Ministro Pinotti, forum al Mattino:
«Con la Russia occorre dialogare
Napoli è centrale per la sicurezza»

Ministro Pinotti, forum al Mattino: «Con la Russia occorre dialogare Napoli è centrale per la sicurezza»
Mercoledì 12 Aprile 2017, 14:13 - Ultimo agg. 15 Aprile, 18:56
7 Minuti di Lettura

Un forum nella redazione del Mattino nei giorni caldi della guerra in Siria e dello scontro continuo tra Usa e Russia. Il ministro della Difesa Roberta Pinotti affronta questo e tanti altri temi nella sala Siani, intervistata dal direttore del Mattino Alessandro Barbano, dal vicedirettore Federico Monga e dal responsabile dei servizi politici Pietro Perone.  
Una tappa importante in una lunga giornata napoletana: questa mattina, infatti, il ministro ha già presenziato al giuramento di 89 cadetti dell'Accademia militare Aeronautica a Pozzuoli: «La coesione è elemento essenziale per il nostro Paese in questo momento - ha detto -. Abbiamo bisogno di persone che sappiano  agire insieme, individui capaci e competenti, lievito e strumento per arrivare ad obiettivi importanti». 
 


Ministro Pinotti, che ne pensa della situazione in Siria?
Rivendico una scelta fatta ai tempi del Governo Letta: l'Italia non è coinvolta in Siria. Non perché non ci sentiamo coinvolti nella lotta al terrorismo. In Iraq, dopo gli Stati Uniti, abbiamo infatti il contingente più numeroso e dunque l’impegno contro il terrorismo ci vede in prima linea. Per quanto riguarda la Siria si è sviluppata una guerra civile tra i ribelli ed Assad che non ha prodotto esiti. Sostanzialmente, la vittima di queste guerre è il popolo siriano, che conta moltissimi morti e molti rifugiati. Solo in Libano, ad esempio, vivono un milione e mezzo di profughi. Per stabilizzare la Siria occorre un accordo tra Russia e Usa. Per quanto riguarda la posizione di Assad i Paesi europei hanno sempre sostenuto che non può essere il futuro della Siria, ma in questo momento Assad c'è e occorre tenerne conto, come sostiene anche il segretario di Stato americano. Non dimenticando gli ultimi e i precedenti crimini, la mancanza di un Governo in Siria può consegnare il Paese all'Isis. Mi auguro, come hanno assicurato gli americani, che non ci sia un'escalation e che si preveda una road map per l'uscita da questa situazione drammatica. Occorre una strategia internazionale condivisa. L'Europa deve avere una difesa comune e la capacità di intervenir. Per contare, l’Unione europea deve fare passaggi di unità e coesione più decisivi di quelli che esistono oggi sui temi della difesa e deve immaginare processi decisionali più rapidi.
 
La storia dell'Europa incapace di decidere va avanti da anni. Ma non è anche un alibi per l'Italia?

Nel libro bianco per la difesa e la sicurezza internazionale del Governo ho posto il tema del riposizionamento delle nostre strategie. L'Afghanistan è sì importante per le dinamiche internazionali, ma noi siamo immersi nel Mediterraneo ed è qui che bisogna concentrarci in futuro.  Nell'Africa del Nord e in tutto il Medioriente purtroppo si sono acuite le tensioni e si sono create situazioni ingestibili. Credo che sia importante intervenire e non è un caso che per la Libia è stato riconosciuto che sia l'Italia a dover orientare gli interventi. L'Italia conta molto, ma deve incentrare la propria azione nel mare intorno a lei e nei luoghi in cui è immersa. In alcune situazioni, come l'Iraq, è stato fatto. Siamo presenti ancora adesso nelle missioni nei Balcani, in Kosovo, dove la missione è a guida italiana. Siamo in Libano con una presenza significativa.

Ma in molte aree di conflitto l'Italia è disarmata e non è pienamente operativa. Forse è per questo che non fa sentire la sua voce?
Occorre lavorare sulla cultura della Difesa. Noi, come la Germania, abbiamo sviluppato anticorpi molto forti rispetto al tema della Difesa venendo da esperienze drammatiche. In Iraq siamo sullo stesso livello degli alleati, i nostri militari sono molto preparati e capaci. L'unica cosa che non facciamo, a differenza di altri, sono le cosiddette missioni di strike, perché i nostri aerei fanno ricognizione e rifornimento. Questa è l'unica limitazione, dovuta ad una scelta ben precisa dell’Italia. L'uso della forza deve essere giustamente motivato. In Libia c'è una situazione molto complicata ma anche grazie a noi il collasso è stato evitato. Occorre però un'inclusività maggiore intorno al presidente al-Sarraj. L'errore è pensare di dover costruire dall'esterno una soluzione che i libici non vogliono. Quello che sta facendo l'Italia, anche avendo riaperto l’ambasciata, risponde alla logica che a noi stanno a cuore tutti i libici. C'è un grande orgoglio nel popolo libico che va rispettato e quello che bisogna fare è aiutarlo a dissipare i contrasti presenti per ricercare una condivisione.
 
Come la mettiamo con la questione migranti?

​Nessuno immagina che sia facile fermare un flusso migratorio che raggiunge numeri alti e significativi. Non si può passare a zero in poco tempo. Ma oggi c'è una strategia. Daremo strumenti alla Libia per pattugliare il proprio mare. In questi ultimi due mesi, la Guardia Costiera libica ha già fermato tantissimi mercanti di uomini. C'è anche un accordo col Niger per riuscire a intervenire a tutti i livelli, fornendo aiuti necessari per controllare un traffico di migranti che sono trattati come i peggiori schiavi. 
 
In ambito cattolico si ritiene che il ricorso alla forza sia un atto estremo ma inevitabile per mettere fine alle barbarie. Se altri bambini saranno uccisi dalle bombe, l'Italia che posizione assumerebbe?

Anche io sono cattolica ma l'articolo 11 della Costituzione ci dà indicazioni su quando e come dobbiamo agire. Bisogna restare negli ambiti della legittimità internazionale. Intanto, a me piacerebbe che sulla Siria si ripristinasse questo principio. Abbiamo ritenuto comprensibile, di fronte a quei bambini morti, l'intervento degli Stati Uniti ma la questione siriana, che non è solo quella delle ultime drammatiche immagini, non la risolvi se non in un quadro complessivo e agli Usa oggi direi di sì a una richiesta di intervento solo nell'ambito di una legittimità internazionale.

Il tema degli Alleati inquieta l'opinione pubblica. La Storia dice che dopo la guerra fredda c'è stato un mondo monopolare, poi la Russia ha preso un ruolo decisivo, anche nella lotta al terrorismo. Cosa ci aspetta oggi? Una nuova guerra fredda o un nuovo mondo monopolare?
La Russia sa fare molto bene marketing. Il rapporto stretto tra Trump e Putin è un'invenzione mediatica dello stesso Trump. Oggi le cose stanno diversamente, ci sono molte preoccupazioni tra gli Alleati. Io mi auguro che non si alzino i toni perché con la Russia è necessario parlare. La minaccia di oggi è il terrorismo internazionale, non sarà facile sconfiggerlo e dobbiamo avere dalla nostra parte anche la Russia. Non abbiamo altra strada che un tavolo in cui discutere insieme. Sono felice che gli Usa abbiano cambiato linea  ma non auspico il ritorno delle tensioni. L'Italia ha lavorato e lavora per ricucire il rapporto con la Russia.
 
 
Fronte Ucraina, il tema delle sanzioni è una condizione sine qua non dell'Europa?

Le sanzioni sono collegate al fatto che gli accordi di Minsk procedano al meglio. C'è un rapporto di amicizia profondo tra Italia e Russia, occorre riaprire il dialogo anche per discutere sulle sanzioni.


Fronte nord Corea, crede ci sarà un'escalation preoccupante?

Quando iniziano a suonare tamburi di guerra, in questo caso  “tweet” di guerra, sono sempre preoccupata. Il rischio conflitto esiste, a maggior ragione se la Nord Corea possiede l'arma atomica. Speriamo si riaccendano i fari della Cina e che l'escalation non avvenga.
 

In Euopa per la Difesa i nostri partner spendono più di noi. Quali sono gli obiettivi nei prossimi anni?

Abbiamo fermato un declino del bilancio della Difesa che è andato avanti fino al 2015 e abbiamo cominciato, piano piano, a incrementarlo tenendo conto della situazione complessiva dell'Italia. L'impegno è di continuare. Spendiamo molto meno della Gran Bretagna e della Francia. oggi siamo paragonabili alla Germania, che però ha un Pil superiore. Le risorse sono diminuite ma non si deve pensare alle forze armate come forze autonome, la sicurezza si gestisce immaginando la Difesa come un tutt'uno. 

La base Nato di Napoli come s'iscrive in questo quadro?
Sono molto soddisfatta per aver ottenuto l'hub per il Sud a Napoli, non era affatto scontato. Tutte le operazioni sulla sicurezza e per evitare le crisi saranno fatte qui, dando a questo comando un potere più ampio sulle cose da fare. E' un risultato di cui il Paese deve essere orgoglioso. Inoltre c'è un grande progetto sulla Nunziatella: è stata proposta come una scuola della Difesa europea. La prima del genere nel vecchio continente. 

Parliamo del Pd. Nel suo partito tutto fa prevedere che vincerà Renzi, ma siete reduci da uno strappo. Che Pd verrà fuori da queste primarie?
Nei congressi ci sono sempre contrapposizioni e si accende il dibattito. Se il dibattito è politico si recupera, se lo scontro è personale diventa tutto più difficile. Prevedo anche io una vittoria di Renzi ma occorre lavorarci. E' stato un ottimo presidente del Consiglio che ha impresso una quantità di riforme importante ma la costruzione di un partito va anche fatta con la collegialità. Bisogna costruire un "noi" a livello nazionale. 


(a cura di Marco Perillo)

© RIPRODUZIONE RISERVATA