche, cioè sensibili, comprensibili, altrimenti «non avranno alcun interesse per il popolo»; ma poi aggiungevano, che, di converso, la mitologia cioè i racconti e le narrazioni più popolari dovevano essere razionali, altrimenti «il filosofo deve provarne vergogna». E dunque: non solo il filosofo, come il politico, non deve usare parole di cui debba in seguito vergognarsi, ma anche il linguaggio popolare non è vero affatto che sia fatto solo di parole vergognose, di insulti o imprecazioni. Si fa un gran torto al popolo, quando si pensa che capisca solo un linguaggio da trivio.

La dichiarazione dell'onorevole Bonavitacola tuttavia dice anche altro. E cioè che sono mesi che il governatore è bersagliato da provocazioni e aggressioni, che paiono ben studiate, e che provengono sempre dagli stessi ambienti, da quei centri sociali e da quei gruppi antagonisti che a Napoli godono, di fatto, di una particolare condiscendenza da parte di Palazzo San Giacomo. Nessuno tollera la violenza, per carità. Ma nessuno dice una parola di condanna. Nessuno inneggia alla rivolta, non sia mai. Ma nessuno prende le distanze.

È andata così all'ospedale di Pozzuoli, è andata così al teatro Politeama, ed è andata così in diverse altre occasioni. Una volta è la signora arrabbiata, un'altra volta sono i sacchetti di spazzatura, un'altra volta sono i disordini per strada. Si ha quasi l'impressione che venga demandata a questa specie di ronda spontanea ed effervescente se non la gestione dell'ordine pubblico, almeno la regolazione della temperatura in città. Che si surriscalda o si raffredda alla bisogna, offuscando sistematicamente quella linea della legalità che sembra decisamente troppo elastica, quando si tratta della base sociale del sindaco.

Sarebbe bene dunque che si facesse punto e a capo. La dialettica politica può essere anche dura, aspra, ma non può trascinare con sé le istituzioni del Comune e della Regione. Se De Luca è bersaglio di continue provocazioni, ha spalle abbastanza larghe per non rispondere, così come ha tutti i mezzi per popolarizzare il suo discorso senza venir meno al rispetto dovuto anche all'avversario politico. È avvilente dover commentare ogni volta parole dal sen fuggite, pubbliche o private che siano. Ma è deprimente anche dover constatare quanto poco si tenga, a Napoli, all'osservanza di regole elementari del vivere civile, quasi che fossero soltanto un elemento decorativo, oppure l'ipocrita cintura protettiva dei ceti proprietari come l'ideologia radicaleggiante e benecomunista del Sindaco vorrebbe e non anche un prerequisito del buon ordine e dello sviluppo economico e sociale di tutta la città.
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